SHAHE ANANYAN

Leggi tutto: SHAHE ANANYANShahe Ananyan è nato nel 1982 a Nor Achin (regione di Kotayk, Armenia). Ha studiato presso l’Accademia teologica di Vaskenyan e presso il Seminario teologico Gevorkyan, della Santa Sede Madre di Etchmiadzin, difendendo nel 2005 la tesi: “Frasi indirette nei quattro vangeli: versione antico-armena e testo greco”. Nel 2004 è stato ordinato diacono e nell’anno successivo presbitero-celibe. Dal luglio 2005 ha svolto mansioni di segretario personale di S. S. KAREKIN II, Patriarca Supremo e Katholikos di tutti gli Armeni. Nel 2006-2010 ha studiato presso l’Institut Catholique di Parigi e presso l’ELCOA (Ecole des langues et des civilizations de l’Orient) della Sorbona di Parigi, difendendo con successo la tesi di licenza: “Libro dei Proverbi, cap. 8: Un saggio di lettura canonico-teologica nella tradizione armena”. Nel 2012 ha difeso la tesi “Sapienza e Bibbia. Interpretazione e teologia del Libro dei Proverbi (capp. 1-9)”, ricevendo il grado di archimandrita e nel 2013 è stato nominato capo e direttore del Dipartimento editoriale della Santa Sede, e nel 2015 direttore del Dipartimento per le relazioni inter-ecclesiali. Dal 2009 insegna Teologia dell’Antico Testamento presso il Seminario teologico Gevorkyan, e dal 2012 presso la Yerevan State Linguistic University come professore di studi religiosi. Nel periodo 2013-2016 ha studiato presso la Yerevan State University (Facoltà di psicologia) conseguendo la tesi di dottorato: “L’influenza dell’ermeneutica giudeo-ellenistica sulla formazione e lo sviluppo dell’antica filosofia religiosa cristiana”. Nel 2016, dopo aver discusso la tesi “I fondamenti teorici della primitiva letteratura esegetica cristiana (I-III secc.): analisi storico-teologica delle fonti principali”, ha raggiunto il grado di Supremo Archimandrita (Tsayragouyn Vardapet).


I santi martiri del genocidio e del regime sovietico nell’Armenia del XX secolo

La relazione presenta due figure emblematiche della chiesa apostolica armena del XX secolo: il Vardapet Komitas Soghomonyan (1869-1935), fondatore della scuola musicale armena e “martire vivente” sopravvissuto al grande Genocidio armeno (1915-1923), e il Catholicos Khoren I Muradbekian (1932-1938), capo della chiesa armena assassinato per mano degli agenti della polizia segreta del regime sovietico. Entrambe queste figure sono diventate simboli e immagini collettive della sofferenza dell’intero popolo armeno, in grado di rappresentare e realizzare attraverso la loro vita personale (il primo anche attraverso la sua importante opera in ambito musicale) la comunione tra le generazioni e all’interno della coscienza cristiana degli armeni. L’autore è convinto che la recente proclamazione ufficiale della santità dei nuovi martiri del Genocidio armeno abbia cambiato e continui a cambiare il concetto di martirio e di testimonianza cristiana all’interno della coscienza cristiana armena. Tale cambiamento rende necessario riconoscere ufficialmente il martirio di moltissimi cristiani dimenticati che hanno dato la loro propria per Cristo dopo o anche prima del Genocidio armeno (ad esempio durante il periodo sovietico). Anche in questo senso i martiri continuano a essere testimoni di comunione, un legame spirituale che permette alla chiesa di riappropriarsi del suo passato.

DANIELA KALKANDJIEVA

Leggi tutto: DANIELA KALKANDJIEVADaniela Kalkandjieva, dopo gli studi alla facoltà di storia all’Università St Kliment Ohridiski a Sofia, ha conseguito un PhD in storia presso la Central European University in Ungheria con una tesi sugli aspetti ecclesiastico-politici dell’attività del patriarcato di Mosca. Oltre che di storia della chiesa in Russia, nel corso delle sue ricerche si è occupata della chiesa bulgara interessandosi in particolare del rapporto tra religione e sfera pubblica, di dialogo interconfessionale, dell’impatto dell’ortodossia sul processo di integrazione in Europa. Tra le sue molte pubblicazioni ricordiamo The Russian Orthodox Church, 1917-1948 From Decline to Resurrection, London 2015 e lo studio sulla chiesa ortodossa bulgara negli anni 1944-1953 (Balgarskata pravoslavna tsarkva i darzhavata, 1944-1953, Sofia 1997).


