Ascolto
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Ascoltare infatti significa non solo confessare la presenza dell’altro, ma accettare di far spazio in sé a tale presenza fino a essere dimora dell’altro. L’esperienza dell’inabitazione della presenza divina in sé (le visite del Verbo di cui san Bernardo più volte si confessa beneficiario a seguito della sua lectio biblica) non è dissociabile dal divenire capaci di «dare ospitalità» agli altri grazie all’ascolto. Si comprende così che colui che ascolta, che definisce la sua identità in base al paradigma dell’ascolto, sia anche colui che ama: in radice è vero che l’amore nasce dall’ascolto, amor ex auditu. L’ascolto «di Dio», con tutte le dimensioni – di silenzio, di attenzione, di interiorizzazione, di sforzo spirituale per trattenere ciò che si è ascoltato, di decentramento da sé e ricentramento sull’Altro – che esso esige, diviene accoglienza, o meglio, svelamento in sé di una presenza intima a noi più ancora di quanto lo sia il nostro stesso «io». L’ascolto porta il credente a rifare l’esperienza di Giacobbe, quando il patriarca esclamò: «Il Signore è in questo luogo e io non lo sapevo» (Genesi 28,16). Ma il luogo di Dio non è altro che la persona umana. Per la Bibbia, infatti, Dio non è «Colui che è», ma «Colui che parla», e parlando cerca relazione con l’uomo e suscita la sua libertà: infatti, se la parola è un dono, essa può sempre essere accolta o rifiutata. Per questo la vita spirituale cristiana fa anche della lettura un’ascesi, un movimento di incontro con Colui che parla attraverso la pagina biblica.