John Erickson

Leggi tutto: John EricksonNato e cresciuto in Minnesota, John Erickson ha aderito alla Chiesa ortodossa in America nel 1964. Ha studiato filosofia all’Università di Yale e teologia al Seminario “St. Vladimir”. Dal 1973 al 2009 vi ha poi insegnato diritto canonico e storia della chiesa, e ha svolto l’incarico di decano tra il 2002 e il 2007. Nel 2006 è stato ordinato presbitero.
Le sue pubblicazioni si concentrano spaziano dalla musica liturgica alla storia dei cristiani ortodossi in America e al dialogo tra ortodossi e cattolici.


Il tempo del discernimento. Storia e memoria

SINTESI

Storia e memoria: negli ultimi cinquant’anni antropologi e psicologi, teorici sociali e filosofi hanno riflettuto sulla relazione di questi termini associati. Spesso hanno attirato l’attenzione su un ulteriore elemento: dimenticare. Come fanno notare, la costruzione della storia è un processo selettivo. Poiché alcuni fatti (o “fatti alternativi”) sono strumentalizzati, altri vengono dimenticati. Mentre alcuni ricordi sono promossi come rappresentanti della memoria collettiva, altri sono repressi. Nei memoriali, nelle celebrazioni e nelle commemorazioni, chi o che cosa viene ricordato? Chi o che cosa viene dimenticato, inavvertitamente o espressamente? Domande come queste hanno assunto nuova urgenza negli ultimi decenni, e non solo per gli ortodossi. Troppo spesso in passato abbiamo permesso alle vecchie lamentele di diventare indicatori dell’identità e trasformare ferite reali o percepite in armi. Serve ora un discernimento delle vie verso il perdono e la riconciliazione.

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Sebastian Brock

Leggi tutto: Sebastian BrockNato nel 1938, dopo gli studi delle lingue classiche (greco e latino) e orientali (ebraico e aramaico) all’università di Cambridge, Sebastian Brock ha conseguito il dottorato in filologia all’università di Oxford sul testo biblico della Settanta. Ha insegnato nel Dipartimento di Teologia dell’Università di Birmingham e, dal 1974 fino al 2003, nella facoltà di studi orientali all’Università di Cambridge e Oxford. È membro del Comitato editoriale di Sobornost/Eastern Churches Review e curatore della Collezione Mingana di manoscritti a Birmingham.
Numerosissimi sono i suoi scritti sulla letteratura siriaca  e le edizione di testi antichi da lui curate. In italiano ricordiamo: “Una fontana inesauribile”: la Bibbia nella tradizione siriaca (Lipa, 2008); L’occhio luminoso: la visione spirituale di sant’Efrem (Lipa, 1999).


I sensi spirituali nella tradizione siriaca

SINTESI

Sebbene l’espressione “sensi spirituali” compaia per la prima volta in siriaco in un autore del V secolo, Giovanni di Apamea, il concetto è già presente in autori precedenti come Ephrem. La relazione esplorerà il ruolo dei sensi spirituali in connessione con il discernimento negli scritti di alcuni padri siriaci tra iv e VIII secolo.

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Filofej (Artjušin)

Leggi tutto: Filofej (Artjušin)Dopo aver studiato al seminario di Rjazan’ (2000-2004) e di Mosca, dove si è licenziato nel 2006 con la traduzione del De Iosepho Patriarcha di sant’Ambrogio di Milano, ha proseguito la sua formazione all’Accademia teologica di Mosca e presso la Pontificia Università Gregoriana, conseguendovi nel 2013 il dottorato in scienze bibliche (Raccontare la salvezza attraverso lo sguardo: Portata teologica e implicazioni pragmatiche del “vedere Gesù” nel Vangelo di Luca, Roma 2014).
Dal 2014 insegna introduzione all’esegesi biblica presso il Dipartimento di Studi Biblici dell’Accademia teologica di Mosca. I suoi interessi scientifici includono lo studio dei vangeli sinottici, i moderni metodi esegetici e la traduzione dei padri occidentali.


Il discernimento nelle lettere di san Paolo

SINTESI

Tra gli scritti del NT, le epistole di San Paolo sono una fonte teologica suprema per la dottrina biblica del “discernimento” (diákrisis). La varietà e l’alternanza dei termini greci che circoscrivono questo fenomeno insieme spirituale e culturale rende palese l’intuito pragmatico dell’Apostolo che, nel far appello all’uomo, si rifà continuamente al mistero (mystèrion) di Dio rivelato in Gesù Cristo. Pertanto l’evangelo di Paolo punta propriamente sull’inafferrabilità oggettiva del disegno imperscrutabile di Dio, e cioè l’apofatismo del discernere da una parte; dall’altra, invece, su un’apertura estrema: l’immanenza di Dio nei confronti dell’uomo in un contesto apocalittico pregno di tematiche salienti quali responsabilità umana, vigilanza, perseveranza, divisione (krísis). Tra quei due poli (l’immanenza e la trascendenza, l’imminenza e la lontananza, il già e il non ancora) ruota la dialettica del discernere: sia per la comunità, sia per il singolo fedele messo a confronto con un bisogno esistenziale: il saper crescere nella misura di Cristo (Ef. 4, 13), nella carità amorevole, in un ascolto reciproco, nell’osservare i segni dei tempi, nello scrutare quotidianamente le parole della Scrittura. Il discernimento, secondo Paolo, è un principio attivo, impensabile senza una risposta immediata e un agire proporzionato, da parte dell’uomo.

