Abitare celebrare trasformare - Osservatore Romano 1 giugno

Monastero di Bose
Ufficio Nazionale per i beni culturali ecclesiastici e l’edilizia di culto – Cei
Consiglio Nazionale Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori

XV CONVEGNO LITURGICO INTERNAZIONALE
ABITARE
CELEBRARE
TRASFORMARE

processi partecipativi tra liturgia e architettura

BOSE, 1-3 giugno 2017


Osservatore Romano 1 giugno 2017

Dall’1 al 3 giugno si terrà presso il monastero di Bose (Magnano, in provincia di Biella) il quindicesimo convegno liturgico internazionale. Organizzato dal monastero e dall’Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici e l’edilizia di culto della Conferenza episcopale italiana, in collaborazione con il Consiglio nazionale degli architetti, avrà per tema «Abitare, celebrare, trasformare. Processi partecipativi tra liturgia e architettura». Il convegno — di cui anticipiamo stralci di due interventi — è un appuntamento annuale in cui studiosi ed esperti di diversi paesi si confrontano su temi relativi al rapporto tra liturgia, architettura e arte, offrendo al vasto pubblico presente — composto da architetti, teologi, artisti, responsabili di uffici diocesani di liturgia, dei Beni culturali ecclesiastici, dell’edilizia per il culto, docenti e studenti delle facoltà di architettura e di teologia — un luogo di riflessione comune, animata dalla volontà di riconoscere appieno il valore dello spazio liturgico e dell’arte cristiana.

La sinergia fra ricerca architettonica e prassi liturgica necessita oggi di una grammatica per pensare e vivere la Chiesa attraverso i suoi spazi e le sue architetture, valorizzando la dimensione partecipativa dell’esperienza ecclesiale e architettonica, nel movimento virtuoso fra committenza, architetti, artisti e comunità cristiana, in dialogo con il tessuto sociale e ambientale circostante. Si delineano così nuovi processi partecipativi, in un linguaggio che coniughi il verbo fare nella prospettiva ecclesiologica del fare Chiesa e del fare chiese in senso architettonico. Alle origini di un edificio c’è sempre una comunità sinodale su scala locale, che deve confrontarsi con il desiderio, la sfida e la necessità di costruire, trasformare e abitare un edificio-chiesa. Un altro verbo da declinare è abitare, visto sotto l’angolo antropologico e filosofico del prendere dimora in uno spazio costruito. Se «l’abitare è il modo in cui i mortali sono sulla terra» (Heidegger) allora questa modalità deve essere pensata e assunta, in un dato intreccio e contesto sociale, nell’epoca dei non-luoghi.

Costruire implica porre un nuovo elemento all’interno di un paesaggio. In senso architettonico e teologico, la Chiesa è costruttrice del tempo e dello spazio, sapendo che costruire è quell’autentico abitare, che — mentre erige costruzioni — si prende cura di ciò che cresce. Celebrare, invece, in chiave teologica, implica assumere e abitare la ritualità e la spiritualità in un luogo. Oggi in modo evidente, celebrare implica accogliere la domanda di riti per avviare itinerari di fede e di umanizzazione. Il celebrare è lo scopo del costruire ed è pienezza dell’abitare. Trasformare può essere tradotto con “dare nuova vita ai luoghi”. Ogni spazio costruito dall’uomo è un organismo vivo e per questo in continua trasformazione, autentica metamorfosi di finalità, usi e forme. Semper reformanda è la Chiesa, anche nelle sue architetture.

Il convegno è stato preceduto dal Cli/Lab, un laboratorio interdisciplinare tra architettura e liturgia che si è tenuto presso il monastero di Bose dal 24 al 26 febbraio scorso: venti giovani partecipanti selezionati tra studiosi e professionisti di varie discipline si sono confrontati declinando i verbi abitare, costruire, celebrare, trasformare in tutte le loro possibili combinazioni architettoniche e liturgiche. Alcuni di essi presenteranno le ricerche nate dal laboratorio, come fonte di dibattito tra i partecipanti al convegno.

 

Viste da fuori: con gli occhi dell’altro

Avvenire, 5 giugno 2016

Viste da fuori: con gli occhi dell’altro ci si guarda forse più a fondo. Il XIV Convegno Liturgico Internazionale incentrato sull’esterno delle chiese, conclusosi ieri a Bose, ha portato a compimento il primo ciclo di queste iniziative annuali, sorte, come ha ricordato il priore Enzo Bianchi “per riflettere sul legato e sull’attuazione del Concilio”. La realtà è andata cambiando pur in questi pochi anni e s’è imposto un più vasto ripensamento, che tenga in conto la crescente pluralità e interconnessione che si realizza nel vecchio continente dove, ha evidenziato Bianchi, si vive la grande tradizione della pluralità delle culture che ne informano l’anima cristiana, aperta all’accoglienza e alla conoscenza dell’altro, e capace, come nessun’altra cultura nel mondo, di esercitare l’autocritica grazie alla quale sa migliorare nel tempo. Per cui, ha spiegato fr Goffredo Boselli si aprirà ora un nuovo ciclo, che sarà meglio definito e concepito con i contributi di molti. E su una base ben solida, la cui sostanza si è ravvisata nell’excursus concretatosi nei corso dei tre giorni del convegno dove, significativamente, sin dai primi interventi di natura teologica e pastorale è stato posto il tema della dinamicità di una Chiesa “in uscita”, pronta all’ascolto e capace di rifletterlo anche nelle sue testimonianze inscritte nei luoghi e nelle pietre.

