“Io sono”

immagine satellitare - Foto di USGS su Unsplash
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20 maggio 2025

Dal Vangelo secondo Giovanni - Gv 8,12-30

In quel tempo12Gesù parlò e disse: «Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita». 13Gli dissero allora i farisei: «Tu dai testimonianza di te stesso; la tua testimonianza non è vera». 14Gesù rispose loro: «Anche se io do testimonianza di me stesso, la mia testimonianza è vera, perché so da dove sono venuto e dove vado. Voi invece non sapete da dove vengo o dove vado. 15Voi giudicate secondo la carne; io non giudico nessuno. 16E anche se io giudico, il mio giudizio è vero, perché non sono solo, ma io e il Padre che mi ha mandato. 17E nella vostra Legge sta scritto che la testimonianza di due persone è vera. 18Sono io che do testimonianza di me stesso, e anche il Padre, che mi ha mandato, dà testimonianza di me». 19Gli dissero allora: «Dov'è tuo padre?». Rispose Gesù: «Voi non conoscete né me né il Padre mio; se conosceste me, conoscereste anche il Padre mio». 20Gesù pronunciò queste parole nel luogo del tesoro, mentre insegnava nel tempio. E nessuno lo arrestò, perché non era ancora venuta la sua ora. 21Di nuovo disse loro: «Io vado e voi mi cercherete, ma morirete nel vostro peccato. Dove vado io, voi non potete venire». 22Dicevano allora i Giudei: «Vuole forse uccidersi, dal momento che dice: «Dove vado io, voi non potete venire»?». 23E diceva loro: «Voi siete di quaggiù, io sono di lassù; voi siete di questo mondo, io non sono di questo mondo. 24Vi ho detto che morirete nei vostri peccati; se infatti non credete che Io Sono, morirete nei vostri peccati». 25Gli dissero allora: «Tu, chi sei?». Gesù disse loro: «Proprio ciò che io vi dico. 26Molte cose ho da dire di voi, e da giudicare; ma colui che mi ha mandato è veritiero, e le cose che ho udito da lui, le dico al mondo». 27Non capirono che egli parlava loro del Padre. 28Disse allora Gesù: «Quando avrete innalzato il Figlio dell'uomo, allora conoscerete che Io Sono e che non faccio nulla da me stesso, ma parlo come il Padre mi ha insegnato. 29Colui che mi ha mandato è con me: non mi ha lasciato solo, perché faccio sempre le cose che gli sono gradite».30A queste sue parole, molti credettero in lui.


Il capitolo 8 del vangelo di Giovanni raccoglie e presenta una serie di discussioni fra Gesù e i suoi oppositori: al centro il tema dell’identità di Gesù e la dinamica del credere o non credere. Nel testo di oggi emergono a più riprese le parole “Io sono”. Certo un modo attraverso cui Gesù si presenta e discute con i suoi interlocutori, ma allo stesso tempo un’espressione che rimanda al Nome che Dio rivela per la prima volta a Mosè dal roveto ardente (cf. Es 3,14), promettendo di essere una presenza reale, concreta, attiva e fedele nella storia del popolo di Israele.

Gesù cerca così di chiarire la sua identità, di collocarla nella storia di Israele e di suscitare una risposta, un riscontro in coloro che lo ascoltano. Spesso sorgono dialoghi polemici e regolarmente notiamo una divisione nell’uditorio fra coloro che accolgono, che “credono” e coloro che rifiutano, “non credono”. E in più le due categorie non sono mai nettamente distinte ed ermetiche, quasi a suggerire che il credere può contenere in sé incredulità e viceversa. E come gli interlocutori di quel tempo, anche noi che leggiamo siamo chiamati a prendere posizione e a calare quelle parole nella nostra quotidianità per capire se sono una energia vitale, una fonte di vita oppure sono causa di perplessità, di incertezza o addirittura provocano un rifiuto perché troppo distanti dalla nostra “idea” o immagine di Dio. In un cammino mai finito, dove la via della vita va scelta ogni volta perché sempre siamo chiamati ad accogliere o no in noi l’uomo di Nazareth.

Gesù è “la luce del mondo” (Gv 8.12) è colui che incarna quel Nome e testimonia l’Io sono dell’Antico Testamento. È lui, nella sua persona, nella sua parola, nei suoi gesti, colui che racconta e spiega la verità del Dio cristiano, che nessuno ha mai visto (cf. Gv 1.18).

È una luce che non si nasconde, che non si impone con la forza, incastonata e trasparente nell’umanità di Gesù, che è la nostra umanità: Gesù guarisce un infermo, ridona la vista a un cieco, perdona, prova compassione e sfama folle affamate, non fa mancare la gioia del vino in una festa di nozze, dona l’acqua che toglie la sete, piange l’amico Lazzaro e lo chiama a risorgere, lava i piedi ai suoi discepoli, gli offre una pesca fruttuosa e prepara loro da mangiare, li protegge come un pastore le sue pecore. E tutto ciò in una comunione profonda e pura con il Padre che attraverso di lui agisce nell’umanità. E alla fine dona la sua vita, diviene “l’innalzato” che rivela la verità profonda dell’ “Io sono” (Gv 8.28) e che è desideroso di attirare a sé ogni uomo (Gv 12.32).

Credere significa allora partecipare a questa straordinaria umanità e alla comunione profonda con il Padre e ci rende capaci degli stessi gesti e parole di Gesù. È una possibilità e un dono grande che ci vengono messi davanti e che, purtroppo, tante volte rifiutiamo, per altre luci, altre vie. Il vangelo le chiama “peccato” e ci avverte che sono solo vie di morte, di distacco dalla vera vita. Ma sta alla nostra libertà decidere quale cammino scegliere, senza dimenticare che il Signore non smetterà di cercarci e di far brillare la sua luce su di noi per “salvarci” da noi stessi.

fratel Marco