Il signore del sabato
6 settembre 2025
Dal Vangelo secondo Luca - Lc 6,1-5 (Lezionario di Bose)
1Un sabato Gesù passava fra campi di grano e i suoi discepoli coglievano e mangiavano le spighe, sfregandole con le mani. 2Alcuni farisei dissero: «Perché fate in giorno di sabato quello che non è lecito?». 3Gesù rispose loro: «Non avete letto quello che fece Davide, quando lui e i suoi compagni ebbero fame? 4Come entrò nella casa di Dio, prese i pani dell'offerta, ne mangiò e ne diede ai suoi compagni, sebbene non sia lecito mangiarli se non ai soli sacerdoti?». 5E diceva loro: «Il Figlio dell'uomo è signore del sabato».
Ecco un testo in cui i farisei sembrano particolarmente meschini. È quindi facile fare velocemente il salto e proclamare fieramente che grazie a Dio Gesù ci ha liberati da tutte queste sottigliezze per offrirci la gloriosa libertà dei figli di Dio.
Le cose però non sono così semplici. Lo attesta tutta la storia della chiesa, anzi delle chiese che, in fatto di sottigliezze e di meschinerie, non hanno nulla da invidiare ai farisei del tempo di Luca, i quali erano, in realtà, molto diversi da quelli del tempo di Gesù.
Allora erano un movimento diffuso su tutto il territorio di Israele, ma senza reale potere politico, anzi piuttosto in opposizione rispetto alla classe dirigente formata dai sacerdoti e dai sadducei. Erano amati e rispettati dal popolo perché avevano “democratizzato” la pratica religiosa grazie all’istituzione delle sinagoghe, vere scuole di vita giudaica dove si imparava a leggere, a interpretare le Scritture e a viverne, nonché luogo popolare di preghiera.
La religione “ufficiale” invece era tutta centrata sul tempio di Gerusalemme e sui sacrifici offerti, per il popolo, dai sacerdoti. Senza disprezzare quest’ultima, i farisei avevano tuttavia capito che più importanti degli olocausti e dei sacrifici erano la giustizia, l’amore e la conoscenza di Dio (cf. Os 6,6), opinione condivisa d’altronde da Gesù stesso: “Andate a imparare che cosa vuol dire: ‘Misericordia io voglio e non sacrifici’” (Mt 9,13).
Al tempo di Luca, le cose erano cambiate: il tempio non c’era più e i sadducei come i sacerdoti avevano perso molto della loro importanza; ormai erano i farisei a determinare la vita religiosa. Ora, poiché il giudaismo è uno stile di vita piuttosto che una religione, un fare più di un credere, una casistica sempre più precisa stava sostituendo le prescrizioni sacrificali del tempo in cui c’era il tempio.
Tale progressiva istituzionalizzazione minaccia ogni movimento religioso: non risparmia neanche la chiesa di Gesù Cristo, non solo in sé ma anche nella sua diversità confessionale, come mostrano i diversi dialoghi ecumenici in corso i quali inciampano tutti su questioni che raramente interessano ancora i cristiani e la loro vita concreta.
Minaccia pure le singole comunità religiose (monasteri compresi) e addirittura ciascuno e ciascuna di noi: è così facile vedere le mancanze, le dimenticanze, le deviazioni e le trasgressioni delle regole, volute o no, commesse dagli altri!
È allora provvidenziale e fondamentale la risposta che Gesù offre nel testo odierno alle critiche dei farisei. Ci ricorda che più importante di tutte le prescrizioni morali, teologiche, dogmatiche, liturgiche, più importante persino delle venerabili tradizioni – anche quelle di istituzione divina – rimane la signoria di Dio sulla nostra vita quotidiana, signoria illustrata dal Figlio dell’uomo, Gesù, e fatta di amore per noi e la nostra vita, e di misericordia, perché come scrisse l’apostolo: “Il regno di Dio … è giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo” (Rm 14,17).
fratel Daniel