Il dono come testimonianza

Giovanni Frangi
Giovanni Frangi

27 giugno 2025

Matteo 8,1-4

In quel tempo, quando Gesù scese dal monte, molta folla lo seguiva, ed ecco un lebbroso che, avvicinandosi, gli si prostrava dicendo: “Signore, se vuoi, puoi purificarmi". Ed egli, stesa la mano, lo toccò dicendo: "Voglio: sii purificato!". E, immediatamente, fu purificato dalla sua lebbra. Allora Gesù gli dice: "Bada di non dire niente a nessuno; piuttosto, va' a mostrarti al sacerdote e offri il dono prescritto da Mosè, a testimonianza per loro".  (Testo Traduzione Letteraria Ecumenica TLE)


Gesù scende dal monte – il monte che da allora porta le beatitudini nel nome – seguito da una folla numerosa. L’uomo lebbroso – nessun essere umano può essere ridotto a un aggettivo, tanto meno quando questo aggettivo indica una malattia – infrange la regola e, anziché stare a distanza e proclamare ad alta voce la condizione che fa di lui un reietto, osa avvicinarsi a Gesù fino a prostrarsi e a rivolgergli la parola in un faccia a faccia audace e fiducioso. L’evangelista non nomina più la folla che seguiva Gesù: possiamo immaginare che – terrorizzata dalla paura di contaminarsi e ossessionata dall’osservanza della Legge – abbia fatto un balzo indietro come un sol uomo, minacciata da un uomo solo, e inerme. La persona lebbrosa invece mette in pratica quanto la folla aveva ascoltato: “Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto” (Mt 7,7).

Anche Gesù mette in pratica la parola che aveva appena annunciato: quell’uomo ha chiesto di essere purificato, ed è stato purificato; ha cercato il Signore e lo ha trovato; ha bussato al volere di Gesù e la porta della volontà di guarigione si è spalancata. Ecco “la Legge e i Profeti”!

Ma il breve racconto non finisce qui, né ci viene detto che l’uomo purificato si sia messo alla sequela di Gesù. No, deve prima mettere in pratica anch’egli una parola annunciata: “Tutto quello che volete che gli altri facciano a voi, fate anche voi a loro” (Mt 7,12). Aveva desiderato che Gesù lo purificasse e ora sta a lui purificare gli altri, la loro comprensione della Legge e dei Profeti. Gesù gli chiede di non dire nulla ma di agire, di comunicare attraverso i gesti, di fare dell’osservanza della Legge una testimonianza della libertà ritrovata: mettersi in cammino, mostrare al sacerdote i segni della guarigione e offrire un dono, come pre-scritto, cioè scritto in anticipo, perché ogni Legge che “lega” e sancisce delle chiusure contiene già in sé le indicazioni per sciogliere i legami e spezzare le catene. 

Ed è particolarmente eloquente il fatto che la “testimonianza per loro”, il segno credibile che l’uomo purificato può porre, è l’offerta del dono. Del resto l’esortazione di Gesù ai dodici – “In dono avete ricevuto, in dono date” – segue immediatamente proprio il mandato a sciogliere dalle catene della malattia e della morte: “Curate malati, risuscitate morti, purificate lebbrosi, scacciate demoni” (Mt 10,8). 

Sì, il dono offerto è la “testimonianza per loro”, così come il dono ricevuto è la testimonianza per noi. Di null’altro siamo testimoni se non di un dono incessantemente ricevuto e narrato.

fratel Guido