Il dono e insieme l’arte del discernimento si sintetizzano nell’iconografia russa della Santissima Trinità di Andrej Rublev. La sua ricca spiritualità e profondità teologica chiamano le comunità cristiane a un risveglio interiore e promuovono uno sguardo relazionale, un’accoglienza reciproca, ma anche un giudizio intensificato dall’amore trinitario di Dio nei confronti dell’uomo.
Parole chiave: lettere paoline, discernimento, pragmatica, mistero, dialettica, amore, apocalittica, rivelazione, giudizio, apofatismo, icona, Trinità, comunità, relazione.

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Irina Paert

Leggi tutto: Irina PaertDopo la laurea in scienze sociali e storia all’Università di stato degli Urali di Ekaterinburg (Russia), Irina Paert si è specializzata in storia centroeuropea all’Università di Budapest e ha compiuto un dottorato in storia sociale all’Università di Essex (UK), proseguendo ulteriormente gli studi  alle Università di Manchester e di Bangor (UK). Ha lavorato per alcuni anni come ricercatrice al Centro di studi sulla cultura contemporanea di Tallinn e ora è ricercatrice all’Università di Tartu (Estonia). Appartiene a numerose associazioni di studio storico-culturali e la sua ricerca si focalizza in particolare sulla storia religiosa della Russia e in particolare sul fenomeno dei Vecchi credenti. Tra i suoi libri: Old Believers, Religious Dissent and Gender in Russia 1760-1850 (Manchester 2003), e Spiritual Elders: Charisma and Tradition in Russian Orthodoxy (DeKalb, 2010).

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Aleksandr Mramornov

Leggi tutto: Aleksandr MramornovAleksandr Igorevič Mramornov è nato il 14 marzo 1984 a Saratov. Dopo gli studi storici all’Università Statale di Mosca “Lomonosov”, dove nel 2008 ha conseguito il grado di candidato di scienze storiche, con una tesi sul Vescovo Ermogene (Dolganov) nella vita ecclesiastica e politica russa tra la fine del xix e l’inizio del xx secolo, è stato consulente del Dipartimento per le relazioni esterne della Chiesa del Patriarcato di Mosca (2009-2014). Nel 2011 il Patriarca di Mosca e tutte le Russie Kirill lo ha nominato membro del Comitato Editoriale Scientifico della pubblicazione dei documenti del Consiglio locale 1917-1918 presso il monastero stauropegio Novospasskij, e dal 2012 è il supervisore scientifico di questo progetto. Nel 2014 ha conseguito l’abilitazione alla libera docenza. Autore di oltre cento pubblicazioni scientifiche, tra cui diverse monografie, è stato insignito di numerosi premi, tra cui le Letture platoniche (2006), il premio del fondo internazionale “Znanie” (2008), il secondo premio del centro di studi di storia ecclesiastica “V. V. Bolotov” (2008) e il primo premio al concorso “Formazione teologica nel xxi secolo” dell’Accademia teologica di San Pietroburgo (2010).
I suoi interessi di ricerca spaziano dalla storia della Chiesa ortodossa russa e i rapporti chiesa-stato in Russia, al diritto canonico e la storia politica nella Russia moderna.


Discernere il tempo presente. Il Concilio di Mosca 1917-1918

SINTESI

All’epoca della convocazione del Grande Concilio di Mosca, nell’agosto 1917, i suoi iniziatori e membri agirono in una situazione di assoluta libertà: non c’era più una monarchia autocratica e i bolscevichi radicali non erano ancora al potere. Ciò permise, nel primo mese di lavoro, una riflessione comune assolutamente libera e un maggior ricorso ai canoni ecclesiastici e all’antica saggezza della Chiesa. Tuttavia, la radicalizzazione della società e l’avvento al potere dei bolscevichi posero i membri del concilio in una situazione completamente diversa: come interpretare l’avvento del bolscevismo? Come sviluppare la legislazione ecclesiastica in condizioni di persecuzione? Sottomettersi agli indubbi segni dell’ira di Dio o continuare a combattere ostinatamente per la verità? Nella sua relazione l’autore cercherà di rispondere a queste domande sulla base delle trascrizioni stenografiche dei dibattiti conciliari.

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Hervé Legrand

Leggi tutto: Hervé LegrandChe cos’è un processo sinodale di discernimento?

