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Cari amici e ospiti,

a metà maggio, al termine della fase acuta della pandemia in Italia, avevamo cessato di aggiornare quotidianamente la sezione del nostro sito dedicata alla “Cura del tempo” che aveva accompagnato le giornate di confinamento per oltre due mesi. Ci siamo chiesti come dare continuità a questo prendersi cura, facendone una nuova cifra del nostro modo di stare nella compagnia degli uomini: non volevamo infatti che il patrimonio di cose buone che ciascuno di noi aveva in serbo, in quelli che potremmo chiamare gli archivi della nostra vita, cessasse di essere un bene condiviso.

Abbiamo così pensato di proporvi nella home page del sito uno “Spazio della cura”, nel quale cercheremo di portare in evidenza settimanalmente “cose antiche e cose nuove”, tratte dal vissuto quotidiano e dalle molteplici opportunità offerteci dagli scambi con voi amici e ospiti, dalle iniziative di confronto e di riflessione ospitate a Bose, dalla sapienza di autori antichi e moderni da noi pubblicati, dagli stimoli che gli eventi hanno suggerito e suggeriscono al nostro interrogarci sul senso della vita umana, cristiana e monastica.

Ogni settimana troverete dunque una parola, una voce, un’immagine che tenterà di declinare le varie sfumature della “cura”. In tal modo insieme a voi ci prenderemo cura del creato e delle relazioni umane, con un’attenzione particolare ai più fragili e ai più deboli, ai poveri e ai malati; vi racconteremo della cura con cui custodiamo e alimentiamo le nostre relazioni ecumeniche; saremo attenti alla cura della memoria, rievocando il dialogo intessuto con voi negli anni attraverso la Lettera agli amici e presentandovi uomini e donne che sono stati per noi autentici “pneumatofori”, portatori dello Spirito; attraverso una cura delle parole e del silenzio cercheremo di manifestare la nostra sollecitudine per la salute del corpo, della mente e dello spirito: la cura delle cose e del cibo attraverso il lavoro quotidiano di fratelli e sorelle troverà uno spazio di narrazione, così come cercheremo di mostrare la cura per la bellezza che abita la natura e che è raccontata dall’arte e dal gusto. 

Alcune di queste pagine sono già presenti nel nostro sito, ma crediamo sia giunto il tempo di dar loro uno spazio di maggiore visibilità, aiutandole così a comporre insieme un mosaico che intende abbracciare anche tutti voi.

La dolcezza penitenziale

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Secondo l’idea penitenziale della chiesa Cristo viene a restituire la bellezza che abbiamo rovinato e a noi è data la possibilità di partecipare a tale opera di ripristino.

Le liturgie comprendenti il Grande canone sono volutamente speciali. In esse si può cogliere come il ciclo liturgico della chiesa sia un vero e proprio capolavoro di conduzione pastorale. Non ci si addentra altrettanto profondamente nella nostra compunzione lungo l’anno liturgico nella sua globalità: se così fosse, ci risulterebbe insopportabile. Bisogna serbare un certo equilibrio. Durante i tempi di digiuno, ci si concentra sulla nostra responsabilità riguardo al peccato.

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Possiamo avere fiducia!

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 Un messaggio da parte del vescovo Derio Olivero. La sollecitudine per le relazioni e il dialogo con il mondo della cultura e dell’arte sono una costante del suo ministero, prima di presbitero e poi di vescovo: la fiducia in un Dio affidabile e nel prossimo possono infatti sprigionare un’intensa umanità e calare l’annuncio evangelico nel quotidiano della storia.

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CARA UMANITÀ

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Non per mio diritto, ma per condivisione, accoglimi in questa lettera. Ho la solitudine dentro e fuori, e tu così lontana qui in mezzo alle parole. Lo spazio tra noi due è un infinito vuoto, la distanza tra l’io e il noi un’estensione tale da non poter essere misurata. Eppure, mentre tu non sai di me, io so di te ogni giorno e ogni notte e ti vedo allo specchio ogni mattina, primo sguardo.

La chiara coscienza è per me guardare dalla finestra. Mi diventa ogni anno più difficile la neve. Direi che stento nelle relazioni sociali con l’inverno. Credo sia per troppa similitudine noi due. Così mi succede che stento ad uscire di casa. Lo guardo dalla finestra, come del resto anche l’estate. Ma è solo dipendenza da me stessa, dell’Io rispetto alle esigenze del mondo esterno, oppure viceversa. Ora, questa è quotidianità di una voce che cerca distanza per mantenere una posizione di centro nei versi che scrive. Al di là, tu.

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La cultura della cura

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La pandemia ci ha mostrato con ogni evidenza che non solo i malati, ma il nostro pianeta, tutti noi non siamo in guerra ma siamo in cura. E la cura abbraccia ogni aspetto della nostra esistenza chiedendo a ciascuno di dare il meglio di sé, dispiegando le proprie risorse umane ed etiche: forza, perspicacia, coraggio, risolutezza, tenacia…

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