“Ma voi, chi dite che io sia?”
Ecco, cari amici,
la domanda che oggi risuona per noi. È Gesù a rivolgerla ai suoi, discepoli di allora, e ascoltatori di ogni tempo. Noi compresi.
Ecco, cari amici,
la domanda che oggi risuona per noi. È Gesù a rivolgerla ai suoi, discepoli di allora, e ascoltatori di ogni tempo. Noi compresi.
Carissimi,
nel nostro cammino in ascolto delle domande di Gesù, cominciamo dall'inizio del vangelo secondo Giovanni,
scrittura alta e stupefacente, avvolgente e spiazzante. Bellissima!
Carissimi amici e carissime amiche,
l’anno scorso abbiamo viaggiato insieme per raggiungere gli anziani nel deserto e attingere da loro l’acqua fresca e limpida della loro sapienza, eco pura della Parola ascoltata e incarnata. Quest’anno staremo fermi ma, in un certo senso, viaggeremo ancora. Sarà un viaggio diverso, che ci porterà a incontrare lo straniero che abita in noi, a scoprire paesaggi nuovi, non fuori di noi ma in noi stessi. Sarà un viaggio interiore, per ascoltare il nostro cuore, conoscerlo meglio e così indirizzare le nostre vite su sentieri di pace e libertà, quella pace e quella libertà che possiamo mettere a fondamento delle nostre relazioni solo se le portiamo come radici ben sviluppate in noi.
Flussi di gente di ogni sorta si attorcigliano in gorghi e mulinelli, mentre una corrente indistinta di spezie, pesce e sterco travolge le narici e un gorgogliare di voci in tutte le lingue dell’ecumene sommerge ogni cosa.
“Sembra di essere a Napoli!”
“O a Milano, se cambi le spezie con un raffinatissimo smog”.
“Non vedo un fico secco!”
“Ah! Quello era il mio piede…”
“Sss… ci sentiranno!”
“Ma voi come siete arrivati fin qui?”
Il sole sparge manciate di monete d’argento sulla superficie increspata del mar di Marmara mentre attraversiamo la triplice cinta merlata eretta dall’imperatore Teodosio a difesa della nuova Roma, la splendida Costantinopoli. È la fine del primo millennio e il piccolo monastero di san Mamante, appena restaurato dal suo nuovo igumeno, Simeone detto il Nuovo Teologo, si fa spazio a spintoni tra la folla di casupole che si accalcano in questa estrema propaggine della città.
Quell’uomo solenne che svetta altero come un faro tra mareggiate di mendicanti, spruzzi di mani tese, scrosci di lamenti di sofferenti, è Basilio. Gli studi giovanili ad Atene hanno forgiato la sua eloquenza nel parlare, ma sono gli anni di vita comune ad Annisoi, in un monastero immerso nei boschi e custodito da alte vette, che gli hanno conferito la vera sapienza, quella della carità. Così, ora che è vescovo di Cesarea di Cappadocia, non si limita a tenere illuminanti sermoni la domenica, ma ha fondato accanto alla città una vera e propria cittadella dove pellegrini e ammalati, pazzi e nullatenenti possono trovare accoglienza. Al cuore di questo articolato complesso di edifici, un piccolo monastero, dove i gemiti si fanno preghiera. È là che Basilio ci invita a seguirlo, scorgendoci da lontano.