Lavori del 31 maggio 2019

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Monastero di Bose
Ufficio Nazionale per i beni culturali ecclesiastici e l’edilizia di culto – Cei
Consiglio Nazionale Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori

XVII CONVEGNO LITURGICO INTERNAZIONALE
L'ALTARE

Recenti acquisizioni, nuove problematiche

BOSE, 30 maggio - 1 giugno 2019


«La riforma liturgica ha restituito il principio per cui il segno proprio della chiesa viene dalla forma dell’assemblea che si raduna attorno all’altare» su questo concetto Don Giuliano Zanchi, Direttore del Museo diocesano di Bergamo, ha imperniato la relazione che ha aperto la seconda giornata del Convegno. «Per questo bisognerebbe saper progettare le chiese a partire dall’altare». Ma la maturazione della Riforma liturgica è ancora in atto, continuano le sperimentazioni in un clima che risente della polarizzazione tra nostalgie e superficiali eccessi, nel cui contesto miracoloso risalta il «ritorno dell'altare e dell'ambone intesi come elementi salienti di una rinnovata geografia spirituale» allontanandosi dall'abitudine postridentina che aveva trasformato il primo nel pulpito e il secondo in gigantesco reliquiario. Si afferma invece il primato dell'azione liturgica e solo oggi si comincia a intuire l'effetto dell'altare sulla concezione e articolazione degli spazi liturgici, perché l'altare «è simbolo forte e primordiale... segno di tangenza del divino» (v. Pierangelo Sequeri, “L'Estro di Dio”). E la tendenza a imprimervi allegorie volte a esplicitarne il senso manifesta la debolezza del modo in cui è concepito. Perché in realtà l'altare «non deve esser a forma di niente» altro che di se stesso –mensa e luogo del sacrificio assieme, senza che l'un aspetto prevalga sull'altro – e nella sua nudità materica deve agire, per stabilità e solidità, quale magnete che attiva una relazione biunivoca con tutti gli altri luoghi liturgici. Una visione ipotetica dello spazio della chiesa futura lo immagina non come «cerchio che si concentra sul suo ombelico», né come plotone in marcia, ma come assemblea incamminata verso il tempo che sta oltre. Come calice aperto verso là dove si è chiamati.

La seconda relazione, di Johannes Stückelberger, docente alla Facoltà Teologica dell'Università di Berna, si è rivolta al tema dell'altare nelle chiese riformate in Svizzera, dove l'opera di Zwingli ha preceduto quella di Lutero. Nel rifiuto dell'accumulo di immagini e di ornamenti, la Riforma svizzera ha portato a tinteggiare di bianco le aule ecclesiastiche. Il rito incentrato sulla parola è stato portato a essenzialità e lo spazio si è imperniato sul pulpito, mentre altare e battistero si sono sommati in un unico luogo: un fonte in pietra sormontato da una mensa eucaristica in legno. Per Zwingli pane e vino sono segni: non riconosce la transustanziazione. Nello spazio non v'è distinzione tra coro e navata e la sua articolazione, tra polo della parola e luogo dell'altare-battistero appare piuttosto libera: a volte (v. chiesa domenicana di Berna) al centro si trova quest'ultimo, a volte (v. cattedrale di Basilea) il primo. In ogni caso non vi sono spazi sacri, ma solo un luogo per l'assemblea, per quanto nel corso del tempo si siano date diverse sistemazioni. E in anni recenti accade che le aule ecclesiastiche siano dedicate anche ad altre funzioni nel corso della settimana.

S.E. Mons. Roberto Farinella, vescovo di Biella, ha aperto la sessione ricordando come i Convegni di Bose camminino nel segno dell'amicizia tra Chiesa e mondo delle arti. Ha parlato quindi il Prof. Michele De Lucchi, designer e docente al Politecnico di Milano. Evidenziando come tutto oggi sia frutto di produzione industriale, ha notato come sempre si manifesti il tentativo di migliorare gli oggetti e proprio per questo ai designer si richiedono sempre nuove proposte. Nella produzione per la Chiesa, prevalente risulta il senso simbolico che le persone attribuiscono agli oggetti, a partire dall'altare. Nel mostrarne alcuni da lui progettati ha presentato quello della parrocchia di Angera, per la quale ha disegnato un fascio di quattro legni ricurvi a mo' di barca e sormontati dal piano della mensa: i quattro legni rappresentano i quattro santi di Angera. «Viviamo in un'epoca in cui prevale lo story-telling» e questo ci porta a proiettare sugli oggetti i nostri desideri. Se ne risulta ovvia la funzione, il loro significato risiede anzitutto nel modo in cui noi li guardiamo, ha concluso De Lucchi.

Introdotta da Donatella Forconi, ha quindi preso la parola la Prof.ssa Micol Forti che dirige la Collezione di Arte Contemporanea dei Musei Vaticani: rievocando la lunga e fruttuosa dialettica tra arte e Chiesa ha evidenziato che l'espressione artistica non è pura questione di gusto, ma manifestazione della verità e pertanto va collegata alla religione e alla filosofia (v. Hegel, “Lezioni di estetica”) e si esprime nella concretezza materica dell'oggetto. Nel caso dell'altare, si sa che questo è sempre stato rivisitato nel trascorrere dei tempi e nell'evolvere della sensibilità liturgica e per quanto vi sia una dialettica col luogo (un altare che si trovi in un museo perde il proprio ruolo), il luogo di per sé non è sufficiente a garantire la qualità dell'altare stesso: di qui l'importanza della sua fattura. Per la quale oggi si richiede la “nobile semplicità” cui fa appello il Concilio e della quale peraltro già parlava il Winckelmann nel XVIII secolo, riferendosi non solo all'assenza di orpelli, ma alla chiarezza e unitarietà della forma. Tra i veri esempi di altari presentati, spicca quello pensato da Matisse per la cappella di Vence: posto di scorcio per rivolgersi tutto attorno nello spazio, e in pietra grezza per accentuarne il distacco dalla pavimentazione in lucido marmo bianco.

Altri esempi di altari contemporanei, realizzati in questi ultimi anni, sono stati presentati e commentati dal Prof. Bert Daelemans, della Universidad Pontificia di Comillas (Madrid) attraverso sette passi: La relazione tra altare e croce, La posizione dell'altare come centro della chiesa quale “segno di Cristo sacerdote vittima”, L'altare visto quale mensa eucaristica, L'unità tra altare e ambone, Il passaggio tra la “mensa della parola” e la “mensa del corpo del Signore”, L'altare quale polo centrale, ovvero soglia cristocentrica, L'altare escatologico, capace di indicare la relazione tra altare fisico e altare celeste. Esempio di quest'ultimo è la chiesa gesuita di Berlino, composta da due cubi cementizi: uno aperto, l'altro chiuso. Nel primo, un elemento di arenaria è un frammento dell'altare presente nello spazio chiuso. Si attiva tra i due una tensione dinamica che riconduce all'assoluta alterità escatologica.