Martiri e confessori nella Chiesa ortodossa bulgara sotto il regime comunista

La caduta del comunismo in Bulgaria nel 1989 ha rotto il silenzio sulla persecuzione del clero ortodosso durante il governo dell’ateismo militante. Ventisette anni più tardi la loro canonizzazione è ancora una questione aperta. Nessuno di essi è stato riconosciuto canonicamente martire o confessore e nel calendario ecclesiastico non è prevista una commemorazione di quei servi di Dio che hanno testimoniato la loro fede fino al martirio. Nel frattempo gli archivi del partito comunista bulgaro e dei suoi servizi segreti sono stati resi pubblici. Il loro studio ha gettato nuova luce sul destino di centinaia di chierici ortodossi che sono rimasti saldi nella loro fede nonostante l’asprezza della persecuzione e le torture disumane. La presente relazione esaminerà le vicende di vescovi, preti e monaci della chiesa ortodossa bulgara, che ci offrono motivi fondati per essere considerati martiri e confessori. Allo stesso tempo vogliamo porre la seguente domanda: se “il sangue dei martiri è seme di cristiani” (Tertulliano), perché la chiesa ortodossa bulgara rinvia la canonizzazione di quei cristiani il cui martirio può contribuire alla rivitalizzazione del cristianesimo nella società bulgara post-ateistica? Non è facile rispondere a questa domanda. La persecuzione non è stata garanzia di santità nei primi secoli del cristianesimo e non lo è neppure sotto il comunismo. Nel caso bulgaro, comunque, questo rapporto è stato ulteriormente complicato dalla specifica politica antireligiosa adottata dai comunisti all’epoca della loro conquista del potere il 9 settembre 1944. Essi non hanno seguito il modello dei bolscevichi che attaccarono apertamente la religione, adottando una strategia più sofisticata. Non hanno previsto una distruzione immediata della chiesa nazionale ortodossa, ma la sua trasformazione in istituzione pseudo-religiosa. Inoltre, i nuovi governanti comunisti hanno usato abilmente lo stato di guerra per sbarazzarsi dei chierici più zelanti e influenti con il pretesto di combattere il fascismo. Queste e altre particolarità della persecuzione dei monaci e del clero uxorato in Bulgaria non consentono di seguire rigidamente l’esperienza russa nella canonizzazione degli uomini di chiesa ortodossi assassinati dai bolscevichi negli anni ’20 e ’30 del xx secolo. Ciò non significa che non vi siano stati martiri e confessori ortodossi bulgari, ma invita a un approccio diverso, in grado di aggirare il discorso comunista che continua a distorcere la verità riguardo ai chierici ortodossi presentandoli come “fascisti”, “nemici del popolo” o semplicemente come criminali.

BOGDAN TĂTARU-CAZABAN

Leggi tutto: BOGDAN TĂTARU-CAZABANBogdan Tataru-Cazaban è dal 2010 ambasciatore di Romania presso la Santa Sede. Ha ottenuto un dottorato di ricerca in storia della filosofia patristica e medievale (Università di Bucarest) ed è membro fondatore dell’Istituto per la storia delle religioni dell’Accademia Romena. È stato docente invitato presso la Facoltà di Teologia Ortodossa di Bucarest. Ha svolto attività scientifiche e di editoria nell’ambito della Storia del cristianesimo, dei Studi tomisti, della Fenomenologia francese, della Teologia politica e sociale etc. È autore di diversi libri di filosofia e teologia. Ha tradotto in romeno Sant’Agostino, Boezio, Ugo di San Vittore, Niccolò Cusano, R. Klibansky, E. Panofsky e Emmanuel Lévinas.


