Seguire Gesù è ad alto prezzo

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2 ottobre 2024

Dal Vangelo secondo Luca - Lc 9,57-62 (Lezionario di Bose)

In quel tempo 57mentre camminavano per la strada, un tale disse a Gesù: «Ti seguirò dovunque tu vada». 58E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo». 59A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». 60Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va' e annuncia il regno di Dio». 61Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». 62Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all'aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio».


Il discepolo cristiano è un chiamato da Cristo a stare con lui, reso partecipe della ragione che determina il suo esserci e il suo vivere: il Regno di Dio. In Gesù il suo Dio si fa vicino come non mai per riscattare l’uomo e i regni umani dal male - il no al cielo, all’altro, al creato - e dalla morte. I nemici dell’uomo. 

In questo suo sogno - l’umano secondo Dio - Gesù coinvolge puntuali creature che si distinguono per andare dietro a lui, seguirlo, una sequela ad alto prezzo a cominciare dal rinnegare se stessi dando il primo posto a lui e alla sua causa (cf. Lc 9,23-27; Mt 16,24-28; Mc 8,34-35). Sequela ad alto prezzo, a motivo delle sue radicali esigenze, a cui fa riferimento Il brano evangelico odierno, tre scene che si ripetono lungo la strada che conduce Gesù e i suoi a Gerusalemme. 

La prima scena (Lc 9, 57-58) riferisce di un tale che si avvicina a Gesù in cammino forte di una sua decisione: “Ti seguirò dovunque tu vada!”. Gesù con il suo esserci, il suo dire e il suo fare suscita entusiasmo, non lo spegne, ma lo educa attraverso una similitudine illuminante. L’entusiasta deve sapere che Gesù, al pari delle volpi e degli uccelli, è oggetto di caccia, e a differenza di loro meno attrezzato nel potersi difendere, senza avere neppure una tana o un nido. 

Gesù è pura esposizione alla violenza che presto si abbatterà su di lui cacciandolo fuori: su di lui il nato da donna (primo significato di Figlio dell’uomo), l’appartenente al genere umano (secondo significato di Figlio dell’uomo), l’essere celeste che viene dal cielo (terzo significato di Figlio dell’uomo). Un destino che inesorabilmente coinvolge i discepoli: una vita rischiosa da senza tetto, non al riparo dalla persecuzione, scomoda, non borghese; un destino, questo di Gesù e dei suoi, già predetto dalla sapienza: “La sapienza non trova sulla terra dove prendere piede” (Sir 24,7). Gesù, agli entusiasti che si autopropongono a seguirlo indica in verità che cosa può comportare la sequela, il divenire braccati, sequela a cui non ci si candida, perché ad essa si è chiamati.

La seconda scena (Lc 9,59-60) riferisce di Gesù che assume l’iniziativa nei confronti di un altro incontrato sempre lungo la strada: “Seguimi!”. Una chiamata a cui segue una risposta positiva accompagnata da una richiesta di dilazione, il tempo necessario ad assolvere l’obbligo del seppellimento del padre che avveniva il giorno stesso della morte, a cui seguivano sei giorni di condoglianze. La risposta di Gesù è perentoria: “Lasciate che i morti seppelliscano i loro morti. Tu invece va’ e annuncia il Regno di Dio”. Il testo non intende contraddire una usanza che è opera di misericordia, ma sottolineare il carattere di radicale unicità e di estrema urgenza della sequela. Tra il seguimi e il seguirlo vi è il subito: “Gesù disse: ‘Venite dietro a me’…E subito lasciate le reti lo seguirono” (Mc 1,17-18), così Simone e Andrea, Giacomo e Giovanni (Mc 1,19-20) e Matteo (Mt 9,11). 

Il discepolo deve sapere che Gesù e la sua causa devono avere il primo posto nel suo cuore: amati più di se stessi, del padre, della madre, della moglie, dei fratelli, delle sorelle, dell’avere (Lc 14,25-27.33), delle buone tradizioni come gli affetti e gli obblighi familiari. Nulla sia anteposto all’amore di Cristo e alla sua chiamata, siano esse ragioni e giustificazioni le più sacrosante. Si tratta di prenderne coscienza e di chiederci qual è l’amore più grande che ci abita; se è davvero Cristo che, leggendo metaforicamente il termine ‘morti’, trasforma i chiamati da morti in vivi, in annunciatori del Regno di Dio, il Regno della vita eterna nell’amore. Un già verso il suo compimento.

La terza scena (Lc 9,61-62), riferita solo da Luca, rimanda ad Eliseo che stava arando quando Elia lo chiamò e gli chiese di potersi congedare dai suoi (1Re 19,19-21). La risposta di Gesù al suo interlocutore che gli chiede la stessa cosa prima di seguirlo è più severa di quella di Elia. Il chiamato è paragonato al contadino che quando ara guarda attentamente avanti, teso alla meta, senza voltarsi indietro, senza elencazione di condizioni, anche se buone e comprensibili. 

A ben vedere, e lo diciamo a conclusione, il Vangelo si rivolge a noi a ricordarci che discepolo di Gesù è il chiamato che risponde sì a Gesù e alla sua parola in maniera libera, gratuita, totale, gioiosa e incondizionata. Senza la lista delle condizioni e delle esigenze, e nella consapevolezza che la buona notizia che lui è, è altresì segno di contraddizione, né riconosciuto né accolto, con il bagaglio di patire che ne consegue. Il chiamato faccia bene i conti, sapendo che gli affetti più cari non sono tolti, semplicemente vengono letti a partire da un primo, la sequela di Gesù, che rende tutto secondo, cosa diversa da secondario, di poco conto.

fratel Giancarlo