L'eredità più bella: l'amore

Omelia di S.S. Tawadros II, papa di Alessandria
per i funerali di S.E. Anba Kyrolos, Metropolita di Milano

Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, Unico Dio. Amen.

Che la Sua misericordia e la sua grazia discendano su di noi, da ora e per sempre. Amen.

Le parole delle Sacre Scritture dicono: “Ecco il mio servo che io ho scelto; il mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. […]. Non contenderà, né griderà, né si udrà sulle piazze la sua voce. La canna infranta non spezzerà, non spegnerà il lucignolo fumigante, finché abbia fatto trionfare la giustizia; nel suo nome spereranno le genti” (Mt 12,18-21). La divina rivelazione ha dettato queste parole profetiche che si riferivano alla persona di Cristo Signore, e ora noi le prendiamo in prestito, nel loro significato simbolico, e le diciamo per il nostro amato Anba Kirollos, Metropolita di Milano.

Siamo riuniti, miei cari fratelli, per dare l’ultimo saluto a questo onorato Metropolita. Nei cuori siamo afflitti, tristi, i nostri occhi piangono, ma al tempo stesso abbiamo in noi la speranza, e la consapevolezza che coloro che lasciano la terra diventano nostri intercessori nei cieli. Riunendoci per salutare il nostro caro, che ha vissuto tra noi, ci ha servito, ha molto patito per noi, i nostri cuori si aprono verso il cielo. Sentiamo dentro il dolore della separazione e dell’allontanamento, ma al contempo abbiamo guadagnato un amico che nei cieli innalza preghiere per noi e intercede in nostro favore.

Siamo riuniti di fronte alla verità della morte, la più grande verità della nostra vita, sappiamo che tutti gli uomini sono destinati a questo finale, affinché abbia inizio la vita eterna. L’uomo vive la sua vita sulla terra in lungo e in largo, ma Dio guarda alla carità, alla lealtà, a quello che ha nel cuore; lo osserva, lo scruta e conosce la misura della sua giustizia.

Sappiamo che la morte è un passaggio che ci porta da questa vita a quella nuova. Sappiamo che lasceremo la terra, e che quella sarà la fine delle nostre fatiche, delle preoccupazioni, del dolore. “Beato chi hai scelto e chiamato vicino, abiterà nei tuoi atrii” (Sal 64,5).

Abbiamo letto nelle vite dei santi del cosiddetto “rapimento dei giusti”: Dio vede le loro vite, buone e perfette, e li rapisce. Così è stato per Enoch il giusto, del quale sta scritto nell’Antico Testamento “Enoch camminò con Dio e non fu più perché Dio l'aveva preso” (Gen 5,24). Enoc camminava con Dio, e così accade di ogni giusto: Dio lo prende.

Con la morte giungiamo a Dio e alla nostra vera Dimora. Le Scritture dicono che viviamo nella tenda terrena (2Cor 5,1), che è il corpo con il quale viviamo, una dimora non perenne. Quando l’uomo viene trasferito dalla terra alla vita celeste, viene portato nel luogo della Vita, nel luogo in cui si risiede con Dio, nel luogo della gioia, della pace, della quiete, del riposo. L’uomo non trova riposo sulla terra, nel modo più assoluto, ma lì, nei cieli, trova il vero riposo da tutte le pene del mondo.

Fratelli miei, non crediate che l’uomo sia una creatura terrena.

Tu sei una creatura celeste, inviato per trascorrere sulla terra un lasso di tempo determinato, per un numero di anni limitati, che termineranno proprio affinché tu possa tornare alla tua dimora eterna, nei cieli. Salutiamo il nostro amato Anba Kirollos che se ne va nella sua dimora celeste.

Conosco Anba Kirollos da oltre trent’anni, prima ancora che io entrassi nel monastero. Conosco la sua mitezza, la sua carità e il suo cuore grande. Sono trascorsi molti anni e Dio ha voluto affidarmi l’incarico che sto ricoprendo, e abbiamo cominciato a organizzare e sistematizzare l’attività ecclesiastica. Una delle prime cose a cui abbiamo pensato all’inizio di questo ministero, è stata la figura del “Vicario papale d’Europa”, una carica inedita, nuova, ma necessaria e di grande importanza per il coordinamento delle attività.

