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Esperienze ecumeniche locali (e non) dalla visita di papa Francesco a Ginevra (21 giugno 2018)

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Granelli di Senape

di Riccardo Burigana per Finestra Ecumenica

La visita di papa Francesco, il 21 giugno 2018, a Ginevra, al Consiglio Ecumenico delle Chiese, in occasione delle celebrazioni del 70° anniversario della fondazione del Consiglio, ha assunto un significato che andato ben oltre i rapporti tra la Chiesa Cattolica e il Consiglio Ecumenico delle Chiese, per il contenuto degli interventi del papa, per lo stile ecumenico dei diversi momenti di questa visita e per i commenti a questa giornata; è diventata una pagina storica di un cammino ecumenico che vive, a detta di molti - fra i quali chi scrive - una stagione di grande vivacità per la profonda sintonia che si avverte esistere tra molti dei responsabili delle Chiese cristiane e degli Organismi ecumenici internazionali, anche se questa sintonia, pur aprendo e rilanciando il dialogo bilaterale, non ha condotto ancora a significativi passi in avanti nel superamento delle questioni teologiche che costituiscono un elemento di divisione tra i cristiani.

Proprio a partire dalla visita di papa Francesco a Ginevra, che viene assunta, in questo testo, solo come termine temporale a quo senza alcuna considerazione sulla sua recezione, se non quando questa viene esplicitata in modo chiaro, si può provare a riflettere su come il cammino ecumenico si è venuto arricchendo per tante esperienze locali e non solo; si tratta di delineare non tanto un quadro cronologico e/o geografico di questo universo di esperienze, con una particolare attenzione a quelle locali, quanto piuttosto di indicare degli ambiti dove più evidenti sono gli elementi comuni che hanno animato e percorso queste esperienze, in un tentativo di sintesi che sa bene di muoversi in un quadro non esaustivo, per la complessità e la vastità del cammino ecumenico che ha dimensioni e tempi globali.

Sono, a mio avviso, almeno cinque ambiti nei quali si coglie un ulteriore sviluppo e approfondimento del cammino ecumenico, spesso nella profonda continuità con il recente passato, anche se non mancano elementi che introducono e sollecitano novità. Un primo ambito è il coinvolgimento dei giovani che sempre più è diventato un tema all’ordine del giorno; non si tratta semplicemente di indicare quanto importante sia per la vita delle stesse comunità un’attiva partecipazione dei giovani al cammino ecumenico e di sottolineare la necessità di sostenere le organizzazioni ecumeniche, tanto più quando queste si aprono a una dimensione nazionale o continentale in uno concreto sforzo di tenere uniti movimento ecumenico e universalità ecclesiale. L’interesse si è venuto concentrando sulla ricerca di forme con le quali avviare un processo di trasmissione di quanto è stato fatto dal cammino ecumenico a partire dall’inizio del XX secolo, come è apparso evidente nella definizione del programma delle celebrazioni per il 70° anniversario della fondazione del Consiglio Ecumenico delle Chiese; in questo caso non solo si è cercato di far raccontare l’esperienza del Consiglio a coloro che ne sono stati protagonisti, ma si è riservato uno spazio proprio a un pellegrinaggio di giovani, in modo che fosse evidente che a loro veniva chiesto di prendersi cura del cammino ecumenico, così come i giovani hanno fatto, soprattutto, nelle fasi iniziali, nei primi decenni del XX secolo, quando la partecipazione alle organizzazioni cristiane studentesche, in tanti casi, coincise con la scuola primaria dell’ecumenismo. Indubbiamente non si tratta di un tema nuovo, dal momento che, negli ultimi decenni, forte e diffusa è stata la preoccupazione della trasmissione della tradizione ecumenica per vivere il presente e per costruire il futuro, come è stato nel caso della consegna della Charta Oecumenica, pensata, scritta e rivista per essere uno strumento per l’ecumenismo quotidiano in Europa, ai giovani cristiani a Strasburgo, nell’aprile 2001, da parte di coloro che avevano partecipato alla redazione del documento. Alla ricerca di nuove forme di spiritualità ecumenica, in grado di coinvolgere i giovani per un impegno concreto nella testimonianza dei valori cristiani, con i quali costruire un mondo di armonia e di pace, si colloca anche l’incontro per i giovani, pensato dalla Comunità di Taizé, a Beirut, in primavera, senza dimenticare il pellegrinaggio europeo di fine anno, che ha fatto tappa a Madrid. Le scuole di formazione ecumenica, nel mondo, spesso volute dal Consiglio Ecumenico delle Chiese, come le iniziative dell’Ecumenical Youth Council of Europe, fanno parte di una tradizione ecumenica che si è venuta solo rafforzando anche se molto appare da fare in questo ambito, soprattutto nell’acquisizione della dimensione ecumenica della testimonianza cristiana nei percorsi di formazione dei giovani, anche all’interno del mondo dell’associazionismo.

