2 novembre
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MEMORIA DEI MORTI IN CRISTO
I credenti vivono il proprio pellegrinaggio terreno nella fede grazie al reciproco sostegno che si prestano in seno al popolo di Dio. In Cristo infatti tutti i fedeli, sia quelli ancora in vita sia quelli defunti, sono legati gli uni agli altri mediante una comunione di amore e di preghiera. È questo il fondamento più profondo dell'odierna memoria di tutti i morti in Cristo, posta non a caso il giorno successivo alla memoria della comunione di tutti i santi del cielo e della terra. I cristiani d'oriente e d'occidente hanno sempre ricordato nel corso della celebrazione eucaristica i fedeli già tornati al Padre. Gli orientali ricordano in modo particolare i defunti in alcuni giorni dell'anno.
In occidente, a partire dal 998, l'abate di Cluny Odilone istituì un ufficio liturgico per ricordare i fratelli della comunità che avevano già terminato il loro pellegrinaggio terreno. Grazie all'enorme influenza dei monaci cluniacensi, tale uso si estese fino a diventare prassi comune in tutta la chiesa latina. In alcune chiese della Riforma, però, la memoria dei morti in Cristo fu soppressa, a motivo del forte legame, sottolineato dai cattolici, di questa festa con la dottrina del purgatorio; ma con la riscoperta del significato originario essa è stata ricuperata in molte comunità protestanti.
Ricordando i defunti in Cristo ogni credente ravviva la speranza di una vita senza fine; Gesù infatti ha promesso a quanti rimangono nel suo amore che la morte non è l'ultima parola sulle loro esistenze, ma è il passaggio a una vita in pienezza, perché l'amore è più forte della morte e la carità non avrà mai fine.
TRACCE DI LETTURA
Discese agli inferi: questa confessione del Sabato santo sta a significare che Cristo ha oltrepassato la porta della solitudine, che è disceso nel fondo irraggiungibile e inaccostabile della nostra condizione di solitudine. Questo sta a significare però che anche nella notte estrema nella quale non penetra alcuna parola, si dà una voce che ci chiama, una mano che ci prende e ci conduce. La solitudine insuperabile dell'uomo è stata superata dal momento che Egli si è trovato in essa. L'inferno è stato vinto dal momento in cui l'amore è penetrato in esso e la terra della solitudine è stata abitata da lui. Nella sua profondità l'uomo non vive di pane, ma nell'autenticità del suo essere egli vive per il fatto che è amato e può amare. A partire dal momento in cui nello spazio della morte si dà la presenza dell'amore, allora nella morte penetra la vita: «Ai tuoi fedeli, Signore, la vita non è tolta, ma trasformata» canta la chiesa nella liturgia funebre.
(J. Ratzinger, Sulla settimana santa)
PREGHIERA
Dio eterno,
che ci hai fatti e ci hai redenti,
accordaci,
assieme a tutti i fedeli defunti,
i benefici della passione salvifica di tuo Figlio
e la resurrezione nella gloria:
fa' che nell'ultimo giorno,
quando radunerai ogni cosa in Cristo,
possiamo godere insieme a loro
la pienezza delle tue promesse.
Attraverso Cristo,
tuo Figlio e nostro Signore,
che vive e regna con te,
nell'unità dello Spirito santo,
un solo Dio, ora e sempre.
LETTURE BIBLICHE
Gb 19,23-27; Rm 5,5-11 (o 1Te 4,13-18); Gv 6,37-40
JOHANN ALBRECHT BENGEL (1687-1752)
testimone
Nel 1752 si spegne Johann Albrecht Bengel, studioso delle Scritture e teologo luterano nato a Winnenden, nel Württemberg (Germania), sessantacinque anni prima.
Negli anni dei suoi studi a Tubinga, Johann aveva aderito al movimento pietista. Di esso condivise pienamente l'esigenza di restituire alla Riforma un profondo radicamento spirituale.
Chiamato poi a formare i futuri pastori della sua chiesa, egli cercò anzitutto di introdurli alla vita interiore e allo studio delle Scritture. Per favorire il raccoglimento e la concentrazione dei suoi allievi egli diede vita a una vera e propria comunità di ricerca e di preghiera.
