L’evangelista Luca, il “toro”
18 ottobre 2025
Dal Vangelo secondo Luca - Lc 1,1-4 (Lezionario di Bose)
1Poiché molti hanno cercato di raccontare con ordine gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi, 2come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni oculari fin da principio e divennero ministri della Parola, 3così anch'io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi, e di scriverne un resoconto ordinato per te, illustre Teòfilo, 4in modo che tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto.
Impossibile fare la biografia dell’evangelista Luca del quale oggi celebriamo la memoria, perché l’unica cosa che si sappia di lui è che ha scritto l’evangelo che è stato messo sotto il suo nome e gli Atti degli apostoli, secondo libro della sua opera. Tutto il resto è tradizione, non trascurabile certo, ma non verificabile storicamente.
Fin dall’antichità gli si è attribuito il simbolo del toro tratto dall’Apocalisse, dove si dice che davanti al trono di Dio stanno quattro viventi che cantano senza sosta le lodi del Signore: “Il primo vivente era simile a un leone; il secondo vivente era simile a un vitello; il terzo vivente aveva l’aspetto come di uomo; il quarto vivente era simile a un’aquila che vola” (Ap 4,7). Fu Ireneo di Lione ad intravedere, già nel II secolo, in questi “viventi” i quattro evangelisti, tradizione che sarà ripresa in tutti gli ambienti cristiani. Se Marco poteva facilmente essere paragonato a un leone ruggente, Matteo a un essere umano e Giovanni all’aquila che sorvola le vette teologiche, rimaneva solo il vitello o il toro, un animale sacrificale, per Luca. Ireneo li avvicina l’uno all’altro perché l’evangelo secondo Luca inizia nel tempio di Gerusalemme con l’offerta dell’incenso, liturgia celebrata dal sacerdote Zaccaria.
Ma l’immagine del toro può corrispondere a Luca per altri aspetti, fra i quali uno messo in evidenza dal prologo che meditiamo oggi. Quando un toro ha fissato un punto da raggiungere, vi si lancia sopra con determinazione; così pure l’evangelo lucano ha uno scopo solo: permettere a Teofilo di rendersi conto della solidità degli insegnamenti che ha ricevuto. E lo fa narrando la corsa della Parola di Dio che, scesa sulla terra nella persona di Gesù, la percorre in un lungo viaggio che dalla Galilea la conduce su di una croce a Gerusalemme. Ma, poiché il Vivente non sta tra i morti (cf. Luca 24,5), essa si rialza, oltrepassa le frontiere d’Israele, per raggiungere i confini della terra: Roma… ma anche, e soprattutto, il cuore di Teofilo e, tramite lui (theofilos significa “amico di Dio”), ciascuno di noi.
Sì, siamo noi quel “bersaglio” sul quale si lancia la gioiosa notizia per diventare benedizione del Signore, benedizione che Zaccaria, padre di Giovanni Battista, avrebbe dovuto pronunciare sul popolo all’inizio dell’evangelo (cf. Lc 1,22) ma che, in realtà, fu pronunciata, sul mondo intero, da Gesù quando ascese in cielo, sotto gli sguardi dei suoi discepoli (cf. Lc 24,21).
Per questo Luca ha fatto ricerche accurate. Ma per questo anche noi abbiamo da fare un lavoro in profondità: anzitutto sul testo biblico per gustarne le varie sfumature che sono i diversi aspetti della salvezza alla quale Dio ci invita. Poi lavoro anche su noi stessi perché non crediamo di conoscere l’evangelo dopo averlo letto una o due volte; gli evangeli, come tutta la Scrittura, possono essere letti e riletti infinite volte, fare l’oggetto di una lettura infinita, e sempre ci annunciano qualcosa della costante novità che è il nostro Dio.
fratel Daniel