La persecuzione a causa di Cristo come vincolo di comunione.
Il monaco Nicolae Steinhardt e il suo Diario della felicità

Steinhardt ha incarnato la nobiltà dello spirito in un mondo che sembrava inginocchiato per sempre; la fiducia nell’umanità in un mondo sfigurato dall’odio e dal risentimento; era un cavaliere dell’assoluto in una società minata da tradimenti e duplicità. Grande lettore di Proust, Tocqueville, Chesterton, S. Weil, Valéry, Bernanos, ha introdotto nel cuore del modo di vivere la fede ortodossa, con i suoi ritmi immutati, una provocatoria freschezza, un nuovo stile, un’ autenticità profondamente moderna. Convertito nelle prigioni communiste e diventato monaco nel nord della Transilvania, Steinhardt illustra uno dei volti dell’ortodossia romena del XX secolo, accanto a  Stăniloae, il grande teologo neopatristico, e a Scrima, il teologo del dialogo ecumenico. Non a caso il Santo Giovanni Paolo II lo ha evocato durante la sua storica visita a Bucarest: „Dei numerosi testimoni di Cristo desidero ricordare il monaco di Rohia, Nicu Steinhardt, eccezionale figura di credente e uomo di cultura che ha percepito in modo singolare l’immensa richezza del tesoro comune delle Chiese cristiane”.

TAMARA GRDZELIDZE

Leggi tutto: TAMARA GRDZELIDZETamara Grdzelidze ha studiato presso la Tbilisi University (Georgia), il St Vladimir’s Theological Seminary (USA), e la Oxford University (UK). In Georgia ha svolto lavoro di ricerca sull’agiografia Georgiana presso l’Istituto Shota Rustaveli di Letteratura Georgiana, e ha insegnato lingua e letteratura georgiana nelle scuole. Dal gennaio 2001 al dicembre 2013, ha lavorato come membro della commissione Fede e Costituzione (Faith and Order) del Consiglio ecumenico delle chiese (WCC) presso Ginevra, organismo che coordina il dialogo tra i leader cristiani in materia di teologia, dottrina e natura della chiesa. Descrive la sua esperienza di dialogo ecumenico e interculturale durante il suo lavoro presso il WCC come una vera “una scuola di relazioni internazionali”. Nel 2014 è stata nominata ambasciatore di Georgia presso la Santa Sede, incarico che tuttora svolge. Tra i doni da lei presentati a papa Francesco c’era una copia del libro A Cloud of Witnesses: Opportunities for Ecumenical Commemoration (WCC 2009), da lei pubblicato in collaborazione con fr. Guido Dotti, membro della Comunità monastic di Bose. Ha pubblicato molti titoli sull’agiografia Georgiana, sulla chiesa Georgiana, sull’ortodossia e le sfide contemporanee, sull’ecclesiologia, l’ermeneutica, e il dialogo inter-confessionale. Tra la sue pubblicazioni: The limits of the Church: Essays from Orthodox Theologians on Ecumenism, a cura di Tamara Grdzelidze, Tbilisi 2000; Georgian Monks on Mount Athos: Two Eleventh Century Lives on the Hegoumenoi of Iviron (2009); Reading the Gospels with the Early Church: A Guide, a cura di Tamara Grdzelidze Geneva 2013.


Martirologio nel XX secolo. La Chiesa ortodossa di Georgia

La relazione ricostruisce la vicenda dei martiri georgiani (soprattutto membri del clero, ma anche laici) che hanno dato testimonianza in difesa della giustizia e dei diritti della chiesa durante il primo periodo del regime sovietico in Georgia (stabilito nel 1921). La loro recente canonizzazione e il loro riconoscimento come martiri da parte della Chiesa ortodossa di Georgia (nonostante essi non rientrino nella categoria del “martirio classico” in odium fidei) costituisce un evento importante. L’autrice è convinta che l’atto di fare memoria possa essere fonte di riconciliazione e che la storia possa cambiare solo con la volontà di stabilire nuove relazioni con il passato, con la disponibilità a ricordare non per il semplice scopo di ricordare, ma per fare la pace. I nuovi martiri georgiani hanno reso testimonianza a Cristo fino alla morte opponendosi all’ingiustizia del sistema politico esistente. Nell’atto della loro canonizzazione da parte della Chiesa ortodossa di Georgia si può riconoscere un buon equilibrio tra interessi nazionali e lotta contro l’ingiustizia e la dignità umana, un modo per risanare le ferite del Corpo di Cristo.

