“Potete bere il calice che io sto per bere?”

Giovanni Frangi
Giovanni Frangi

25 luglio 2025

Dal Vangelo secondo Matteo - Mt 20,17-23 (Lezionario di Bose)

In quel tempo 17mentre saliva a Gerusalemme, Gesù prese in disparte i dodici discepoli e lungo il cammino disse loro: 18«Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell'uomo sarà consegnato ai capi dei sacerdoti e agli scribi; lo condanneranno a morte 19e lo consegneranno ai pagani perché venga deriso e flagellato e crocifisso, e il terzo giorno risorgerà».

 20Allora gli si avvicinò la madre dei figli di Zebedeo con i suoi figli e si prostrò per chiedergli qualcosa. 21Egli le disse: «Che cosa vuoi?». Gli rispose: «Di' che questi miei due figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno». 22Rispose Gesù: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?». Gli dicono: «Lo possiamo». 23Ed egli disse loro: «Il mio calice, lo berrete; però sedere alla mia destra e alla mia sinistra non sta a me concederlo: è per coloro per i quali il Padre mio lo ha preparato».


Giacomo, figlio di Zebedeo, del quale facciamo memoria oggi, è uno dei primi discepoli scelti da Gesù, insieme con Giovanni, suo fratello, e subito dopo Pietro e Andrea. Tutti e quattro erano pescatori, per cui la loro dimora era praticamente il lago di Tiberiade che gli evangelisti Marco e Matteo preferiscono chiamare “mare di Galilea”, cosa che permette di vedere nella loro chiamata una liberazione dalle potenze del male che in fondo al mare hanno il loro antro. Gesù li tira fuori dagli abissi per condurli sul monte (cf. Mc 3,13), luogo delle rivelazioni di Dio e della comunione con lui. E, di fatto, tre di loro, fra i quali anche Giacomo, saranno testimoni della trasfigurazione di Gesù (cf. Mt 17,1-2).

Il “privilegio degli inizi” caratterizza questi primi discepoli, ma ciascuno in modo particolare. Andrea è il “primo chiamato”, Pietro, il “corifeo degli apostoli”, Giovanni, il “discepolo amato” e Giacomo, il primo apostolo martire, poco dopo la morte di Gesù, anch’egli nella vicinanza di una festa di Pasqua: “In quel tempo, il re Erode cominciò a perseguitare alcuni membri della Chiesa. Fece uccidere di spada Giacomo, fratello di Giovanni” (At 12,1-2). 

Come gli era stato annunciato, ha bevuto il calice che anche Gesù ha bevuto, calice amaro della morte a causa dell’Evangelo, ma calice anche della comunione con il Signore. Questo calice, Giacomo – come suo fratello Giovanni – aveva dichiarato, forse un po’ frettolosamente, di essere pronto a berlo. Ciò era avvenuto quando, rispondendo alla loro domanda, trasmessa dalla madre, secondo Matteo, ma non secondo Marco (cf. Mc 10,35!), di poter sedere l’uno alla sua destra e l’altro alla sua sinistra, Gesù aveva dichiarato loro: “Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?”

La loro domanda si inscriveva nella logica del potere che desideravano condividere con il Signore nel suo regno. Senza rifiutare questa domanda, Gesù aveva allora semplicemente spiegato qual era il suo potere: un calice da bere. Cioè: prendere su di sé la conseguenza del peccato e delle rivolte umane, vale a dire morire per aprire agli esseri umani una speranza, un cammino di vita nuova. Per questo non loro, cioè né Giacomo né Giovanni, sederanno a destra e a sinistra di Gesù quando manifesterà il suo “potere”, ma due malfattori – che oggi chiameremmo terroristi –. Ciò avvenne sul Golgota. 

Poco dopo Giacomo non siederà accanto a Gesù, ma condividerà con lui la stessa violenta conseguenza dell’odio dei poteri religiosi e politici nei confronti della forza liberatrice dell’Evangelo, non però su una croce, ma, come Giovanni Battista, sotto la violenza del colpo di spada ordinato da Erode.

Il suo martirio e la sua memoria ci aiutino a non fare compromessi con il potere politico, qualunque esso sia. In questo l’Evangelo è chiaro, la scelta è tra Gesù e la mondanità, tra la compassione e il potere, tra Dio e la violenza: “Nessuno può servire due padroni… Non potete servire Dio e la ricchezza” (Matteo 6,24).

fratel Daniel