Nato nel 1935 a Langolen (Francia), Hervé Legrand è entrato nell’ordine dei domenicani, ha compiuto studi teologici ed è stato ordinato presbitero, concentrando i suoi interessi e la sua attività soprattutto sull’ecumenismo e l’ecclesiologia. È professore onorario all’Institut catholique di Parigi, dove ha insegnato a lungo. Membro di numerose commissioni di dialogo ecumenico a livello nazionale e internazionale (in particolare con la Federazione luterana mondiale), è consultore del Consiglio delle conferenze episcopali europee e assessore dell’Accademia internazionale di scienze religiose. Tra le sue numerose pubblicazioni: Face à l’unité (avec Harding Meyer, 1986); Les Conférences épiscopales (avec Antonio Garcia y Garcia et Julio Manzanares, 1988); Les Évêques d’Europe et la nouvelle évangélisation (avec Carlo Maria Martini, 1991) ; Église et Société, 1998 ; Le Ministère des évêques au concile Vatican II et depuis (avec Christoph Theobald, 2001) ; L’Œuvre d’Orient (avec Giuseppe Maria Croce, 2010). È membro del comitato scientifico del Convegno internazionale di spiritualità ortodossa che si svolge ogni anno presso il monastero di Bose.

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Daniela Kalkandjieva

Leggi tutto: Daniela KalkandjievaDaniela Kalkandjieva, dopo gli studi in storia all’Università St Kliment Ohridiski a Sofia, ha conseguito un dottorato presso la Central European University in Ungheria con una tesi sugli aspetti ecclesiastico-politici dell’attività del patriarcato di Mosca. Attualmente è ricercatrice all’Università St Kliment Ohridiski. Oltre che di storia della chiesa in Russia, nel corso delle sue ricerche si è occupata della chiesa bulgara interessandosi in particolare del rapporto tra religione e sfera pubblica, di dialogo interconfessionale, dell’impatto dell’ortodossia sul processo di integrazione in Europa.
Tra le sue pubblicazioni: The Russian Orthodox Church, 1917-1948: From Decline to Resurrection, London: Routledge, 2015; Balgarskata pravoslavna tsarkva i ‘narodnata demokratsiya’, 1944-1953 [La chiesa ortodossa bulgara e la democrazia popolare, 1944-1953], Silistra 2002.


Discernere il tempo presente. Il metropolita Stefano di Sofia e la Chiesa ortodossa bulgara in un tempo di torbidi (1940-1944)

SINTESI

La Chiesa ortodossa bulgara affrontò una scelta difficile nei primi anni ‘40, quando lo stato bulgaro, alleato della Germania nazista, adottò una politica antiebraica. Che cosa significava amare il proprio prossimo” (bližen in bulgaro) in un periodo in cui l’ideologia nazista privava gli ebrei del diritto di essere trattati come esseri umani? A questo proposito, è opportuno ricordare che nelle lingue slave la parola “bližnij” non significa semplicemente “vicino” nello spazio, ma implica la condivisione di una visione del mondo; il principio dell’amore cristiano nei paesi slavi viene spesso letto attraverso il prisma della storia e dei costumi locali.
D’altra parte, la Chiesa ortodossa bulgara, o almeno molti dei suoi vescovi, chierici e laici erano inclini a sostenere la scelta del loro governo, perché l’alleanza con Hitler aveva reso possibile la realizzazione del sogno nazionale: la riunione di tutti i bulgari ortodossi entro i confini di un’entità politica simile alla cosiddetta Bulgaria di Santo Stefano, progettata per essere creata dopo la guerra russo-turca del 1877-78, sul cui territorio si sovrappose la giurisdizione dell’Esarcato bulgaro, istituito con decreto del sultano nel 1870, ma che non esistette mai nella realtà. In un primo tempo, l’adesione della Bulgaria alle potenze dell’Asse sembrò vantaggiosa: nel settembre 1940 il trattato di Craiova, firmato da Hitler e Stalin, restituì la Dobrugia meridionale alla Bulgaria, mentre nel maggio 1941 la Germania nazista concesse alle autorità bulgare di occupare aree significative della Macedonia e della Tracia sull’Egeo. Questa opportunità di trasformare il sogno di una Grande Bulgaria in realtà tentò anche i vescovi bulgari. Il Sinodo bulgaro estese la sua giurisdizione alle diocesi ortodosse nelle aree occupate della Macedonia e della Tracia. Nel 1942 il Sinodo propose addirittura una restaurazione della dignità patriarcale della Chiesa bulgara. Da questa prospettiva, si sarebbe potuto supporre che un tale forte impulso nazionalistico, motivato politicamente ed ecclesiologicamente, avrebbe portato la Chiesa bulgara a sostenere la politica antiebraica del suo governo. E tuttavia ciò non avvenne. L’impulso nazionalista non prese il sopravvento sull’episcopato bulgaro. Al contrario, il Santo Sinodo adottò molte decisioni e fece dichiarazioni aperte in difesa degli ebrei. Come poté avvenire? Che cosa spinse il Sinodo bulgaro ad opporsi all’antisemitismo? Quali fonti bibliche furono utilizzate per motivare la posizione della chiesa nella “questione ebraica”? Qual fu in particolare il ruolo del metropolita Stefan di Sofia? Sono alcune delle domande cui la relazione cercherà di dare risposta.

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