Gioia contagiosa

Fratelli, sorelle,

dice la nostra Regola:

Ungi il tuo corpo di profumo, sii allegro, riempiti il viso di gioia. Sforzati di credere alla presenza di Dio che è dappertutto” (RBo 2).

Questo passo fa eco ai comandi paolini di essere sempre nella gioia (1Ts 5,16), di essere nella gioia anche nelle tribolazioni (2Cor 7,4). Questa gioia è un’ascesi, uno sforzo, non è certo spontanea, perché spesso non ci sono proprio motivi per gioire, ma piuttosto per essere rattristati e amareggiati. Essere nella gioia quando le circostanze esterne, la vita comune, inducono a tristezza e provocano sofferenza, significa vivere la resurrezione, vincere noi stessi, vincere il nostro umore e il nostro psichismo. Si tratta di gioia nel Signore, non tanto in noi, si tratta di gioia che viene dalla fede. Ma questa gioia è diffusiva e crea e partorisce a sua volta gioia. È gioia contagiosa.

Mentre l’atteggiamento di essere scuro in volto, sempre preoccupato e triste, genera, al contrario, malessere e tristezza in chi ci vive accanto. Certo, questa gioia è un lavoro, un’ascesi, è frutto di una lotta, è uno sforzo. E non a caso la Regola ricorda subito un altro sforzo, quello che fonda la possibilità di questa gioia, lo sforzo di credere alla presenza di Dio che è dappertutto: “Sforzati di credere alla presenza di Dio che è dappertutto”. Dappertutto: anche nelle situazioni in cui siamo non solo contraddetti, ma osteggiati, odiati, avversati. E nelle situazioni in cui non solo gli eventi dolorosi e infelici della vita, ma anche gli altri operano per il nostro male. Certo, Dio non è presente né nell’odio né nella violenza, non è presente nella menzogna e nel rifiuto della relazione, ma anche quelle situazioni possono divenire luoghi di presenza di Dio, se le cogliamo alla luce della fede e le viviamo alla luce dell’evangelo. Dipende da ciò che facciamo di quell’odio e di quell’avversione. E soprattutto se, di fronte alla tentazione di rispondere al male con il male, ce ne allontaniamo e aderiamo a Colui che “insultato, non rispondeva con insulti, maltrattato non minacciava vendetta, ma si affidava” (1 Pt 2,23) a Dio. Perciò, fratelli e sorelle, siamo sobri e vigilanti, perché il nostro Avversario, il Divisore, come leone ruggente si aggira cercando una preda da divorare. Resistiamogli saldi nella fede nella presenza di Dio che è dappertutto e perseveranti nella gioia che viene dal Risorto. E tu, Signore, abbi pietà di noi.