In verità, e rendo testimonianza davanti a Dio, egli si è adoperato per questo incarico, e lo ha svolto nel migliore dei modi. Ma prima ancora di affidargli l’incarico di Vicario papale, conoscevo l’amore che il defunto padre, Papa Shenuda III, nutriva nei confronti di Anba Kirollos. Conoscevo i suoi esordi: il suo ministero a Minya, di cui tuttora molti respirano l’aroma; il suo ministero a Sohag e al Cairo. Questo accadeva quando era dapprima monaco, poi vescovo. In seguito S.S. Papa Shenuda III lo ha delegato al ministero a Brighton, in Inghilterra, a Graz, in Austria, e in altri luoghi in cui ha prestato servizio per pochi mesi. Infine è giunto qui, per dare inizio a una nuova opera.

Al suo arrivo questo luogo non era come si presenta ora e molti tra voi sono testimoni di questo. Ha iniziato a operare, con la grazia di Cristo, e la sua attività era vigorosa: ha fondato un monastero, questo fiorente monastero Anba Shenuda di Milano, ha fondato una Diocesi che è divenuta la Diocesi copta di Milano, che non esisteva prima di lui e di cui è stato il primo vescovo. Serviva e seminava chiese per prendersi cura di questo popolo, che ama Cristo.

Il suo ministero era vigoroso, efficace e ha portato frutti, ma ciò che era ancora più importante, il suo ministero era quieto. Il frutto della giustizia è sempre seminato nella pace per coloro che amano la pace. La natura ci insegna che i semi degli alberi più imponenti vengono gettati e mettono radici senza fare rumore, e crescono nel silenzio e nella quiete: questo conduce al successo, che invece non giunge attraverso il clamore.

Sua Eminenza Anba Kirollos ha compiuto grandi opere non soltanto entro i confini della sua Diocesi, ma la sua attività si è estesa in altre due direzioni. Innanzitutto si è rivolto al servizio dei bisognosi, “I fratelli del Signore”, in Egitto: questo ministero occupava larga parte dei suoi pensieri, della sua attività e del suo servizio. È intervenuto in numerosi luoghi in Egitto, servendo i poveri, e nessuno sa quali fossero, solo Dio lo sa. Ha sostenuto molto questo servizio, senza mai apparire, e con le sue fatiche questo servizio si è sempre più allargato, anno dopo anno, senza che nessuno lo sapesse. Ma Dio sapeva. Ha mantenuto nascosto questo servizio verso l’Egitto osservando quanto dicono le Scritture. Ha messo in pratica il precetto alla lettera, non come individuo, ma nella dimensione dell’intera sua Diocesi e di altre Diocesi e numerose chiese.

La seconda direzione in cui il suo servizio si è esteso si è realizzata attraverso l’incarico di Vicario papale: questo incarico prevede il coordinamento delle attività ministeriali negli Stati europei. In Europa abbiamo quindici metropoliti e vescovi, e chiese e Diocesi. Ci sono diocesi che sono state create con il suo ausilio, come quelle in Olanda, in Grecia, nel Sud della Francia e a Ginevra, nate con il suo aiuto; ha operato con il suo spirito mite in altri luoghi che sono stati predisposti per ospitare Diocesi.

Ci sono poi, tanti altri luoghi in cui hanno iniziato a risiedere piccoli gruppi di copti, e lui ha cominciato a prestarvi servizio. Probabilmente alcuni di voi non sanno che aveva cominciato a servire in Portogallo, in Spagna, in Slovenia, luoghi in cui ora ci sono famiglie copte che necessitano di essere curate e servite, e di chiese per loro.

Egli ha compiuto queste e molte altre cose nel più assoluto silenzio e nella quiete più totale. E la sua quiete era motivo del suo successo. Il suo silenzio, accompagnato dalle preghiere era motivo dei suoi frutti, i molti frutti di cui Dio ha gioito. E non è tutto. Nel corso del suo ministero, da quando è stato ordinato vescovo, e prima ancora da monaco, si è distinto in due aspetti di grande rilevanza.

Si è distinto per la sua vena artistica, nell’arte fine e bella. Nella chiesa in cui ci troviamo in questo momento, la chiesa di questo monastero, potete vedere tratti di bellezza anche nelle più piccole cose. Si è preso cura dell’aspetto artistico, e la bellezza che vediamo è immagine della bellezza celeste. Non dimenticate quello che il Profeta Davide scrisse nel salmo: “Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io cerco: abitare nella casa del Signore […] e ammirare la bellezza del suo santuario” (Sal 27,4).

L’arte era uno dei suoi strumenti nel ministero, e poiché era ingegnere, e avendo questa natura e questo talento, lo ha impiegato moltissimo nel ministero. Anche le pubblicazioni che sono state stampate, i luoghi che sono stati fondati manifestavano una bellezza quieta e fine. È come se la bellezza fosse una forma per vivere il culto nel cuore. Si è preoccupato soprattutto dei bambini e della formazione delle future generazioni della diocesi.

