Come bambini

Giovanni Frangi
Giovanni Frangi

18 agosto 2025

Dal Vangelo secondo Matteo - Mt 18,1-10 (Lezionario di Bose)

1 In quel momento i discepoli si avvicinarono a Gesù dicendo: «Chi dunque è più grande nel regno dei cieli?». 2Allora chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro 3e disse: «In verità io vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. 4Perciò chiunque si farà piccolo come questo bambino, costui è il più grande nel regno dei cieli. 5E chi accoglierà un solo bambino come questo nel mio nome, accoglie me.
6Chi invece scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, gli conviene che gli venga appesa al collo una macina da mulino e sia gettato nel profondo del mare. 7Guai al mondo per gli scandali! È inevitabile che vengano scandali, ma guai all'uomo a causa del quale viene lo scandalo!
8Se la tua mano o il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo e gettalo via da te. È meglio per te entrare nella vita monco o zoppo, anziché con due mani o due piedi essere gettato nel fuoco eterno. 9E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, cavalo e gettalo via da te. È meglio per te entrare nella vita con un occhio solo, anziché con due occhi essere gettato nella Geènna del fuoco.
10Guardate di non disprezzare uno solo di questi piccoli, perché io vi dico che i loro angeli nei cieli vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli. [


Giunto a Cafarnao (cf. Mt 17,24), Gesù è stimolato da una domanda dei discepoli a parlare della loro vita nel regno di Dio. Una domanda posta male, a partire da una logica diametralmente opposta alla logica di quel regno di cui vorrebbero sapere di più, e di cui forse già si sentono troppo facilmente appartenenti. Le loro parole rivelano il loro cuore: un cuore ancora troppo pieno del loro “io” e ancora troppo poco vuoto e disponibile all’accoglienza del dono di Dio. Un cuore ancora lontano dal cuore di Dio. “Chi è più grande nel regno dei cieli?”: una domanda a cui Gesù significativamente non risponde, perché il loro cuore deve ancora accedere a quella modalità di vita che l’immagine del regno dei cieli rappresenta. In altre parole: prima di misurare la qualità della vostra appartenenza al Regno, assicuratevi di esservi entrati!

E qual è la porta di accesso al regno dei cieli? La conversione verso la piccolezza, la docilità, la semplicità, nelle parole di Gesù riassunte nella figura del bambino: “Se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli” (v. 3). La trasformazione interiore verso l’abbassamento è il movimento essenziale e discriminante, senza la quale non è immaginabile alcuna appartenenza alla vita secondo Dio. 

Si tratta di una rinascita interiore, che dall’autosufficienza propria dell’adultità fa rinascere all’affidamento proprio dell’infanzia. Come Gesù aveva detto a Nicodemo, infatti, “se uno non nasce dall'alto, non può vedere il regno di Dio” (Gv 3,3).

Solo una volta convertiti a questa logica della docilità potremo misurare la nostra “dimensione”, ovvero la nostra qualità di appartenenza a Dio e al suo disegno di vita: “Chiunque si farà piccolo come questo bambino, costui è il più grande nel regno dei cieli” (v. 4). D’altronde Gesù aveva già insegnato ai suoi discepoli che il modo scelto da Dio per rivelare sé stesso all’uomo è la via della piccolezza: “Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza” (Mt 11,25-26).

E l’apice della benevolenza di Dio, la sua “volontà buona” per l’essere umano, è rivelata nella vita di Gesù, il Piccolo, l’Affidato alle mani del Padre. Come precisa l’evangelista Matteo nella seconda parte del nostro brano, accesso privilegiato al Regno è l’accoglienza di Gesù, che si realizza in ogni atto di accoglienza del piccolo, del minore, del semplice, ovvero di colui che pone la sua fiducia non in sé stesso ma nella benevolenza altrui, riflesso della benevolenza di Dio: “Chi accoglierà un solo bambino come questo nel mio nome, accoglie me” (v. 5). 

Per questo, conclude Gesù, è necessario un discernimento attentosu ciò che in noi si oppone a questa logica di semplicità, trasparenza e accoglienza. Come conseguenza di tale discernimento, per abbandonare tutto ciò è necessaria la pratica di un’ascesi determinata e radicale, che può costare anche sangue (cf. vv. 8-9). Per “entrare nella vita”, afferma qui Gesù con forza, quasi con violenza, occorre far morire, cioè “far uscire dalla vita”, ciò che in noi non è portatore di vita ma di morte. Occorre “tagliare e gettare via” per tornare a lasciarsi attrarre e guidare al Regno. 

Come bambini, nelle mani del Padre.

fratel Matteo