Entrare e uscire dal sepolcro

Photo by Juli Kosolapova on Unsplash
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4 aprile 2021

Marco 16,1-8
Pasqua di Resurrezione
di Luciano Manicardi

1 Passato il sabato, Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e Salome comprarono oli aromatici per andare a ungerlo. 2Di buon mattino, il primo giorno della settimana, vennero al sepolcro al levare del sole. 3Dicevano tra loro: «Chi ci farà rotolare via la pietra dall'ingresso del sepolcro?». 4Alzando lo sguardo, osservarono che la pietra era già stata fatta rotolare, benché fosse molto grande. 5Entrate nel sepolcro, videro un giovane, seduto sulla destra, vestito d'una veste bianca, ed ebbero paura. 6Ma egli disse loro: «Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui. Ecco il luogo dove l'avevano posto. 7Ma andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro: «Egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto»». 8Esse uscirono e fuggirono via dal sepolcro, perché erano piene di spavento e di stupore. E non dissero niente a nessuno, perché erano impaurite.


In questa veglia, noi celebriamo la pasqua del Signore. Celebriamo il compimento messianico ed escatologico dell’esodo: infatti, l’uscita dalla tomba, dal luogo di morte, dal sepolcro, da parte di Gesù è compimento e pienezza dell’uscita di Israele dalla casa di schiavitù. Noi accediamo così al nucleo centrale e fondante della nostra fede, da dove scaturisce la nostra speranza anche davanti alla morte, da dove nasce il nostro amore anche di fronte all’odio e all’inimicizia, da dove parte il nostro credere l’impossibile, l’incredibile. E se celebriamo la vita che ha vinto la morte, se affermiamo la vita sgorgata dal sepolcro, se contempliamo il Cristo risorto da morte, se cantiamo che le porte e i chiavistelli degli inferi sono stati spezzati, se ascoltiamo dai vangeli che la tomba è vuota e i suoi discepoli sono inviati in Galilea, anche noi siamo chiamati a ripetere l’itinerario delle donne di cui ci parla il vangelo secondo Marco: entrare nel sepolcro dove era Gesù e uscire dal sepolcro. La resurrezione di Gesù chiede a noi di partecipare, per fede, al suo cammino, per essere trasformati dalle energie della resurrezione. E noi seguiamo il cammino delle donne che si recano al sepolcro dove è stato deposto Gesù nel racconto secondo Marco. E che vi si recano riconoscendo l’impossibile a cui sono poste di fronte.

È infatti con una domanda che dice la loro impossibilità di accedere al sepolcro, che le donne si avviano verso il luogo dove Gesù è stato sepolto: “Chi ci farà rotolare via la pietra dall’ingresso del sepolcro?” (Mc 16,3). Non si chiedono “Come la potremo rotolare via?”, perché sanno bene che per loro è impossibile, non ne hanno modo. E vanno con aromi per ungere il cadavere di Gesù, forse per rallentare il processo di decomposizione, certamente per conservarlo nella morte. Ma perché vanno se sono coscienti che non potranno mai aprirsi la via verso il corpo di Gesù? E ancora: è sensato andare a ungere un corpo cadaverico coperto di piaghe a cui, dopo un’intera giornata, è ormai appiccicato il sudario che lo avvolgeva? Perché vanno? L’evangelista non ce lo dice, ma è significativo che queste donne questo perché non se lo pongono. Vanno, seguendo intuito, amore, desiderio di compiere un’ultima azione bella per il corpo del loro maestro, vanno non dandola vinta alle ragioni che sconsigliano quell’andata che sembra ormai inutile, vana, impossibile. Eppure queste ragioni loro le hanno presenti e divengono nel loro cuore dubbi, domande senza risposta, perplessità, incertezza. Eppure vanno, vanno guidate interiormente da ciò che avevano visto quando erano state “ad osservare dove veniva posto” (Mc 15,47) il cadavere di Gesù. Vanno per colmare quella distanza finora attraversata solamente dallo sguardo, vanno per toccare quel corpo di cui restava in loro solo l’immagine visiva. Vanno, annota con precisione, quasi con pedanteria, Marco, una volta passato il sabato, il primo giorno della settimana, al mattino presto, al sorgere del sole. Annotazioni che ci proiettano nella più ordinaria quotidianità. Marco annota il ripetitivo passare dei giorni, lo scorrere del tempo, ricorda il rispetto doveroso e consueto del riposo in giorno di sabato, riferisce il quotidiano nascere di un nuovo giorno, insomma, inserisce ciò che sta avvenendo nel quadro della più ordinaria normalità. Nulla rende diverso questo giorno da infiniti altri giorni. Il levarsi del sole, che pure è segno di un nuovo inizio, è simile al levarsi del