Durante le mie diverse visite qui, ho notato, tra le altre cose, che i bambini, i giovani, i ragazzi e le ragazze, avevano tutti una stessa condotta. Hanno bevuto dalla stessa fonte. Hanno ricevuto lo stesso insegnamento. Hanno vissuto la chiesa, nella sua bellezza e semplicità, e nell’adorazione genuina. Nella vita e nel tempo che Dio gli ha concesso ha cresciuto diverse generazioni in questa diocesi, e l’arte e la bellezza si sono impresse in numerosi luoghi all’interno di questa diocesi che ama Cristo.

Il secondo aspetto in cui si è distinto è stata la sua dote nella scrittura di meditazioni spirituali, profonde e dettate dall’esperienza diretta. La rivista al-Kiraza, rivista ufficiale della Chiesa copta, fin dai tempi di Papa Shenuda ha pubblicato moltissimi articoli che parlavano direttamente agli animi e ai cuori dei lettori, che ne restavano commossi. Benché la rivista includesse molti articoli, quello di Anba Kirollos si distingueva per la grande profondità spirituale, che in larga misura esprimeva meditazioni e preghiere. Erano articoli che attiravano e auspico che i suoi figli un giorno li raccoglieranno e li pubblicheranno, perché sono davvero un nutrimento per le anime, ed è importante che leggiamo e tocchiamo lo Spirito che ha operato dentro di lui.

Oltre a tutti questi numerosi ministeri, ha iniziato a programmare quello che chiamiamo “Convegno dei ministri delle chiese e delle diocesi d’Europa” che si tiene ogni due anni. Lo scorso maggio si è tenuto il terzo di questi incontri: vi abbiamo preso parte, ed è stata l’ultima volta che l’ho visto. Si preoccupava molto di questo convegno: sceglieva il luogo, e lo organizzava insieme a un gruppo di collaboratori. Sceglieva un luogo che potesse trasmettere serenità ai partecipanti, dal punto di vista degli alloggi, dell’ospitalità, degli interventi, degli insegnamenti, del dialogo e delle sessioni, e prestava anche attenzione al contesto naturale che faceva da cornice al luogo, bello anch’esso.

In quest’ultimo convegno, ci siamo riuniti, e in tutti i partecipanti regnavano gioia e letizia. Eravamo oltre 200 persone, e il convegno è durato tre giorni. Abbiamo scattato delle foto-ricordo, e tra queste c’è stata una foto molto significativa, in cui eravamo tutti riuniti, per uno scatto incomparabile. Dopo aver posato per la foto, ci ha lasciati per preparare la sessione successiva del convegno.

Seregno Maggio 2017
Seregno Maggio 2017
In quel momento il fotografo ha scattato un’altra foto, in cui pare librarsi, andarsene lasciandoci sulla terra.

Aveva una sensazione forte che avrebbe lasciato presto la terra. Perciò, come mi hanno riferito i preti della Diocesi, ha iniziato gli incontri in occasione del digiuno mariano in anticipo, ha visitato tutte le chiese della Diocesi, e ha riunito i fedeli della chiesa che non aveva visitato. Ha incontrato tutti i preti e ha compiuto gesti che pareva fossero di addio.

SMS
SMS
Sabato scorso mi ha inviato un messaggio sul telefono. Generalmente mi scriveva solo per riferirmi questioni precise relative al ministero, per chiedermi risposte e indicazioni. In questo messaggio mi ha inviato una breve preghiera che lui faceva per me, incoraggiandomi. E basta. Nel messaggio non parlava di alcuna questione. Ero confuso, non sapevo come rispondere. Non avevo compreso cosa intendeva dirmi con quel messaggio, ma era un messaggio di addio. Gli ho risposto “Ho fortemente bisogno delle tue preghiere”. Ed è volato lunedì scorso.

Ricordiamo un metropolita davvero onorabile, che la chiesa perde in quanto metropolita e pilastro della sua storia contemporanea. Io sento di aver perduto un amico, amorevole, sincero, leale, un fratello amato, che sosteneva e incoraggiava. Sento che la sua dipartita è una grande perdita, ma ringraziamo Dio sempre, e diciamo: “Rendiamo grazie a Dio, in ogni caso, per ogni cosa e di ogni cosa”. Come sta scritto, diciamo “Sto in silenzio, non apro bocca, perché sei tu che agisci” (Sal 38,10).

