Il sabato per “fare il bene”
Mc 3,1-6
In quel tempo 1 Gesù entrò di nuovo nella sinagoga. Vi era lì un uomo che aveva una mano paralizzata, 2e stavano a vedere se lo guariva in giorno di sabato, per accusarlo. 3Egli disse all'uomo che aveva la mano paralizzata: «Àlzati, vieni qui in mezzo!». 4Poi domandò loro: «È lecito in giorno di sabato fare del bene o fare del male, salvare una vita o ucciderla?». Ma essi tacevano. 5E guardandoli tutt'intorno con indignazione, rattristato per la durezza dei loro cuori, disse all'uomo: «Tendi la mano!». Egli la tese e la sua mano fu guarita. 6E i farisei uscirono subito con gli erodiani e tennero consiglio contro di lui per farlo morire.
«È lecito in giorno di sabato, fare il bene o il male, salvare una vita o toglierla?». Con questa domanda ancora una volta Gesù mette a nudo la nostra religiosità chiedendoci implicitamente la ragione profonda del nostro essere credenti e quindi delle nostre azioni religiose. Siamo infatti all’ultima di cinque controversie con le quali Gesù pone in discussione alcuni usi del tempo legati a interpretazioni restrittive della legge, e in particolare del comandamento del riposo sabbatico.
Il confronto tra Gesù e i suoi avversari si colloca a livello interpretativo. Non dobbiamo pensare automaticamente che Gesù sia contro il precetto: si tratta invece di capire come metterlo in pratica nella vita concreta. Per garantire un’osservanza assoluta e rigorosa del riposo sabbatico i farisei erano soliti specificare una lunga serie di azioni proibite a garanzia della “santificazione del sabato” (Es 20,10). Tra queste per esempio c’era il divieto di sottoporsi a cure mediche. Ma anche i loro più antichi maestri avevano previsto una possibilità di trasgredire il sabato in caso di pericolo di vita, o meglio per salvare una vita.
È a questo principio che si appella Gesù nella sinagoga riguardo l’uomo con la mano inaridita. Gesù compie quest’azione come vera santificazione del sabato ponendo al centro dell’assemblea colui che invece, a causa della sua condizione, era probabilmente solito occupare una posizione marginale e defilata. Come riferito pochi versetti prima infatti: «il sabato è stato fatto per l’uomo, e non l’uomo per il sabato» (2,27). Poi chiede loro conto del precetto alla luce dell’uomo che soffre di questa menomazione.
Nel loro silenzio colpevole c’è tutta la distanza tra le discussioni interpretative, e l’adesione alla realtà della sofferenza umana. Ed è questo che indigna Gesù: non la loro interpretazione restrittiva della legge, ma la loro mancanza di compassione, che però attenzione può essere anche la nostra. Anche noi infatti siamo capacissimi di travestire la nostra mancanza di compassione attraverso l’adempimento di chissà quali precetti religiosi. La risposta implicita di Gesù alla domanda iniziale è segnata dalla guarigione dell’uomo.
Sì, per Gesù è lecito in giorno di sabato fare del bene e salvare una vita. Paradossalmente però nella intelligente narrazione di Marco proprio in quel giorno di sabato, i farisei con gli erodiani tengono consiglio contro Gesù non per fare del bene, o salvare una vita, ma per fare del male e togliere la vita a Gesù (v.6).
fratel Raffaele