Pienamente fedele alla chiesa e alle sue autorità, Bengel fu fautore di una teologia all'insegna del primato dell'escatologia, evitando così le derive individualistiche in cui cadde parte del movimento pietista, nonché l'eccessiva speculazione della teologia occidentale di quel tempo, quasi a ricordare l'adagio di Evagrio, secondo cui teologo è soltanto colui che è veramente capace di pregare.
Bengel curò negli ultimi anni della sua vita anche un'edizione critica del Nuovo Testamento, corredata di un commento che influenzerà profondamente i posteri, compresi John Wesley e i metodisti inglesi.
Egli morì pochi anni dopo essere divenuto prelato di Alpirsbach, nella pace che aveva coltivato per tutta la vita.
TRACCE DI LETTURA
Il felice amalgama tra la frequentazione delle riunioni religiose in piccole comunità e un ampio apprezzamento per la scienza pura fu particolarmente singolare in Johann Albrecht Bengel che, per modestia, si limitò ad insegnare in un seminario del Württemberg. Per la presenza in lui della rara alleanza tra una notevole erudizione e una quasi infantile sottomissione agli insegnamenti tradizionali, egli fu critico in virtù della sua stessa fede, e dette così una significativa manifestazione dell'esegesi tedesca, tanto diversa da quella inglese e da quella francese. Convinto che la Scrittura, con la sua stessa azione benefica, desse una prova sufficiente della sua origine divina, con la sua esegesi d'avanguardia egli liberò l'interpretazione dei testi biblici dalle restrizioni tradizionali e confessionali, ma in un tale contesto di fede da risultare accettabile, per esempio, a un uomo come John Wesley.
(É. G. Léonard, Storia del protestantesimo)
GREGORIUS MAR PARUMALA (1848-1902)
pastore
La Chiesa ortodossa malankarese ricorda oggi Gregorius Geevarghese, vescovo di Parumala, nel Kerala indiano.
Gregorius nacque nel 1848 a Mulamthuruthy, in India, da una famiglia che aveva sempre dato diversi presbiteri alla chiesa ortodossa. Avviato al servizio ministeriale fin dall'età di dieci anni, nel 1866 Gregorius ricevette l'ordinazione presbiterale per mano del vescovo mar Coorilose di Antiochia, al cui seguito visitò tutte le chiese malankaresi.
Divenuto fine conoscitore della lingua siriaca, egli fu chiamato a lasciare il monastero di Vettical Dayara, in cui si era ritirato, per essere consacrato vescovo a soli ventotto anni.
Provvisto di una notevole educazione teologica, e al tempo stesso uomo di preghiera, Gregorius mar Parumala si rivelò soprattutto un pastore di grande ascolto e carità. Nei suoi ventisei anni di servizio episcopale, organizzò con sollecitudine e con amore la vita della diocesi affidata alle sue cure.
Alla sua marte, avvenuta il 2 novembre del 1902, la sua popolarità era enorme, al punto che nel 1947 il sinodo della Chiesa ortodossa malankarese decise di canonizzarlo, evento rarissimo nella tradizione religiosa di quelle terre.
LE CHESE RICORDANO...
ANGLICANI:
Commemorazione dei fedeli defunti (Giorno di tutte le anime)
CATTOLICI D'OCCIDENTE:
Commemorazione dei fedeli defunti (calendario romano e ambrosiano)
COPTI ED ETIOPICI (23 bābah/ṭeqemt):
Dionigi (III-IV sec.), vescovo di Corinto, martire (Chiesa copta)
LUTERANI:
Johann Albrecht Bengl, teologo nel Württemberg
MARONITI:
Commemorazione dei fedeli defunti
Acindino e i suoi compagni di Persia (IV sec.), martiri
ORTODOSSI e GRECO-CATTOLICI:
Acindino, Pegasio, Aftonio, Elpidoforo e Anempodisto, martiri
SIRO-OCCIDENTALI:
Gregorius mar Parumala, vescovo (Chiesa malankarese)
VETEROCATTOLICI:
Tutte le anime