Un secondo ambito è costituito dall’accoglienza, promossa ecumenicamente, in tanti luoghi, dove uomini e donne in fuga si trovano a «bussare alla porta»; si tratta di una dimensione che, per certi versi presente fin dai primi passi del movimento ecumenico, negli ultimi anni ha assunto una valenza sempre più ampia anche in seguito a alcuni significativi gesti tra i quali si può ricordare, solo come uno tra i tanti, la firma dell’accordo tra la Caritas cattolica e la Caritas luterana, proprio il 31 ottobre 2016, a margine della Preghiera ecumenica di Lund con la quale papa Francesco e il vescovo luterano Younan Munib hanno aperto l’anno di commemorazione comune del 500° anniversario dell’inizio della Riforma. Questa testimonianza ecumenica ha assunto una dimensione globale: in Europa, sia a livello continentale, con le prese di posizioni della Conferenza delle Chiese Europee, che nazionale, dalla Germania all’Italia, al Regno Unito, agli Stati Uniti, dove il National Council of Churches, da sempre impegnato su questo tema, si è trovato sostenuto anche da reti ecumeniche, come Ecumenical Advocacy Days, a Bangkok, dove la Conferenza Cristiana dell’Asia ha organizzato un convegno sulla condizione dei migranti del Golfo Arabico, oltre che attivare una fitta rete di iniziative per una cultura dell’accoglienza, fino all’America Latina, dove, a Buenos Aires, si è svolto un incontro voluto dal Lausanne Movement, nell’ottobre, proprio per una risposta cristiana «ai rifugiati e ai perseguitati». L’accoglienza è così diventata una delle priorità del cammino ecumenico, che si è dovuto confrontare anche con le riserve e le ostilità delle istituzioni governative che in tanti casi, anche quando si appellavano a valori cristiani, hanno espresso contrarietà per quanto i cristiani, insieme, stavano facendo per l’accoglienza dell’altro.

Un terzo ambito è costituito dall’azione a favore della salvaguardia del creato; si tratta di un ambito dove da decenni i cristiani sono impegnati, spesso in prima persona, nella denuncia delle violenze ai danni del creato, con un richiamo forte alla dimensione biblica di questa denuncia. In questi anni non sono mancate iniziative e proposte ecumeniche, pensate da singole Chiese, come il Patriarcato ecumenico di Costantinopoli, o da organismi ecumenici, come il Consiglio Ecumenico delle Chiese, e condivise da tante realtà ecclesiali e ecumeniche; l’elezione di papa Francesco ha segnato una svolta poiché il pontefice non solo ha sottolineato la dimensione ecumenica di queste proposte, ma anche rilanciato l’idea che i cristiani si facessero portavoci di un nuovo modello economico, soprattutto dopo la pubblicazione dell’enciclica Laudato sì che è diventata un documento «ecumenico», come dimostra la sua recezione. In questa direzione si sono moltiplicate le iniziative concrete per una «conversione ecologica», come in Gran Bretagna, dove, già nell’estate del 2018, si contavano oltre 5000 edifici di culto che avevano accolto il programma per una totale autonomia energetica. Un passaggio particolarmente significativo è stata la partecipazione cristiana all’incontro internazionale di Katowice dove i governi del mondo, convocati dalle Nazioni Unite, hanno fatto il punto della situazione anche alla luce della recezione degli accordi sottoscritti a Parigi; a Katowice, in dicembre, si è sentita la voce dei cristiani, che hanno preso parte all’incontro con una serie di iniziative ecumeniche con le quali sensibilizzare le comunità locali proprio a partire dalla Parola di Dio. Queste iniziative hanno rafforzato quanto proprio a Katowice la rete ecumenica per la salvaguardia del creato in Europa aveva detto nel convegno annuale (6-10 ottobre), a poche settimane dall’incontro organizzato dalle Nazioni Unite, quando erano state rilanciate alcune proposte per introdurre delle buone pratiche da condividere tra cristiani, come segno di cambiamento, così come in Kenya, in agosto, i cristiani hanno denunciato la deforestazione e nelle isole Figi, a settembre, la progressiva erosione per l’innalzamento delle acque, solo per fare due esempi.

Un quarto ambito è la denuncia delle difficili condizioni dei cristiani in tanti luoghi nel mondo, a cominciare dalle comunità cristiane in Medio Oriente. Infatti, pur nelle sempre più numerose dichiarazioni ecumeniche di sostegno a favore dei cristiani che, talvolta, nel sangue testimoniano la fede in Cristo, rimane centrale l’attenzione alle comunità in Medio Oriente che costituiscono una sfida per promuovere una coesistenza non solo tra cristiani, superando così tensioni e contrapposizioni che hanno caratterizzato, e in gran parte caratterizzano ancora, i rapporti interconfessionali, ma anche tra diverse religioni come primo passo per la realizzazione della pace nella regione, come è stato detto nel corso di un convegno, promosso dalla Conferenza delle Chiese Europee nello scorso dicembre nel Regno Unito, dopo che, nel luglio, a Zurigo il Consiglio generale dell’Alleanza Battista Mondiale si era schierato a difesa di tutti i cristiani perseguitati nel mondo, con un implicito invito alla condivisione ecumenica di questa proposta.

