Parole che rimangono

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27 dicembre 2024

Dal Vangelo secondo Giovanni - Gv 21,10-24 (Lezionario di Bose)

In quel tempo 10Gesù risorto disse ai discepoli: «Portate un po' del pesce che avete preso ora». 11Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si squarciò. 12Gesù disse loro: «Venite a mangiare». E nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», perché sapevano bene che era il Signore. 13Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce. 14Era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti.15Quand'ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci i miei agnelli». 16Gli disse di nuovo, per la seconda volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pascola le mie pecore». 17Gli disse per la terza volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse: «Mi vuoi bene?», e gli disse: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecore. 18In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi». 19Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E, detto questo, aggiunse: «Seguimi».  20Pietro si voltò e vide che li seguiva quel discepolo che Gesù amava, colui che nella cena si era chinato sul suo petto e gli aveva domandato: «Signore, chi è che ti tradisce?». 21Pietro dunque, come lo vide, disse a Gesù: «Signore, che cosa sarà di lui?». 22Gesù gli rispose: «Se voglio che egli rimanga finché io venga, a te che importa? Tu seguimi». 23Si diffuse perciò tra i fratelli la voce che quel discepolo non sarebbe morto. Gesù però non gli aveva detto che non sarebbe morto, ma: «Se voglio che egli rimanga finché io venga, a te che importa?».

24Questi è il discepolo che testimonia queste cose e le ha scritte, e noi sappiamo che la sua testimonianza è vera.

Il ritmo della memoria degli eventi della venuta del Signore nella carne è interrotto oggi da un’altra memoria, quella di un uomo che ha vissuto l’incontro con l’uomo Gesù e ha risposto al suo “Seguimi” (v. 19). Dai vangeli della nascita di Gesù siamo catapultati all’ultima pagina del vangelo attribuito proprio all’evangelista Giovanni, il “discepolo che testimonia queste cose e le ha scritte” (v. 24), “quel discepolo che Gesù amava” (v. 20). 

È un giorno ordinario, in cui Pietro, Giovanni e gli altri discepoli provano a tornare alla loro quotidianità, al loro lavoro (cf. Gv 21,3), dopo gli eventi della morte del loro amico e maestro. Dalla dispersione avvenuta di fronte alla croce, ora in cui Gesù viene lasciato solo (cf. Gv 16,32), i discepoli sono ancora frammentati, interiormente e tra loro. Sono assieme nel lavoro (cf. Gv 21,2) ma è solo la nuova presenza di Gesù che dona una nuova comunione

“Venite a mangiare” (v. 12): è con questo invito, donando il pane e il pesce, che Gesù li riunisce. Gesti eucaristici, compiuti proprio per ricreare quella comunione che assieme hanno vissuto mentre Gesù era con loro. Gesù fa loro sperimentare di nuovo la sua cura, la sua larga accoglienza, una comunione reale, perché è ciò che ora i discepoli stessi sono chiamati a vivere e a realizzare nella loro quotidianità.

Questi uomini hanno perso ogni speranza, sono rinchiusi ancora nella loro dolorosa solitudine, e Gesù, di nuovo con loro, fa vibrare la forza di una nuova comunione. Rinnova la relazione con la sua comunità e per ciascuno singolarmente diventa possibilità, occasione di nuovo inizio, offerta di nuova libertà. Gesù, il Signore (cf. v. 7), con la sua presenza nelle nostre vite ci libera perché possiamo cercare e trovare il nostro spazio di vita piena.

Libera Pietro dal suo senso di colpa, dal peso del suo rinnegamento. Riavvia un dialogo che era ormai umanamente impensabile, e in questo scambio di nuove parole pone un’unica condizione: l’amore. Pietro è trasformato, non è più l’uomo sicuro e spavaldo conosciuto in precedenza: “Signore, perché non posso seguirti ora? Darò la mia vita per te” (Gv 13,37). Ora Pietro, ristabilito nella relazione non è forte del suo “io”, ma si affida al “tu” di Gesù, alla conoscenza che egli ha del suo cuore: “Signore, tu lo sai che ti voglio bene” (v. 16).

E libera Giovanni, attraverso lo sguardo del fratello. “Pietro si voltò e vide che lo seguiva quel discepolo che Gesù amava … Signore, che cosa sarà di lui?” (vv. 20.21). Non dobbiamo giudicare come mera curiosità la domanda di Pietro sul futuro di Giovanni. Pietro ha sperimentato per sé la presenza tenera e amorevole di Gesù e ha appresso a guardare ai fratelli con il medesimo sguardo che libera e crea comunione vera

E Gesù è presente per Giovanni con una parola, nuova: il desiderio che egli “rimanga” (cf. v. 22). Giovanni silenzioso, non pronuncia nulla se non la parola di riconoscimento: “È il Signore” (v. 7), parlerà “rimanendo” con la sua vita e con la sua scrittura. “Rimanere” (cf. v. 22), è un verbo caro a questo evangelista, verbo dell’esserci, del dimorare, dell’essere a casa, verbo di un’esistenza vissuta con intensità. Giovanni rimane, resta oggi nella sua testimonianza messa per iscritto nelle pagine del vangelo a lui attribuito. Giovanni testimone è “rimasto” prima, nel vissuto degli eventi, e rimane ora narrandoli a noi, donando loro il senso, perché diventino per noi parole nuove che vengono rivolte proprio a noi e che ci ridonano vita e libertà.

sorella Elisa

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