Proprio al dinamismo della Chiesa ha fatto riferimento mons. Mauro Galantino nella sua prolusione di apertura. Un concetto, quello del dinamismo dialogico, che è stato graficamente rappresentato da mons. Dario Edoardo Viganò, prefetto per la Segreteria della comunicazione della Città del Vaticano, che ha mostrato come il cinema consenta di esperire punti di vista differenti e di “entrare” in eventi lontani nel tempo e nello spazio. Acquisendone così una conoscenza nuova e stabilendo un modo di vedere la realtà utile anche per concepire l’architettura delle chiese, che sono luoghi particolarmente vocati alla riflessione su di sé e sul mistero dell’uomo di fronte al creato. Così, guardandole “da fuori”, ai ragionamenti teologici sulle chiese, proposti da Alberts Gerhards e Paul Janowiak, rispettivamente del Seminario liturgico dell’Università di Bonn e della Santa Clara university di Bekeley, si sono unite le indagini di personaggi quali Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani che parlando del tema della soglia ha illustrato il senso della porta scolpita da Giacomo Manzù, la più recente tra quelle di cui è dotata la basilica di San Pietro.

I significati affettivi, culturali, simbolici dell’esterno delle chiese, sono stati discussi da Birgit Kastner dell’Università di bemberg. Un discorso che è stato approfondito entrando nel dettaglio di singole esperienze grazie alle testimonianze offerte da noti progettisti. A partire da Paolo Portoghesi, studioso del barocco oltre che autore di molteplici chiese: egli si è soffermato in particolare sulla prima da lui costruita in Salerno, in epoca immediatamente postconciliare, concepita in pianta come una serie di cerchi che si intersecano e che si elevano a gradonate simili a quelle del teatro greco. Portoghesi ha anche riferito sui ripensamenti che la forma architettonica suscita in lui come autore e nei fedeli, come abitatori della chiesa.

Mentre in specifico sulla facciata della chiesa da lui progettata recentemente per Sesto San Giovanni si è soffermato Cino Zucchi, spiegando come il movimento a “rientrare” di questa sia inteso a significare accoglienza e apertura: basta poco all’architettura per esprimere un significato.

Alla conclusione del convegno, il prof. Vittorio Gregotti ha ripercorso la storia dell’architettura per spiegare come cambiato sia il rapporto tra chiesa e città, col mutare della sensibilità e della cultura prevalente: un tempo protagonista assolute, dopo l’evoluzione imposta dalla “laicizzazione” illuminista, la chiesa è ora uno dei luoghi che ne segnano il tessuto. E questo richiede che la sua concezione sia diversa. Per esempio, ha chiosato Severino Dianich, che sul piano architettonico nei centri parrocchiali non si vivano come separati dall’aula per il culto, bensì ben coordinati con essa, i luoghi preposti alla carità, all’accoglienza, all’educazione. E Rafael Moneo, la cui principale opera architettonica è la cattedrale di Los Angeles, ha illustrato il modo come questa è stata concepita, quale esempio di interconnessione tra la chiesa e il suo contesto, che è quello di una delle città più emblematiche del mondo attuale globalizzato. Su un lotto di terreno affiancato da un’autostrada urbana, la cattedrale è stata progettata come una “cittadella” la cui abside si rivolge a est ma contemporaneamente è anche facciata che  guarda sul sagrato: in una specie di inversione che fa dei percorsi interni ed esterni all’edificio un luogo privilegiato per gli incontri delle tante comunità nazionali che vivono nella capitale californiana.

E il prof. Francesco Dal Co, storico dell’architettura e docente all’IUAV, ha spiegato che, a differenza di quel che si suol credere, nel ‘900 proprio per la Chiesa sono state realizzate alcune tra le più rilevanti architetture contemporanee. Che hanno nelle opere di Hans Dom van der Laan alcuni degli esempi massimi di spazi più densamente eloquenti pur nella loro purezza. E se il 900 è stato l’epoca dei movimenti dove le masse hanno rinunciato al volto umano, le chiese sono state il luogo dove le comunità si sono sempre trovate, lì riflettendo il proprio volto umano. Nell’attesa: di un evento che vive nella tradizione tanto quanto è sempre ricco di speranza.