 

KONSTANTIN SIGOV

Leggi tutto: KONSTANTIN SIGOVKonstantin Sigov (Kiev 1962) insegna storia delle idee teologiche e filosofiche all’Università statale “Accademia Moghiliana” di Kiev, e dirige il Centro di ricerche umanistiche europee. Nel 1992 ha fondato l’Associazione culturale e editoriale “Lo Spirito e la Lettera” (Duch i Litera), di cui è tuttora direttore. I progetti editoriali sono stati il fondamento di una rete di contatti con le più importanti scuole di pensiero europee. Nell’ambito di questi progetti sono stati invitati a Kiev studiosi e filosofi quali Paul Ricœur, Reinhard Kozellek, Arvo Pärt, Kallistos Ware, Georges Nivat e altri. Presso le edizioni da lui dirette, Konstantin Sigov ha in particolare curato la traduzione delle opere del Patriarca Bartolomeos I, del cardinal Walter Kasper, dell’arcivescovo Rowan Williams, di p. Enzo Bianchi, di p. Michel van Parys, e dei fondamentali documenti del dialogo ecumenico tra cattolici e ortodossi. Dal 2000 a oggi organizza annualmente il forum ecumenico internazionale delle “Letture della Dormizione” (Uspenskie Čtenija), di cui cura l’edizione degli Atti. La sua bibliografia conta oltre cinquanta titoli di studi di carattere filosofico e teologico e di storia della cultura, pubblicati in Italia, Francia, Germania, Stati Uniti, Inghilterra, Svizzera e Svezia (cf. https://ukma-kiev.academia.edu/CONSTANTINSIGOV) Ha tenuto lezioni alla Sorbona, alle Università di Oxford, Stanford, Roma, Ginevra, Lovanio e altre. Il Ministero dell’Istruzione francese gli ha conferito il titolo di Chevalier dans l’Ordre des Palmes Academiques.


Una comunità nella persecuzione: Padre Aleksandr Glagolev (1872-1937)

La vita dei testimoni e il cammino dei martiri sono i criteri di una rivisitazione critica delle opinioni sul martirologio del xx secolo. L’autocoscienza di un’intera schiera di anonimi testimoni della verità è espressa con lucidità nelle parole dell’ultimo rettore dell’Accademia teologica di Kiev, perito durante gli interrogatori nel 1937, il prete Aleksandr Glagolev: “Allora soltanto le sofferenze del cristiano saranno a somiglianza delle sofferenze di Cristo e salvifiche per chi soffre, quando questi nella sofferenza saprà conservare la vera fede, e un amore saldo per il Padre celeste … e se saprà mantenere l’amore fraterno verso il prossimo, senza escludere i suoi nemici”.
Attraverso la ricostruzione della vita e l’opera del neomartire Aleksandr Glagolev e di suo figlio, il santo giusto padre Aleskej Glagolev († 1972), e della comunità cristiana raccolta attorno a loro, la relazione si propone di approfondire la comprensione che gli stessi martiri avevano del proprio cammino come itinerario di amore e comunione. “La cosa più importante nel martirio non è il sangue, ma l’amore immutato e immutabile” (metropolita Anthony Bloom). Senza l’amore, la testimonianza alla verità viene meno. Il criterio della verità è la “legge dell’amore”.

LIDYA GOLOVKOVA

Leggi tutto: LIDYA GOLOVKOVALidya Golovkova, grafico per formazione, ha lavorato come artista fino all’inizio degli anni ’90. Dal 1994 insegna presso il Dipartimento di storia contemporanea della Chiesa ortodossa russa presso l’Università ortodossa San Tichon di Mosca. Il suo campo di ricerca comprende i martiri e i confessori della Chiesa ortodossa russa del xx secolo, la repressione e gli organi repressivi, la storia delle prigioni e dei lager in Urss. Ha condotto in particolare ricerche sugli incartamenti processuali a carico dei condannati per motivi religiosi, e sui luoghi di fucilazioni di massa (il poligono di Butovo, la “Kommunarka” e altri). È stata tra le curatrici dei volumi pubblicati dall’Università San Tichon: L’istruttoria del patriarca Tichon; il dizionario enciclopedico Coloro che hanno sofferto per CristoSanti nuovi martiri e confessori in Kazachstan. È stata insignita dell’Ordine della santa principessa Olga pari agli apostoli di III grado e della medaglia del santo e pio principe Daniil di Mosca.


