Vegliare per discernere

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30 novembre 2025

I Domenica di Avvento
Matteo 24,37-44 (Is 2,1-5– Rm 13,11-14a)
di fratel Guido Dotti

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 37«Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell'uomo. 38Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell'arca, 39e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell'uomo. 40Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l'altro lasciato. 41Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l'altra lasciata. 42Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. 43Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. 44Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell'ora che non immaginate, viene il Figlio dell'uomo».


All’inizio di ogni nuovo anno liturgico, è l’Avvento a riproporre la feconda tensione tra tempo ciclico e tempo lineare: l’alternarsi delle stagioni e lo scorrere dei mesi fa intrecciare le nostre vicende umane con il kairos – il tempo propizio – di Dio e le orienta in senso escatologico. Un tempo favorevole per discernere chi è l’Atteso, mettendoci faccia a faccia, qui e ora, con l’evento decisivo nella storia: nostra, dell’umanità, del creato intero. Da un lato iniziamo a ripercorrere il cammino di Gesù nella storia, dall’altro ci predisponiamo a incamminarci noi verso il compimento della storia. Avvento di Gesù nella carne e sua venuta nella gloria sono raccolti in un flusso di letture che scorre in senso cronologicamente inverso fino alla nascita a Betlemme Gesù, chiamato Cristo, figlio, come si riteneva, di Giuseppe e nato dalla vergine Maria sua sposa (cf. Mt 1,16 e Lc 3,23). Si inizia quindi con l’invito a vegliare nell’attesa della venuta del Figlio dell’uomo in un giorno e in un’ora che nessuno conosce (il brano di questa prima domenica: Mt 24,37-44), si ascolta poi (II domenica) l’appello alla conversione lanciato dal Battista – “Fate un frutto degno della conversione” (Mt 3,8), per poi connettere l’opera di Gesù con le attese profetiche (III domenica: Mt 11,2-11) e infine tentare di rileggere assieme a Giuseppe cosa sta trasformando la vicenda di una giovane coppia in evento cruciale della storia (IV domenica): “Mentre [Giuseppe] stava considerando tutte queste cose, ecco gli apparve in sogno un angelo del Signore” (Mt 1,20).

Dal canto loro, le letture dell’Antico Testamento, tutte tratte dal libro del profeta Isaia, ci invitano a riconoscere i “segni” che contraddistinguono l’Atteso di Israele e delle genti, a cominciare dalle armi da guerra mutate in strumenti di lavoro e dalle fine di ogni addestramento militare alla luce di un cammino condiviso sulle vie della giustizia: “Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci … non impareranno più a fare la guerra” (Is 2,1-5).

Questa stagione di grazia si apre svelandoci la nostra condizione umana e cristiana fatta di ignoranza e di consapevolezza. Non sappiamo e non sapremo mai il giorno e l’ora in cui il Signore nostro viene. Eppure gli scritti del Nuovo Testamento insistono nel dirci che il cristiano è persona che sa, conosce: sa in chi ha riposto la propria fede, conosce il Signore Gesù e la potenza della sua risurrezione (Fil 3,8-10), non dimora nell’ignoranza come coloro che non hanno speranza (1Ts 4,13), a lui, “piccolo” amato dal Signore, sono svelate le cose nascoste ai sapienti e agli intellettuali (cf. Mt 11,25). Ciò nondimeno, non sappiamo in quale giorno il Signore viene! Sappiamo che viene perché è venuto e quindi verrà: questo è quello che ci ripete ogni anno il tempo dell’Avvento che ci prepara al ritorno di Cristo, predisponendoci a celebrarne la prima venuta nella carne; ma non sappiamo né il quando né il come del suo ritorno nella gloria.

Vegliare, allora, significa tener desti il cuore e la mente per discernere che l’imminenza del ritorno del Signore è intrinseca proprio al suo essere “Signore” del mondo e della storia. Noi preferiamo cullarci nello stordimento di chi non attende più nulla, di chi ha perso ogni speranza, oppure ci affanniamo a cercare in aspetti estranei all’identità del Signore i segni premonitori della sua venuta. No, il ritorno del Signore è alle porte non per un cronologico evolversi delle vicende umane, ma per un motivo profondamente legato al suo essere Signore: Cristo viene perché è amore. Dio ha creato il mondo per una sovrabbondanza di amore, “Dio ha tanto amato il mondo da mandare il suo unico Figlio” (Gv 3,16), Dio ama talmente la sua creatura da non poter restare lontano neppure per un istante. Questo è quanto sappiamo del Signore, su questa verità dobbiamo vigilare, a questa speranza dobbiamo ritornare ogni giorno, in questo amore dobbiamo dimorare.

Sì, l’Avvento è consapevolezza dell’Amore che viene, è vigilanza per discernerlo all’opera nel quotidiano: di giorno come di notte, nei campi come al mulino, nell’altro che ci è accanto come in quello che ci è sottratto. L’Avvento è attesa vigilante, un’attesa che non conosce quando sarà colmata ma che sa bene fin d’ora chi la colmerà: il cristiano attende l’amore che lo ha preceduto, attende l’amore che lo accompagna, attende l’amore che lo attende. Il Signore viene, irrompe nelle nostre vite come un ladro, e come un ladro porta via con sé ciò che abbiamo di più caro. Se vegliamo a non avere nulla di più caro dell’amore di Cristo, anche noi saremo rapiti per essere sempre con il Signore.

Vegliare e pregare significa essenzialmente questo: considerare il nostro tempo come l’ora propizia per vivere la carità, compimento della Legge, amore che non avrà mai fine.


Ryan Gander

Ryan Waiting, 2024

Intelligenza artificiale di simulazione di realtà virtuale, monitor, visore VR

Dimensioni variabili

Cosa significa attendere? Ryan Gander interrogandosi su questo tema ha affidato questa riflessione alla tecnologia. Utilizzando una intelligenza artificiale, si è riprodotto in una realtà virtuale in cui il suo avatar è sospeso in uno spazio sconfinato. L’attesa per lui non è un tempo sprecato, ma un tempo ricco di opportunità. Il fruitore di questa opera può decidere di entrarci attraverso un visore oppure guardando attraverso degli schermi che riproducono in tempo reale il comportamento del Ryan digitale. Gander in un intervista su questo lavoro ha affermato che anche se l’avatar non si relaziona con lo spettatore in realtà cerca la cosa che in questo momento storico continuiamo a cercare con tutti i mezzi a nostra disposizione: attenzione. L’opera è stata ideata per durare cento anni, Gander non sa quale tecnologia continuerà a far vivere il suo alter ego digitale, ma sa che continuerà ad aspettare e questa attesa sarà un tempo per se stesso, per riflettere su se stesso, in uno spazio sospeso, in un tempo sospeso, ma non per questo privo di senso.