Leonardo Servadio

RASSEGNA STAMPA

pdfAnche la chiesa diventa "interconnessa"

Avvenire
5 giugno 2016
di LEONARDO SERVADIO

pdfSulla pelle della chiesa 

Avvenire
4 giugno 2016
di LEONARDO SERVADIO

pdfLa questione cruciale del "volto" della chiesa

Avvenire
3 giugno 2016
di LEONARDO SERVADIO

Nuove chiese. Lo stile è condivisione 

Avvenire
29 maggio 2016
di LEONARDO SERVADIO

Monsignor Galantino: “chiese dignitose ma non sfarzose e inaccessibili ai più poveri”

Agenzia SIR
2 giugno 2016

Comunitarie e votate all’arte ecco le chiese nelle città del futuro

La Stampa
di VITTORIO GREGOTTI

Le chiese non siano sfarzose e inaccessibili

La Stampa - Vatican Insider
2 giugno 2016

Viste da fuori

THEMA - Centro studi di architettura e liturgia

Viste da fuori

Jerusalem - Lo spazio oltre
di LEONARDO SERVADIO

La pelle delle chiese che fa riflettere sugli spazi comunitari

Corriere della Sera - Tempi liberi
di LUCA MOLINARI

Foto e sintesi dei lavori del 4 Giugno

L’ultima giornata del convegno è iniziata con la relazione di Vittorio Gregotti, “La qualità urbana di una chiesa”, che ha analizzato la difficile dialettica, in età contemporanea, tra una chiesa e la realtà urbana che la circonda e le sfide che ciò comporta per gli architetti. È seguita, con una variazione rispetto al programma, la relazione di Rafael Moneo, che ha esposto le soluzioni adottate in due casi differenti (Los Angeles e San Sebastián) per far entrare l’edificio di culto in dialogo con il contesto urbano. Entrambi gli interventi hanno stimolato un dibattito ricco di suggestioni e approfondimenti. Dopo la pausa, ha preso la parola Francesco Dal Co, che nel suo intervento ha affrontato, a partire da alcuni esempi paradigmatici, l’architettura ecclesiastica del XX secolo, con particolare attenzione alle soluzioni aniconiche, leggendo in esse una crisi propria più delle arti figurative che dell’architettura.

 

Nelle conclusioni del convegno, fr. Goffredo Boselli e il priore fr. Enzo Bianchi hanno espresso gratitudine per il cammino svolto dal primo convegno a questo, e hanno rivolto a tutti l’invito a proporre nuove tematiche per i prossimi appuntamenti perché essi continuino ad essere occasioni di dialogo fecondo tra architettura e liturgia. Al termine dei lavori, la conclusione è stata rallegrata da un pranzo festivo offerto dalla comunità a tutti i convegnisti.

Foto e sintesi dei lavori del 3 Giugno

Andrea Longhi ha aperto la seconda giornata del convegno con una riflessione sulla facciata delle chiese come opera aperta, come cantiere. Sono seguite le relazioni di Isabelle Saint-Martin: “L’annuncio della facciata. Immagini, segni, simboli e scritte”; di Albert Gerhards, che ha articolato un discorso a partire dalla dialettica tra accoglienza e distanza, sensazioni che possono essere entrambe suscitate dalle facciate; e la relazione di Cino Zucchi, “Ideare una facciata”, in cui, tra altri spunti interessanti, ha espresso la perplessità del trattare in forme architettoniche il tema della trascendenza in quanto tale.

Nel pomeriggio l’intervento appassionato di Antonio Paolucci ha mostrato come una porta di chiesa possa essere gremita di significati simbolici; quindi è intervenuto Paul Janowiak con la presentazione del suo studio “Riti sulla soglia”; in conclusione, Aimaro Oreglia d’Isola ha proposto un itinerario attraverso alcune chiese “vissute, più che viste, da fuori”: ciò che più è interessante, dal suo punto di vista, è la vita di chi si trova fuori dalla soglia.

Dopo cena, per condividere insieme l’ultima sera del convegno, i partecipanti sono stati invitati dalla comunità a festeggiare nel salone dell’accoglienza, in compagnia di qualche dolce e del buon vino.

Foto e sintesi dei lavori del 2 Giugno

Oggi a Bose si è aperto il XIV Convegno liturgico internazionale. Il tema, “Viste da fuori. L’esterno delle chiese”, è stato scelto “ripensando al primo problema che ci siamo posti quando abbiamo costruito la chiesa di Bose: cosa avrebbe detto agli abitanti di Magnano la nuova costruzione? Ciò che avrebbero visto i passanti sarebbe stato determinante per la definizione della nostra identità” introduce il priore fratel Enzo Bianchi; “Per noi, alla fine, è stata decisiva l’ispirazione cercata nelle Scritture: una tensione tra nascondimento e visibilità (Mt 5,13-16)”. Valerio Pennasso ha parlato del rapporto tra chiesa e comunità a partire da un caso specifico, quello di Cherasco. Sono seguite le relazioni di mons. Nunzio Galantino e di mons. Dario Viganò, “Costruttori di Chiesa” e “La chiesa in scena. Lo sguardo del cinema sulle chiese”.

Le relazioni del pomeriggio, di taglio architettonico, sono state presentate da Birgit Kastner, Bert Daelemans e da Paolo Portoghesi: “L’immaginario delle chiese nell’architettura contemporanea. Tenda, barca, manto, fabbrica...”, “L’eloquenza della forma. Riconoscibilità nella pluralità di forme”, “Plasmare una chiesa”. La ricchezza dei contributi ha suscitato, nella sessione pomeridiana, un dibattito vivace.