sole in tanti altri giorni. Anzi, il sole si era già levato, orto iam sole: pur andando di buon mattino, le donne sono precedute dal sole. Forse abbiamo qui la prima sorpresa che incontreranno le donne in questa mattina ordinaria che si rivelerà straordinaria. Volevano precedere l’aurora, ma sono state precedute dal sole. Vanno chiedendosi chi mai aprirà per loro l’accesso al sepolcro, ed ecco che, alzato lo sguardo, vedono che la pietra è già stata rotolata via. Anche qui esse sono precedute. Da chi? Il passivo divino suggerisce l’azione dall’alto. Abbiamo qui qualcosa di analogo a quanto avvenuto alla trasfigurazione, quando le vesti di Gesù sono divenute “risplendenti, bianchissime”, al punto che, annota Marco, “nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche” (Mc 9,3). Dove il riferimento è al fatto che quel biancore non nasce dal basso, dalla terra, non è opera umana, ma divina. Precedute dal sole già sorto, sorprese dalla pietra già rotolata via dall’ingresso del sepolcro, ecco che esse entrano nel sepolcro e sono ancora una volta sorprese. L’inatteso si rende loro presente. Cercano un morto, trovano un vivo. Si aspettano di trovare un cadavere adagiato, trovano uno seduto. Cercano Gesù avvolto in un lenzuolo, trovano un giovane vestito di una veste bianca. Tutte le loro attese sono sparigliate, smantellate, spiazzate. Devono accedere a una nuova comprensione della realtà. Una nuova comprensione che significa un nuovo sguardo sulla realtà stessa. Ecco che entriamo in ciò che possiamo chiamare, con molta prudenza, un momento di esperienza di resurrezione. Marco, e solo lui, annota che le donne “alzando lo sguardo” (Mc 16,4), videro l’azione di Dio nella e sulla realtà. Vedono la pietra rotolata via, vedono il giovane seduto alla destra e ne ascoltano l’annuncio. Comincia ad avvenire la loro trasformazione. Una trasformazione che passa attraverso il loro entrare nel sepolcro, nel luogo della morte, della sepoltura, e attraverso il loro uscire dal sepolcro, in un movimento che è sequela del cammino di Gesù, partecipazione a ciò che lui ha vissuto. Marco annota con precisione l’entrare (Mc 16,5: introeuntes) e poi l’uscire (Mc 16,8: exeuntes) delle donne dal sepolcro. Simbolicamente vi è già il senso dell’immersione battesimale, del morire con Cristo per rivivere con lui, da conrisorti. Vi è già, abbozzato nel movimento di ingresso e uscita dal sepolcro, l’essenziale del cammino del battezzato, dunque del discepolo.

Entrate nel sepolcro, le sorprese non finiscono per le donne. Il giovane parla loro e fa risuonare la parola nel luogo del silenzio. Il loro spavento, il loro sconcerto, è più che comprensibile. Esse si trovano lette nel profondo, nella loro ricerca di un morto, del crocifisso, nel loro aver voluto visitare il luogo materiale della sua sepoltura, certe di trovarlo ancora lì. Sono svelate nel loro essere ancora nello spazio della morte. Ma incontrano la parola che delude e disloca la loro attesa: “Non è qui”. Il luogo dove era stato posto il cadavere viene indicato. È vuoto. E il giovane mette in moto le donne invitandole ad andare dai discepoli e dire loro che vadano in Galilea. “Là lo vedrete, come vi ha detto” (Mc 16,7). E ciò che il giovane chiede alle donne di andare a dire ai discepoli è ciò che Gesù ha già detto loro: “Dopo che sarò risorto vi precederò in Galilea” (Mc 14,28). Dov’è il luogo del Risorto? Ormai il Risorto è qualcuno che va visto e incontrato in legame con le parole che ha pronunciato e che vanno accolte nella fede. “Là lo vedrete, come vi ha detto” (Mc 16,7). Quel come vi ha detto rinvia alle parole dette da Gesù, al suo annuncio, al suo vangelo, alla sua persona che è il vangelo, alla sua persona che, direbbe il IV vangelo, è la Parola fatta carne, è la verità, la rivelazione di Dio. La Parola è il luogo. Dalla tomba, luogo di silenzio e di morte, si passa così alla Parola, luogo di vita e di relazione. E se le donne, uscite dal sepolcro, non dicono niente a nessuno e fuggono prese da timore, in realtà esse non fanno che cedere il passo ai cristiani, che dare la parola ai battezzati, che invitare coloro che proprio nella notte pasquale conoscevano l’iniziazione battesimale con l’immersione nella morte di Cristo per vivere la vita nuova in Cristo, a dare loro l’annuncio. L’annuncio pasquale. L’annuncio che proclama che l’impossibile è divenuto realtà. L’annuncio: “Non è qui, è risorto”. L’annuncio: “Il Signore è risorto, è veramente risorto”.