Stiamo in piedi, davanti a Dio, nel salutarlo per l’ultima volta, certi che Dio è il padrone della vita, dal suo principio sino alla sua conclusione. Ci lascia, ma dimora nei nostri cuori. Coloro che amiamo non se ne vanno: dimorano nel cuore. E coloro che amiamo veramente non possono andare lontano dalle nostre menti, dai nostri pensieri. È impossibile. L’amore è il legame solido che ci unifica e ci unisce tutti: noi che siamo qui sulla terra e coloro che sono nei cieli.

Lo salutiamo così com’era: caro e benedetto. Ha vissuto in mezzo a noi, ha servito la sua Chiesa e il suo paese. È stato un modello esemplare di paternità per un vescovo e un metropolita, con il suo ministero, con la sua sincerità, con la sua fedeltà, e con le virtù che lo hanno distinto e che vedevamo. So che aveva tante altre virtù, buone e piene di gloria, anche se non si sono manifestate davanti a noi.

Ha lasciato questo monastero in cui i monaci si amano davvero vicendevolmente. Ha lasciato questa diocesi, il cui sinodo, i preti e le loro famiglie, vivono nell’amore. Questa è la più grande eredità che possiamo ricevere dal suo ministero. Niente è più bello di un padre che lascia in eredità ai suoi figli, fratelli e padri sacerdoti, non ricchezze materiali, ma l’amore.

Lo salutiamo a nome del Santo Sinodo della Chiesa copta ortodossa, a nome di tutti i padri metropoliti e vescovi, e di tutti i membri del Sinodo, e di quelli qui presenti, venuti da luoghi numerosi, chiamati dall’amore per questo nostro caro, per partecipare tutti al suo addio.

Porgiamo tutto il nostro cordoglio al suo fratello secondo la carne, il nostro caro vescovo Anba Botros, vescovo di Shibin al-Qanater, al Cairo, in Egitto. Porgiamo il nostro cordoglio a tutte le persone che ha amato e ai suoi figli, in questa Diocesi, in tutte le sue regioni, a tutti i padri sacerdoti e ai monaci, a tutti i servitori e tutti i fedeli, piccoli e grandi; ma porgiamo il nostro cordoglio anche a tutte le persone che ha amato e che vivono in tanti altri luoghi nel mondo. Durante il suo ministero nella diocesi ha aperto il suo cuore, il suo monastero e la sua diocesi a molte persone che venivano angosciati e tornavano indietro lieti, lasciando le loro pene qui, in questo luogo, nelle conversazioni con lui, che con la sua benevolenza, con il suo amore e con la sua semplicità, con le sue preghiere, con le sue meditazioni li faceva tornare nei loro paesi e nelle loro case lieti e confortati.

Sentiremo la sua mancanza sulla terra, ma lo abbiamo guadagnato in cielo. Dio consoli tutti gli amati figli che sono entrati in contatto con lui e sono stati colpiti dalla sua improvvisa dipartita che, come ho detto in altre occasioni, è sempre un forte indice della giustizia nella vita di una persona. Consideriamo la sua dipartita una lezione sull’essere pronti per la Vita Eterna. Come ha detto san Paolo Apostolo: “Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, queste ha preparato Dio per coloro che lo amano” (1Cor 2,9). Ora lui direbbe insieme a san Paolo Apostolo “Desidero essere sciolto dal corpo per essere con Cristo, il che sarebbe assai meglio” (Fil 1,23). E noi gli diciamo: Beato te per questo tuo desiderio!

Cristo nostro Dio ci dia conforto, e colmi i nostri cuori con le sue consolazioni. Viviamo ricordando un uomo che ha servito davvero, il cui cuore era secondo quello di Dio (At 13,22). Lo salutiamo e che tutti i nostri cuori ricevano la consolazione dal nostro Signore, Gesù Cristo.

La nostra presenza qui, tra le preghiere, e le letture che abbiamo udito e alle quali abbiamo preso parte ci consoli, e allo stesso tempo, i nostri cuori stringano un patto davanti a Dio in questo momento: ricordare il suo ministero, e come ci ha servito nella verità e nella fedeltà. Prestiamo anche noi il nostro servizio nella verità e nella fedeltà, e preghiamo dicendo: “Donaci Signore, una fine buona, e porta a compimento i nostri giorni nella pace”.

Al nostro Dio spettano la gloria e l’onore, ora e per sempre. Amen.

(traduzione dall’arabo di Marina Eskandar)