Chiesa straniera

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"Stranieri e pellegrini” (Prima Lettera di Pietro 2,11): così il Nuovo Testamento definisce i cristiani. Possiamo tranquillamente affermare che questo principio ispiratore dello stare dei cristiani nel mondo e nella storia è stato dimenticato nei secoli della cristianità, intesa come “istituzionalizzazione della simbiosi tra la fede cristiana e una cultura determinata...

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Il viaggio più radicale

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La storia racconta di un viaggio da Gerusalemme a Gerico ... Il termine che Luca  usa per “viaggio” è lo stesso termine che usa per indicare la fede cristiana, la “via”. La parabola è un viaggio che trasforma la nostra comprensione di Dio e dell’umanità. il dottore della legge chiede: “Chi è il mio prossimo?”. Alla fine della storia Gesù gli pone una domanda diversa...

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Il pellegrinaggio interiore

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La vita interiore è un’esigenza dell’uomo. Potremmo dire che è una chiamata, un appello … Non si tratta tanto di una voce che venga dal di fuori, ma da un’istanza interiore, di un’esigenza interiore e intima … La vita interiore è il compito di chi si assume la propria identità e verità come mandato da adempiere con responsabilità...

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Si viaggia alla ricerca di se stessi

Si decide il viaggio per cambiare se stessi, alla ricerca di una nuova identità, quanto meno, per conoscersi meglio, più a fondo, in un contesto più leggero, meno inibente. Si viaggia, in una parola, alla ricerca di se stessi, ma poi, giunti alla meta, si trova che la propria anima è cambiata … A un certo punto il dolore, la dissonanza fra individuo e società, fra famiglia e lavoro, non è più sopportabile. Decido: mi alzo; esco; parto, partiamo … Si parte, anche senza saperlo, per trovare qualche cosa che si è perduto, un bene andato smarrito, ma non si trova la cosa desiderata, il valore sognato. Se ne trova un altro. Ma non si sa ancora che cosa sia, che cosa comporti. Di fatto, si parte alla ricerca della propria identità smarrita o debole o confusa, ma nel corso del viaggio l’identità che si va cercando cambia, inevitabilmente, si fanno nuovi incontri, e alla fine del viaggio ci si ritrova con una nuova, inedita, inaspettata identità. Uno parte alla ricerca di se stesso e finisce per ritrovare un altro che non gli somiglia, un sé sconosciuto, un intruso. Talvolta, basta un incontro in treno, un caffè preso insieme per caso, un amorazzo apparentemente insignificante, e la vita è cambiata. Il viaggio decongela l’identità, la rende mobile, itinerante, problematica. In questo senso, il viaggio … ha un effetto di deritualizzazione dell’esperienza personale, che può, al limite, intaccare i modi consueti dell’esperienza psichica e religiosa, provocarne un riorientamento profondo (Franco Ferrarotti, Partire, tornare. Viaggiatori e pellegrini alla fine del millennio, Donzelli, Roma 1999).

 

Vi sono partenze senza ritorno

Se per la Grecia la vocazione umana è quella di un “ritorno” verso l’io autentico, la Bibbia in generale e la figura di Abramo in particolare propongono un’immagine molto diversa della condizione umana: quella della “partenza senza ritorno”. La vera vita è oltre il mondo conosciuto e il prezzo dell’esistenza autentica è elevato perché comporta il rischio di perdere tutto senza sapere quello che potrà essere “trovato” al termine dell’avventura. Ulisse torna a casa sua e ritrova suo padre Laerte; Abramo abbandona suo padre , se ne allontana e definitivamente. Ulisse ritrova suo figlio Telemaco; Abramo è invitato a sacrificare suo figlio. Ulisse ritorna a liberare la fedele Penelope dai pretendenti che vogliono sposarla; Abramo se ne va verso una destinazione sconosciuta con una sposa sterile, che non gli ha assicurato una discendenza. All’“odissea” di Ulisse si contrappone l’“esodo” di Abramo: “Io sono il Signore che ti ho fatto uscire da Ur dei Caldei per darti in possesso questo paese” (Genesi 15,7). Ulisse trova la sua identità nel mondo del 2prprio”, mentre Abramo va a cercarla “altrove”, nell’universo dell’“altro”. Non bisogna però spingere troppo oltre la contrapposizione. Da una parte e dall’altra, in realtà, l’avventura umana è un lungo itinerario. L’importante è mettersi in cammino. Ulisse e Abramo ne hanno fatto esperienza ognuno a odo suo. Ma il fatto che Abramo parte per non tornare più, permette anche di toccare con mano la singolarità delle fede biblica, e non bisogna quindi stupirsi che tale singolarità appaia già come una delle caratteristiche principali del “padre dei credenti” (Jean-Louis Ska, Abramo e i suoi ospiti. Il patriarca e i credenti nel Dio unico, EDB, Bologna 2002).

 

Partire è affrontare il rischio

“Lasciare” implica un “partire da”, ma anche un “andare verso”. Dio invita Abramo a dirigersi “verso al terra che io ti farò vedere”. L’oscurità della destinazione contrasta con la chiarezza di ciò che Abramo deve abbandonare. Il paese non è nemmeno nominato; non è dunque faciel sapere quale strada prendere per recarvisi. Ogni chiamata a una nuova missione implica il lasciare dietro di sé ciò che è conosciuto, la propria sicurezza, per addentrarsi nell’ignoto e affrontare il rischio (Walter Vogels, Abraham. L’inizio della fede, San Paolo, Milano 1999).