Non paura, ma fiducia


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Davide Balliano
Davide Balliano

14 aprile 2025

Dal Vangelo secondo Luca Lc 19,41-46

In quel tempo 41quando Gesù fu vicino, alla vista della città pianse su di essa 42dicendo: «Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, quello che porta alla pace! Ma ora è stato nascosto ai tuoi occhi. 43Per te verranno giorni in cui i tuoi nemici ti circonderanno di trincee, ti assedieranno e ti stringeranno da ogni parte; 44distruggeranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata».

45Ed entrato nel tempio, si mise a scacciare quelli che vendevano, 46dicendo loro: «Sta scritto:

La mia casa sarà casa di preghiera.
Voi invece ne avete fatto un covo di ladri».


All’inizio della settimana santa seguiamo Gesù nel suo cammino verso la croce, verso la pienezza e il compimento dell’amore. Siamo sconvolti e stupiti di fronte ai gesti che Gesù consapevolmente compie. Egli è entrato in Gerusalemme, re messia a cavallo di un puledro, acclamato dalle folle. Il mattino seguente compie un altro gesto eclatante e caccia dal tempio i venditori di colombe e i cambiamonete che vendevano ai fedeli gli animali per il sacrificio. 

Ci stupisce vedere Gesù in collera, ma dobbiamo comprenderne il senso. