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13 giugno

Evagrio Pontico (ca 345-399)
monaco

Nel 399, il giorno dell'Epifania, si spegne Evagrio Pontico, monaco e maestro di vita spirituale nel deserto egiziano.
Era nato attorno al 345 a Ibora, nel Ponto, in una famiglia di alti notabili, e questo gli permise di ricevere una formazione completa e raffinata.
Ordinato lettore da Basilio, egli divenne membro del clero di Cesarea, ove rimase fedele al proprio vescovo fino alla morte di quest'ultimo. Quindi si trasferì a Costantinopoli dall'amico Gregorio di Nazianzo, che lo ordinò diacono e lo volle al proprio fianco nella difficile lotta contro gli ariani.
Quando Gregorio si ritirò, egli trascorse un certo tempo al servizio del nuovo patriarca Nettario, finché una serie di drammatiche circostanze finì, secondo le sue stesse parole, per «esiliare Evagrio nel deserto». Fuggito da Costantinopoli, si recò a Gerusalemme, e quindi raggiunse il deserto egiziano di Nitria attorno al 384. Dopo due anni di vita semianacoretica alla scuola di Macario di Alessandria e di Macario il Grande, egli ottenne un maggiore isolamento nel deserto delle Celle.
La sua lotta nel deserto, non del tutto scelta ma pienamente assunta, non fu vana. Nel deserto Evagrio sviluppò infatti una sintesi di teologia e di monachesimo pratico unica per il suo tempo. La sua sensibilità psicologica, la sua finezza analitica ne fecero uno dei più grandi maestri spirituali dell'antichità, e a lui si ispireranno Massimo il Confessore, Isacco il Siro e Simeone il Nuovo Teologo, per citare solo i padri più famosi.
La condanna di alcune sue affermazioni, avvenuta a quasi due secoli dalla morte e in circostanze non chiare, ha a lungo infangato la memoria di Evagrio, anche se non ha impedito che i suoi scritti, spesso sotto altro nome, giungessero fino a noi. Solo la critica moderna gli ha restituito l'onore che si merita.


TRACCE DI LETTURA

La fede è il principio della carità; il fine della carità, la conoscenza di Dio.
(Evagrio, Ai monaci 3)

«Fa', o Signore, che conosca le tue vie, e insegnami i tuoi sentieri». Chi vuole conoscere «le vie del Signore», diventi mite. Si dice infatti: «Ai miti egli insegnerà le sue vie». Sono miti coloro i quali hanno placato nell'anima la lotta indefessa dell'irascibilità e della concupiscenza, nonché la lotta delle passioni da esse suscitate.
(Evagrio, Scholia sui Salmi 24,4)

Nessuna virtù produce la sapienza come la mitezza, a motivo della quale anche Mosè fu lodato, perché era «il più mite di tutti gli uomini».
(Evagrio, Lettere 36,3)

Dimmi, dunque, perché la Scrittura, quando ha voluto esaltare Mosè, ha lasciato da parte tutti i segni mirabili e pensato unicamente alla mitezza? ... Essa infatti dice che egli, nel deserto, stette tutto solo davanti al volto di Dio, quando questi volle annientare Israele, e chiese di essere annientato con i figli del suo popolo. Egli presentò dinanzi a Dio l'amore per gli uomini e la trasgressione dicendo: «Perdona loro, o cancellami dal libro che tu hai scritto». Così parlo il mite! Dio allora preferì perdonare coloro che avevano peccato, piuttosto che far torto a Mosè.
(Evagrio, Lettere 56,6).

Se sei teologo pregherai veramente, e se preghi veramente sei teologo.
(Evagrio, Sulla preghiera 60)


LE CHIESE RICORDANO...

CATTOLICI D'OCCIDENTE:
Antonio da Padova (+ 1231), presbitero e dottore della chiesa (calendario romano e ambrosiano)
Ciriaco e Giulitta (+ ca 305), martiri (calendario mozarabico)

COPTI ED ETIOPICI (6 ba'ūnah/sanē):
Teodoro di Alessandria (IV sec.), monaco e martire (Chiesa copta)

LUTERANI:
Antoine Court (+ 1760), testimone della fede in Francia

MARONITI:
Aquilina di Biblo (+ 293), martire;
Antonio da Padova, confessore

ORTODOSSI E GRECO-CATTOLICI:
Aquilina di Biblo, martire
Trifillio (IV sec.), vescovo di Leucosia (Chiesa melkita)

12 giugno

LE CHIESE RICORDANO...

COPTI ED ETIOPICI (5 ba'ūnah/sanē):
Giacomo l'Orientale (IV sec.), monaco (Chiesa copta)

LUTERANI:
Isaak le Febvre (+ 1702), testimone della fede in Francia

MARONITI:
Onofrio (IV-V sec.), eremita

ORTODOSSI E GRECO-CATTOLICI:
Onofrio l'Egiziano, anacoreta
Pietro l'Athonita (IX sec.), monaco

11 giugno

Barnaba
apostolo

Le chiese d'oriente e d'occidente ricordano oggi l'apostolo Barnaba.
Pur non essendo uno dei Dodici, Barnaba ricevette il titolo di apostolo a motivo del ruolo importante che ebbe nella chiesa primitiva.
Originario di Cipro e appartenente alla tribù di Levi, Giuseppe chiamato Barnaba, ovvero «figlio della consolazione», vendette il campo che possedeva e ne consegnò il ricavato deponendolo ai piedi degli apostoli. Con questo gesto, Barnaba mostrò di aver capito che soltanto chi si spoglia di tutto ciò che si pone realmente alla sequela di Cristo, il cui fine è la koinonia, la comunione nell'amore, segno eminente che distingue le autentiche comunità cristiane.
Barnaba è ricordato inoltre per essere stato il tramite tra Saulo di Tarso e il gruppo degli apostoli. Fu infatti lui a presentare loro Paolo, al quale si affiancò, accompagnandolo ad Antiochia e poi nel primo viaggio missionario. In seguito, per dissensi con l'apostolo degli incirconcisi, si separò da lui e tornò a Cipro con suo cugino Giovanni Marco.
Secondo la tradizione, dopo aver predicato il vangelo a Roma e a Milano, Barnaba si recò a Salamina dove morì martire, lapidato attorno all'anno 63.


TRACCE DI LETTURA

Nessuno tra di loro era bisognoso, perché quanti possedevano campi o case li vendevano, portavano l'importo di ciò che era stato venduto e lo deponevano ai piedi degli apostoli; e poi veniva distribuito a ciascuno secondo il suo bisogno. Così Giuseppe, soprannominato dagli apostoli Barnaba, che significa «figlio della consolazione», un levita originario di Cipro, che era padrone di un campo, lo vendette e ne consegnò l'importo deponendolo ai piedi degli apostoli.
(At 4,34-37)


PREGHIERA

Dio di bontà, datore di ogni dono,
tu hai riversato il tuo Spirito sul tuo servo Barnaba
e gli hai dato la grazia di incoraggiare i fratelli:
aiutaci mediante il suo esempio
a essere magnanimi nei nostri giudizi
e generosi nel nostro servizio.
Attraverso Gesù Cristo tuo Figlio, nostro Signore,
che vive e regna con te,
nell'unità dello Spirito santo,
un solo Dio, ora e sempre.


LETTURE BIBLICHE

Gb 29,11-16; Gal 2,1-10; Gv 15,12-17


Leggi tutto: 11 giugnoLuca di Simferopol' (1877-1961)
pastore

L'11 giugno 1961, di primo mattino, si spegne il vescovo Luca di Simferopol', al secolo Valentin Vojno-Jaseneckij, ormai completamente cieco da diversi anni.
Nato nel 1877 a Ker, in Ucraina, Valentin divenne dapprima un buon pittore e quindi un chirurgo conosciuto in tutto il paese. La sua vita, fatta di continui e spesso non voluti spostamenti da un capo all'altro del paese, assunse una nuova dimensione quando nel 1920 rimase vedovo con quattro figli a carico. Egli si riaccostò alla chiesa, sebbene in famiglia fosse l'unico credente, e fu ordinato presbitero pur continuando a esercitare intensamente la professione di medico. Stabilitosi a Taškent, fu ordinato vescovo di quella città e conobbe a più riprese la persecuzione e l'esilio a motivo della sua parresia evangelica.
Ovunque il vescovo Luca fu uno straordinario servitore della gente, soprattutto dei più semplici e dei poveri. Nel 1940 egli venne trasferito alla diocesi siberiana di Krasnojarsk, e infine nel 1946 giunse  in Crimea, a Simferopol', che fu la sua ultima sede episcopale. In quella sperduta e decadente città della Crimea, Luca si dedicò anima e corpo all'edificazione della chiesa, dedicandosi soprattutto alla predicazione, ma non cessando mai di approfondire i propri studi medici. Alla sua poverissima mensa vi fu sempre posto per i poveri, gli orfani, gli anziani e i pellegrini di ogni sorta.
La sua vicenda ci è giunta attraverso le Memorie che il vescovo Luca dettò poco prima di morire, e che rivelano la straordinaria avventura di un uomo disposto a tutto pur di annunciare e testimoniare il vangelo in ogni istante della propria vita.


TRACCE DI LETTURA

L'autobiografia del vescovo Luca è straordinaria per due motivi: in primo luogo perché rivela e racconta l'esistenza di un cristiano che ha sofferto per la propria fede il carcere, il confino, le persecuzioni, condividendo con la propria chiesa lunghi anni di silenzio e di martirio, senza mai perdere la lucidità, la forza d'animo, la consuetudine scientifica necessarie a maneggiare i ferri del suo primo mestiere di chirurgo, spendendosi anche in questo modo a favore dei fratelli.
E in secondo luogo perché questa doppia, quasi incredibile vicenda, è illustrata in pagine scarne e asciutte con estrema sincerità, registrando anche i dubbi e le sconfitte spirituali di un uomo che, giunto alla vecchiaia e quasi cieco, racconta la propria vita a un segretario senza condannare nessuno, senza fornire interpretazioni della grande storia in cui è stato immerso, senza esaltare se stesso a protagonista.
(Dalla prefazione alle Memorie del vescovo Luca)


 LE CHIESE RICORDANO...

ANGLICANI:
Barnaba, apostolo

CATTOLICI D'OCCIDENTE:
Barnaba, apostolo (calendario romano e ambrosiano)

COPTI ED ETIOPICI (4 ba'ūnah/sanē):
Šenūsī di Balkūm (III-IV sec.), martire (Chiesa copto-ortodossa)

LUTERANI:
Barnaba, discepolo dell'Apostolo

MARONITI:
Bartolomeo, apostolo

ORTODOSSI E GRECO-CATTOLICI:
Bartolomeo e Barnaba, apostoli
Luca di Simferopol', vescovo (Chiesa ucraina)

SIRO-ORIENTALI:
Barnaba, apostolo (Chiesa malabarese)

VETEROCATTOLICI:
Barnaba, apostolo

10 giugno

Martiri ebrei delle milizie cosacche (+ 1648)

Nel 1648, in Polonia, irrompono i ribelli cosacchi capeggiati da Bogdan Chmielnicki. Figlio di un piccolo proprietario terriero della bassa aristocrazia ucraina, Chmielnicki fu il leader della rivolta cosacca contro il dominio polacco, che porterà, dopo la sua morte, all'unificazione dell'Ucraina con la Russia.
Per rinsaldare le file del popolo, Chmielnicki e i suoi compagni fecero ricorso a una forte dose di nazionalismo, e furono dei veri e propri antesignani delle moderne pulizie etniche: individuati negli ebrei degli elementi non assimilabili alla nazione ucraina, Chmielnicki ne favorì la sistematica eliminazione.
Il 10 giugno del 1648, seimila ebrei si rifugiarono nella città fortificata di Nemirov, in Polonia, per sfuggire alla furia delle milizie cosacche, ma sotto la guida del comandante Ganya, queste ultime irruppero nella città e sterminarono l'intera popolazione ebraica.
Ancora oggi Bogdan Chmielnicki è celebrato da alcuni come eroe nazionale dell'Ucraina.


TRACCE DI LETTURA

Chiedete la grazia per me, o cieli,
se in voi vi è un Dio!
Io un cammino che a lui mi conduca
non sono riuscito a trovarlo:
pregate per me, o cieli!
Il mio cuore è morto,
la preghiera si spegne sulle mie labbra,
la mia mano è inerte,
non c'è più speranza per me.
Fino a quando? Fino a dove e fino a quando?
Se vi è una giustizia, si mostri!
Ma se si farà vedere soltanto
quando sarò passsato al di sopra del firmamento,
allora che il suo trono sia fracassato per l'eternità,
e scoppino il cielo e la sua cattiveria!
(Bialik, Poesie).


Abramo di al-Fayyūm (1829-1914)
pastore

Il 10 giugno del 1914, all'età di ottantacinque anni, dopo trentatré anni di ministero episcopale e quasi settanta di vita monastica, si spegne Abramo, vescovo di al-Fayyūm.
Nativo della provincia copta di al-Minyā e battezzato con il nome di Giuseppe, egli era entrato diciottenne nel monastero della Vergine di al-Muḥarraq, nei pressi di Asyūṭ. Distintosi soprattutto per il suo straordinario impegno in favore dei poveri, che sarà il vero e proprio filo rosso evangelico di tutta la sua vita, Giuseppe divenne a trentasette anni abate del monastero. Da quel momento, moltissimi monaci si fecero suoi discepoli, e la comunità si sviluppò in modo rilevante. Ma con il numero dei discepoli crebbero anche le tensioni all'interno di al-Muḥarraq, e Giuseppe fu costretto ad abbandonare il monastero perché accusato di dissipare i beni della casa a favore dei poveri.
Assieme a quattro compagni, egli fu accolto nel monastero di al-Barāmūs, nel Wādī al-Naṭrūn. L'abate locale, divenuto patriarca, vista la grande qualità spirituale di Giuseppe e dei suoi compagni, li ordinò tutti e cinque vescovi. Giuseppe divenne così nel 1881 il vescovo Abramo di al-Fayyūm. Come pastore, si sentì chiamato innanzitutto a servire i poveri, senza discriminare tra cristiani e non cristiani. A tale servizio egli unì un cammino di spoliazione personale: non volle mai sedere in una mensa differente da quella dei piccoli e degli emarginati, e rifiutò tutti i segni di distinzione esteriori e mondani che pure spettano per tradizione in quasi tutte le chiese a chi è rivestito della dignità episcopale.
Alla sua morte, una folla immensa di cristiani e musulmani accorse a dargli l'ultimo saluto.


 

LE CHIESE RICORDANO...

COPTI ED ETIOPICI (3 ba'ūnah/sanē):
Elladio (+ ca 361), vescovo e martire
Abramo, vescovo di al-Fayyūm (Chiesa copto-ortodossa)

LUTERANI:
Friedrich August Tholuck (+ 1877), teologo a Halle

MARONITI:
Barnaba, apostolo

ORTODOSSI E GRECO-CATTOLICI:
Alessandro e Antonina (+ ca 313), martiri
Timoteo (+ ca 362), vescovo di Prusa, ieromartire
Sofronio il Bulgaro (XV-XVI sec.), ieromonaco (Chiesa serba)

9 giugno

Columba di Iona (+ 597)
monaco

Il 9 giugno dell'anno 597, poco dopo la mezzanotte, si spegne nella chiesa del suo monastero Columba di Iona, monaco, uomo di cultura e pellegrino per Cristo.
Egli nacque in una potente famiglia irlandese della contea di Donegal, ma riconobbe presto di essere chiamato alla vita monastica piuttosto che a quella di capo e condottiero del suo clan.
Educato alla scuola di alcuni tra i più celebri monaci irlandesi, egli fu presto soprannominato Columcille, «colomba della chiesa», da cui il nome latino di Columba. Columba fu un uomo di grande cultura, molto versato nelle arti monastiche celtiche: egli fondò infatti i monasteri di Derry e Durrow, forse anche quello di Kells, dai quali ci sono giunti i più grandi capolavori della miniatura irlandese; ma seppe apprezzare anche le arti profane, e difese i bardi e i musici del suo tempo da quei monaci che volevano sopprimerne l'attività.
Columba, come molti monaci irlandesi, a un certo punto della sua vita si fece pellegrino per Cristo e divenne un predicatore itinerante assieme ad alcuni compagni. Ovunque lasciò un ricordo straordinario, e il suo ruolo di paciere nelle controversie politiche ed ecclesiali fu unanimemente apprezzato.
Egli finì la sua vita sull'isola di Iona, di fronte alla costa sudoccidentale della Scozia, dove dedicò gran parte del suo tempo alla guida del monastero da lui stesso fondato e alla composizione di inni e carmi di notevole qualità poetica e spirituale.
Columba è considerato assieme a Patrizio di Armagh e a Brigida di Kildare il più importante santo della chiesa celtica.


TRACCE DI LETTURA

Columba diede le ultime disposizioni ai suoi discepoli: «Amatevi gli uni gli altri senza finzioni. Siate nella pace. Se seguirete questa via sull'esempio dei santi padri, Dio, che dà forza al buono, vi aiuterà, e io intercederò per voi mentre dimorerò con lui».
La campana suonò per l'ufficio di mezzanotte. Il santo si alzò di corsa e si recò per primo in chiesa, inginocchiandosi in preghiera nei pressi dell'altare. Il fedele servo Diarmait lo seguiva da vicino, e vide l'intera chiesa ricolma di luce che irradiava dal santo. Quando i fratelli raggiunsero la soglia della chiesa, la luce svanì. Camminando nel buio, Diarmait trovò Columba che giaceva davanti all'altare. I monaci gli vennero intorno con le lampade, e cominciarono il lamento sul loro padre morente. Il santo, allora, aprì gli occhi e si guardò intorno. Vi era una meravigliosa gioia sul suo volto. Diarmait gli sostenne la destra per aiutarlo a benedire il coro dei fratelli, ed egli consegnò lo spirito.
(Adomnan, Vita di Columba 3,23).


PREGHIERA

Dio onnipotente,
che hai riempito il cuore di Columba
con la gioia dello Spirito santo
e con un profondo amore per coloro che gli hai affidato:
concedi al tuo popolo in cammino di seguirlo,
forte nella fede, sorretto dalla speranza
e unito nell'amore che ci lega tutti a te.
Attraverso Gesù Cristo tuo Figlio, nostro Signore,
che vive e regna con te,
nell'unità dello Spirito santo,
un solo Dio, ora e sempre.


LETTURE BIBLICHE

Is 61,1-3; 1Ts 2,2-12; Lc 12,32-37


LE CHIESE RICORDANO...

ANGLICANI:
Columba, abate di Iona, missionario
Efrem di Siria (+ 373), diacono, innografo, maestro della fede

CATTOLICI D'OCCIDENTE:
Efrem, diacono e dottore della chiesa (calendario romano e ambrosiano)

COPTI ED ETIOPICI (2 ba'ūnah/sanē):
Ritrovamento delle reliquie di Giovanni il Battista (IV sec.) (Chiesa copta)

LUTERANI:
Efrem il Siro, innografo a Edessa

MARONITI:
Alessandro e Antonina (IV sec.), martiri

ORTODOSSI E GRECO-CATTOLICI:
Cirillo (+ 444), arcivescovo di Alessandria
Giovanni il Russo (+ 1730), confessore (Chiesa russa)