La testimonianza di amore e misericordia della granduchessa Elisabetta Fedorovna

La relazione prende in esame la figura umana e spirituale della granduchessa Elisabetta Fedorovna (nata Elisabeth Alexandra Luise Alice di Assia-Darmstadt nel 1864). Sposa del gran principe Sergej Aleksandrovič Romanov, dopo la morte del marito in un attentato, decide di abbracciare la vita religiosa e fonda la comunità monastica di Marta e Maria, in cui le monache univano la cura della vita spirituale a una diaconia ai bisognosi, in particolare i malati. Dopo la rivoluzione, Elisabetta fu arrestata e giustiziata con la monaca Barbara il 18 luglio 1918, nella regione di Perm’. Nel 1992 il concilio dei vescovi della Chiesa ortodossa russa la incluse nel novero dei neomartiri e confessori russi.

+ JOHN STROYAN DI WARWICK

Leggi tutto: + JOHN STROYAN DI WARWICK

Il vescovo John fu introdotto per la prima volta alle ricchezze dell’ortodossia nel 1982, quando studiava all’Istituto Ecumenico di Bossey, dove, sotto la lente dell’icona dell’Ospitalità di Rublev, la Santa Trinità, studiò la nozione di perichoresis nella tradizione ortodossa sotto la guida qui quello che è ora il Patriarca di Romania, Daniel. Da allora, ha scritto contributi sull’Esichia nella tradizione ortodossa e sulla Teologia dell’iconografia. Negli ultimi 25 anni, è stato un amico e un visitatore regolare del Santo monastero di san Giovanni Battista a Essex ed è stato molto arricchito dalle vite e gli scritti di san Silvano dell’Athos e del suo discepolo fr. Sofronio, fondatore del monastero. Ha visitato molteplici monasteri sulla Santa montagna, come Vatopedi, Karakalou e quello di san Paolo, oltre alla skite Prodromou. I suoi studi sulla Preghiera di Gesù l’hanno condotto anche ai santi monasteri della Moldavia e al lavoro di divulgazione della Preghiera di Gesù condotto da Paisius Velichkovski nel XVIII secolo.

Dal 2006 è stato membro della Commissione Teologica Internazionale di dialogo anglo-ortodosso. In questo contesto, ha contribuito ai documenti su Conversione e santità e su Sacrificio, salvezza e comunità, fino alla pubblicazione del recente rapporto della Commissione A immagine e somiglianza di Dio: un’antropologia piena di speranza. In qualità di membro della commissione, è stato molto arricchito dall’aver conosciuto personalmente la Chiesa ortodossa a Creta, in Albania e in Serbia. Ha passato del tempo anche in Russia, dove ha visitato il Patriarcato e dei monasteri russi.

Ha visitato regolarmente la Terra santa, instaurando relazioni con le Chiese orientali e ortodosse laggiù. Nel 2007 ha visitato la Siria come rappresentante dell’Arcivescovo di Canterbury, passando del tempo a Damasco, Aleppo e Hasakeh, incontrandovi leader cristiani e di altre fedi.


Martirio e comunione nel XX secolo dalla prospettiva della chiesa d’Inghilterra

In questa relazione l’autore, riferendosi a parole e vicende di martiri e testimoni del XX secolo, senza limiti di nazionalità o confessione (ortodossi, cattolici, anglicani e protestanti), fa emergere tre dimensioni caratteristiche del martirio cristiano dalla prospettiva del tema “martirio e comunione”. La prima è il martirio come necessariamente derivante dalla comunione con Dio in Cristo: il martire è uno nel quale vive Cristo. La seconda, il martirio come manifestazione di appartenenza al Corpo di Cristo, un corpo che comprende e trascende ogni identità etnica e culturale: quando uno soffre, tutti soffrono. La terza, il martirio cristiano come una manifestazione dell’amore di Dio per tutti; e questo include coloro che si trovano fuori della chiesa visibile e perfino (e forse in maniera speciale) i nemici. Il martirio cristiano rivela l’amore di Dio per tutti, un amore che supera ogni umana frontiera, oltrepassando tutte le appartenenze nazionalistiche e tribali: ogni essere umano è creato a immagine di Dio, ogni essere umano è “un fratello o una sorella in umanità”, ogni fratello o sorella è qualcuno per cui Cristo è morto.