L’ultimo ambito è quello della promozione della riconciliazione delle memorie per costruire e per rafforzare i percorsi di pace; da questo punto di vista esemplare è stato il cammino dei cristiani in Etiopia, dove le Chiese ortodosse hanno superato uno «scisma» che ha profondamente segnato la vita degli etiopi, dentro e fuori i confini del paese, negli ultimi ventisette anni, contribuendo al clima di contrapposizione che tante ferite ha causato; il Consiglio ecumenico delle Chiese ha sostenuto i processi di riconciliazione, come quello, a primi passi, nella Repubblica Democratica del Congo, all’interno del «pellegrinaggio di giustizia e pace» che tanto caratterizza la vita del Consiglio e delle sue Chiese membro dall’Assemblea generale di Busan nel 2013. In Congo, come altrove, sono stati compiuti gesti di riconciliazione tra cristiani e, talvolta, tra cristiani e musulmani, che sono nati per iniziativa locale al termine o durante un cammino condiviso che ha segnato così una tappa particolarmente significativa proprio grazie alla riflessione sul profondo legame tra riconciliazione e unità, da vivere e da costruire ogni giorno, passo dopo passo. Questa riflessione ha pesato anche nelle celebrazioni ecumeniche, soprattutto in Europa, per il 100° anniversario della conclusione della Prima Guerra Mondiale nel novembre 2018, che sono state occasioni per rilanciare l’idea che dalle memorie riconciliate si può partire per costruire la pace. L’onda lunga della commemorazione ecumenica del 500° anniversario dell’inizio della Riforma, che per tutto il 2017 ha segnato una molteplicità di incontri di vario livello in tutto il mondo – anche nei paesi dove poteva sembrare così lontano il tema delle Riforme religiose del XVI secolo, come l’Indonesia – ha vissuto nel marzo 2019 un momento particolarmente importante nella prospettiva della riconciliazione all’University of Notre Dame (Indiana, USA): proprio prendendo le mosse dal documento Dal conflitto alla comunione (pensato dalla Commissione cattolica-luterana per il dialogo per il 500° anniversario ma poi, di fatto, superato dalla preghiera ecumenica di Lund del 31 ottobre 2016) si è riflettuto sullo stato del dialogo ecumenico e si è pregato per chiedere di proseguire sulla strada della riconciliazione per superare gli ostacoli che ancora impediscono la piena e visibile comunione tra cristiani.

Si tratta di cinque ambiti (giovani, accoglienza, salvaguardia del creato, persecuzione dei cristiani e riconciliazione delle memorie) con i quali si può, a mio avviso, cogliere quanto ampio e articolato sia stato il cammino ecumenico a partire dalla citata visita di papa Francesco a Ginevra; si potrebbe osservare che non si tratta di ambiti nuovi, dal momento che sono temi sui quali, più o meno, con forme e contenuti diversi, da anni i cristiani hanno avviato un confronto, una riflessione e una testimonianza in una prospettiva ecumenica, ma questi hanno assunto, soprattutto negli ultimi anni, un rilievo del tutto nuovo proprio alla luce della stagione di sintonia ecumenica che si è venuta sviluppando – anche, se non solo – per l’opera di papa Francesco. Di fronte a questa sintonia, che genera speranze e preoccupazioni, a seconda della comprensione del significato del cammino per la costruzione dell’unità visibile dei cristiani, non vanno però dimenticate ferite vecchie e nuove che lacerano la Chiesa: le rinnovate tensioni tra Costantinopoli e Mosca, a seguito della decisione della Chiesa ortodossa di Ucraina di chiedere l’autocefalia, ottenendola proprio da Costantinopoli; le difficoltà che sembrano non trovare più una soluzione, nel mondo anglicano, nonostante i tentativi per riaffermare la necessità di recuperare una comunione; l’animato dibattito che coinvolge l’universo pentecostale, al suo interno per sottolineare peculiarità e unità, e all’esterno per trovare eventuali elementi in comune, soprattutto nel campo della missione dell’annuncio della Parola di Dio; l’azione ecumenica della Chiesa di Roma – tanto sostenuta da papa Francesco, nonostante le numerose critiche interne che solleva – anche nella direzione di una conversione del cuore dei cristiani.

Queste «ferite» convivono con una testimonianza quotidiana per l’unità visibile che sostiene il dialogo ecumenico dei cristiani, soprattutto a livello locale, nella recezione, non sempre semplice e immediata, delle istanze della teologia ecumenica, e nella creazione di nuove esperienze di comunione che chiedono una sempre migliore conoscenza della identità così da rafforzare il cammino verso l’unità nella diversità.