SIRO-ORIENTALI:
Abramo mar Kurilose Kattumangat (XVIII sec.), vescovo

VETEROCATTOLICI:
Efrem il Siro, confessore

8 giugno

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Leggi tutto: 8 giugno

Thomas Ken (1637-1711)
pastore e innografo

Gli anglicani ricordano oggi Thomas Ken, vescovo di Bath e Wells e innografo della Chiesa d'Inghilterra.
In un'epoca di continui rivolgimenti in seno alla politica e all'episcopato inglesi, Thomas emerse per la mitezza evangelica con cui seppe esercitare il proprio servizio di pastore, e per l'irreprensibilità della sua coscienza, che gli permise di non venir meno alla fedeltà nei riguardi anzitutto del vangelo ma anche delle istituzioni civili del suo paese.
Nato a Berkhamstead nel 1637, Thomas Ken studiò al New College di Oxford. Apprezzato per la sua generosità e il suo equilibrio, egli divenne cappellano reale di re Carlo II e fu quindi consacrato vescovo di Bath e Wells. Il suo rapporto con il sovrano non gli impedì di riprenderlo con franchezza e libertà quando questi si trovò a contraddire la propria fede.
Con l'ascesa al trono del re cattolico Giacomo II, la situazione di Ken divenne precaria; nel 1688 egli fu rinchiuso, in questo stesso giorno, nella torre di Londra, per essersi rifiutato di pubblicare nella propria diocesi l'atto con cui il nuovo sovrano ripristinava le indulgenze. Avendo tuttavia prestato giuramento di fedeltà al re, Thomas si rifiutò in seguito di riconoscere come re il protestante Guglielmo di Orange, a suo avviso illegittimamente asceso al trono d'Inghilterra. Privato della sede episcopale, Thomas visse in povertà e semplicità il resto dei suoi giorni, ritirato nella campagna inglese, dove compose inni tra i più celebri della liturgia anglicana e dove si impegnò per portare la pace fra le molteplici anime della cristianità britannica.
Thomas Ken morì il 19 marzo del 1711.


TRACCE DI LETTURA

Se non sarà giudicato opportuno che io e altri vescovi rinunciamo a rivendicare i nostri diritti canonici, suggerirei allora di procedere alla stesura di una lettera circolare da diffondere fra la gente, per sostenere umilmente ma al tempo stesso risolutamente la causa per la quale soffriamo, e dichiarare che la nostra opinione non è cambiata; almeno potremmo far comprendere che rimarremmo nei nostri pubblici uffici solo per obbedienza, e anzitutto perché abbiamo il dovere di ripristinare la pace nella chiesa. La pace è così importante da far passare in secondo piano anche i canoni ecclesiastici, che del resto sono di autorità umana e non divina.
Propongo questa soluzione con sottomissione, e mosso da sincero zelo per il bene della chiesa, chiedendo alla misericordia divina che ci guidi nelle vie della pace, perché possiamo glorificare Dio con un'anima sola e un'unica bocca.
(T. Ken, Lettera a Georges Hickes).


PREGHIERA

O Dio dal quale procede ogni benedizione,
dalla tua provvidenza siamo custoditi
e dalla tua grazia siamo guidati:
aiutaci, mediante l'esempio del tuo servo Thomas Ken
a custodire fedelmente la tua parola,
accettando umilmente le avversità
e rendendoti incessantemente lode.
Attraverso Gesù Cristo tuo Figlio nostro Signore,
che vive e regna con te,
nell'unità dello Spirito santo,
un solo Dio, ora e sempre.


LETTURE BIBLICHE

Ger 9,23-24; 2Cor 4,1-10; Mt 24,42-46


LE CHIESE RICORDANO...

ANGLICANI:
Thomas Ken, vescovo di Bath e Wells, non-juror, innografo

COPTI ED ETIOPICI (1 ba'ūnah/sanē):
Carpo (I sec.), uno dei 70 discepoli (Chiesa copta)

LUTERANI:
August Hermann Francke (+ 1727), teologo a Halle
Hermann Bezzel (+ 1917), teologo in Baviera

MARONITI:
Ritrovamento dei chiodi di Cristo

ORTODOSSI E GRECO-CATTOLICI:
Traslazione delle reliquie di Teodoro lo Stratilata, megalomartire
Marciano, Nicandro e compagni di Durostoro (IV sec.), martiri (Chiesa romena)

7 giugno

LE CHIESE RICORDANO...

COPTI ED ETIOPICI (30 bašans/genbot):
Michele IV (+ 1102), 68° patriarca di Alessandria (Chiesa copto-ortodossa)

LUTERANI:
Ludwig Ihmels (+ 1933), vescovo in Sassonia

MARONITI:
Teodoto di Ancira (+ 303), martire

ORTODOSSI E GRECO-CATTOLICI:
Teodoto di Ancira, martire
Sciota Rustveli (XIII sec.), poeta (Chiesa georgiana)