Maria, o la proclamazione del perdono

Costellazione del delfino
Costellazione del delfino

21 dicembre 2024

Lc 1,39-45 (Lezionario di Bose)

39In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. 40Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. 41Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo 42ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! 43A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? 44Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. 45E beata colei che ha creduto nell'adempimento di ciò che il Signore le ha detto».


A pochi giorni della festa di Natale la liturgia ci invita a ripercorrere, una volta ancora, i cosiddetti “evangeli dell’infanzia” che – occorre dirlo una volta ancora? – non sono una cronaca giornalistica degli eventi avvenuti circa duemila anni fa, ma una proclamazione di fede della chiesa della fine del I secolo della nostra era.

Nel narrare la visita di Maria a Elisabetta, sua parente, nella regione montuosa della Giudea, Luca s’ispira a un altro episodio antico, quello che racconta dell’arca dell’alleanza, quel segno tangibile della presenza del Signore in mezzo al popolo, che fu condotta a Gerusalemme, dopo che David ebbe conquistato la città che diventerà la sua capitale (2 Samuele 6).

Come allora l’episodio del trasporto dell’arca si svolgeva in Giudea, così Maria va a trovare Elisabetta in una città della Giudea. Come David si chiese, dopo un evento tragico: “Come potrà venire da me l’arca del Signore?” (2Sam 6,9), così Elisabetta dichiara: “A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me?” Come David “danzava con tutte le sue forze” davanti al Signore (2Sam 6,14), così il bambino di Elisabetta “ha sussultato di gioia” nel suo grembo davanti al Signore. E ancora, come l’arca del Signore rimase tre mesi in casa di Obed-Edom di Gat (2Sam 6,11), così anche Maria rimase tre mesi con Elisabetta (Lc 1,56).

In questo modo Luca suggerisce ai suoi lettori che Maria, portatrice in grembo del Figlio di Dio, è l’arca dell’alleanza che era scomparsa ai tempi di Geremia. Si diceva infatti che Geremia stesso avesse fatto togliere l’arca dal tempio prima che fosse incendiato da Nabucodonosor e che l’avesse nascosta in un posto rimasto sconosciuto da tutti. L’arca avrebbe poi dovuto riapparire quando Dio avrebbe “riunito la totalità del popolo e si sarebbe mostrato propizio” (2 Mac 2,4-8).

Il visionario dell’Apocalisse riprenderà a sua volta e a modo suo questa tradizione quando scriverà che al suono della settima tromba (e dunque in un tempo di pienezza): “Allora si aprì il tempio di Dio che è nel cielo e apparve nel tempio l’arca della sua alleanza. Ne seguirono folgori, voci, scoppi di tuono, terremoto e una tempesta di grandine. Un segno grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e, sul capo, una corona di dodici stelle. Era incinta…” (Ap 11,19-12,2).

Una donna incinta, come Maria, come arca dell’alleanza, cosa significa?

L’arca il cui coperchio che la ricopriva (chiamato “propiziatorio”, Esodo 25,17) era il luogo dove avveniva il perdono dei peccati e la riconciliazione con Dio; allo stesso modo Maria in visita ad Elisabetta evoca, in miniatura, la visita con cui Dio stesso, nella persona di Gesù, viene a visitare il suo popolo e la terra tutta intera per annunciare loro il suo amore, il suo perdono e la riconciliazione.

Di questo siamo chiamati a diventare, giorno dopo giorno, e nonostante tutto ciò che avviene nel nostro mondo, i testimoni con la parola, sì, ma più ancora con la nostra vita.

fratel Daniel


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