Far circolare vita

Foto di USGS su Unsplash
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6 maggio 2025

Dal Vangelo secondo Giovanni - Gv 5,19-30

In quel tempo 19Gesù riprese a parlare e disse loro: «In verità, in verità io vi dico: il Figlio da se stesso non può fare nulla, se non ciò che vede fare dal Padre; quello che egli fa, anche il Figlio lo fa allo stesso modo. 20Il Padre infatti ama il Figlio, gli manifesta tutto quello che fa e gli manifesterà opere ancora più grandi di queste, perché voi ne siate meravigliati. 21Come il Padre risuscita i morti e dà la vita, così anche il Figlio dà la vita a chi egli vuole. 22Il Padre infatti non giudica nessuno, ma ha dato ogni giudizio al Figlio, 23perché tutti onorino il Figlio come onorano il Padre. Chi non onora il Figlio, non onora il Padre che lo ha mandato.
24In verità, in verità io vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita. 25In verità, in verità io vi dico: viene l'ora - ed è questa - in cui i morti udranno la voce del Figlio di Dio e quelli che l'avranno ascoltata, vivranno. 26Come infatti il Padre ha la vita in se stesso, così ha concesso anche al Figlio di avere la vita in se stesso, 27e gli ha dato il potere di giudicare, perché è Figlio dell'uomo. 28Non meravigliatevi di questo: viene l'ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce 29e usciranno, quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna. 30Da me, io non posso fare nulla. Giudico secondo quello che ascolto e il mio giudizio è giusto, perché non cerco la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato.


Gesù riprende a parlare. E di parole ne pronuncia tante, al punto che non ci risulta semplice seguirlo. Potrebbero addirittura sembrarci una serie di frasi non molto legate tra loro. In realtà Gesù ci apre oggi uno scorcio sul mistero del suo intimissimo rapporto con il Padre.

Noi, così schivi a parlare di ciò che portiamo nel cuore, grandi difensori della privacy, siamo introdotti nella specialissima relazione tra Padre e Figlio. Relazione di comunione profonda, di assoluta dipendenza, sulla quale Gesù insiste, incorniciando il suo discorso proprio con il riferimento a questo legame: “Il Figlio da sé stesso non può fare nulla, se non ciò che egli vede fare dal Padre” (v. 19); “Da me, io non posso far nulla” (v. 30). Vi è tra Padre e Figlio una trasmissione, una trasmissione di vita, di desideri, di saper fare e operare, ma in un’assoluta libertà. Ciò che li lega è una dipendenza d’amore: “Il Padre ama il Figlio” (v. 20). Il Padre immette il Figlio nel suo stesso desiderio di vita e di amore rendendolo portatore di vita: “Come il Padre dà la vita, così anche il Figlio dà la vita” (v. 21).

E noi? Siamo solo creature, spettatori di questa relazione vitale che però ci rimane preclusa? Oggi la buona notizia che il vangelo ci porta è che in questa relazione filiale abbiamo accesso anche noi, proprio grazie al Figlio che è venuto tra noi e oggi, risorto, continua a incontrarci rivelandoci la via della vita. Il Figlio è “Figlio dell’uomo” (v. 27), fedele all’essere umano, operatore delle opere del Padre tra di noi, per noi. E l’opera di Dio, il suo desiderio più profondo, condiviso con il Figlio è “che tutti gli uomini siano salvati” (1Tm 2,4).

Ma cosa significa questa parola nelle nostre esistenze spesso vuote di questa circolazione di vita e di amore, segnate invece da dolori, sofferenze? Questa parola ci risulta estranea, lontana, in un tempo in cui a circolare è piuttosto la guerra, la sfiducia, il sospetto. 

Eppure al cuore di queste parole ci viene offerta la chiave per entrare, anche noi, in una dinamica di comunione vitale, che è quella di Gesù con il Padre. La via che ci comunica Gesù è quella dell’ascolto: “Chi ascolta la mia parola e crede … è passato dalla morte alla vita” (v. 24). Questo ascolto dà accesso anche a noi a un tempo nuovo, “l’ora – ed è questa –” (v. 25), un tempo in cui ci è offerta la possibilità di immaginare la vita che può superare una delusione, un lutto, una perdita. Tempo in cui imparare parole nuove e antiche: riconciliazione, perdono, fiducia, gentilezza, cura. 

Il tempo della nostra pasqua: il nostro passaggio dalla morte alla vita (cf. v. 24). C’è passaggio alla vita anche per noi, delusi e disperati di fronte ai nostri fallimenti, peccatori che accumulano cadute e temono il giudizio. Un giudizio che oggi ci diamo da noi stessi quando scegliamo di rimanere in relazioni che operano per la vita e che ci rendono, proprio come lo è stato Gesù, operatori di vita nel nostro quotidiano, nelle nostre relazioni di prossimità, oppure di abbandonarle condannandoci, da soli, isolati dall’ascolto della parola altra, in relazioni che operano per la morte e il male.

Questa parola non è lontana, non potrebbe esserci più vicina: siamo stati creati per la vita, fratelli e sorelle del Figlio, guardando e ascoltando lui riceviamo accesso alla relazione che dà la vita che non verrà mai meno.

sorella Elisa