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Unificato da uno sguardo

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Quell’uomo solenne che svetta altero come un faro tra mareggiate di mendicanti, spruzzi di mani tese, scrosci di lamenti di sofferenti, è Basilio. Gli studi giovanili ad Atene hanno forgiato la sua eloquenza nel parlare, ma sono gli anni di vita comune ad Annisoi, in un monastero immerso nei boschi e custodito da alte vette, che gli hanno conferito la vera sapienza, quella della carità. Così, ora che è vescovo di Cesarea di Cappadocia, non si limita a tenere illuminanti sermoni la domenica, ma ha fondato accanto alla città una vera e propria cittadella dove pellegrini e ammalati, pazzi e nullatenenti possono trovare accoglienza. Al cuore di questo articolato complesso di edifici, un piccolo monastero, dove i gemiti si fanno preghiera. È là che Basilio ci invita a seguirlo, scorgendoci da lontano.

È abituato, quando visita uno dei numerosi monasteri che lo riconoscono come guida, ad essere accolto da una pioggia di domande su svariate questioni. Così, sta in piedi davanti a noi aspettando le nostre domande con lo stesso atteggiamento accogliente con cui fino a un minuto fa riceveva le suppliche dei bisognosi.

“Come posso unificare il mio cuore – rompe il silenzio un ragazzo – quando la mia volontà è debole e le cadute sulla strada verso la pienezza della vita mi conducono a una prostrazione profonda?”

“Prima di suggerire una cura, ogni buon medico interroga il paziente per capire da dove viene il suo male. Che cosa divide il tuo cuore? Rifletti. Non sono forse le passioni? La collera che ti porta fuori di te; il desiderio di possesso, che frantuma la tua mente in tanti pezzi quante sono le realtà bramate; l’orgoglio che divide il tuo cuore proiettandoti davanti un io ideale… Per questo, il primo passo verso l’unificazione è la rinuncia. Rinuncia a ogni attaccamento, compreso, bada bene, quello alle aspettative su di te. La rinuncia perfetta infatti consiste nel pervenire al distacco dalla vita stessa e nel ricevere sentenza di morte, sì da non riporre più fiducia in sé stessi. Prima di diventare unificato un cuore diviso deve infatti diventare un cuore spezzato (sal 51), uno spirito umile.

Il primo passo dunque non consiste nel rafforzare la tua debole volontà per non cadere più nella prostrazione profonda, ma nel rinunciare completamente alla tua volontà per abitare in quella prostrazione. Resta in quella camera oscura e là veglia su te stesso, veglia cioè non su quello che è tuo, o su quello che sta attorno a te, ma su te stesso soltanto. Abbi il coraggio di guardarti nudo, spogliato di tutto ciò che hai, di tutto ciò che fai, di tutto ciò che vorresti essere, e non sei. Veglia su di te, sii vigilante, custode del presente. In luogo di figurarti ciò che non esiste, cerca di trarre profitto da ciò che esiste. Se vegli su di te riconoscerai in te stesso, come in un microcosmo, la grande sapienza di colui che ti ha creato. Allora, tenendo fisso lo sguardo su di te come se null’altro esistesse, scorgerai come in uno specchio degli altri occhi, che ti guardano con stupore, come un prodigio (sal 139).

Allora sarai uno, unificato non dai tuoi sforzi, ma dallo sguardo di Dio, e riuscirai a dire solo grazie. Sarà poi questo ringraziamento, se lo renderai continuo, a custodirti alla presenza di Dio e dunque a mantenere unificato il tuo cuore.

A quel punto, non ti preoccuperai più di rafforzare la tua volontà per unificarti, ma con cuore unificato, cercherai di accordare ogni tua azione, piccola o grande che sia, alla volontà di Dio e potrai dire: “Vedevo sempre il Signore davanti a me; sta alla mia destra perché io non vacilli” (sal 16). Allora se ti capiterà (e ti capiterà!) di cadere non sarai più oppresso dalla tristezza secondo il mondo, quella dei sensi di colpa che ti rimproverano: “non sei come dovresti!”, ma incoraggiato dalla tristezza secondo Dio, che ti dice “non sprecare quel che già sei: immagine indistruttibile di Dio”1.

Senza aggiungere una parola, il vescovo si volta e si riconsegna alla folla.


 Le parole di Basilio sono tratte dalle sue Regole (Qiqajon 2022), in particolare Rd 5 , 6 e 8 e Rb 21 e 202, e dall’omelia “Veglia su di te”.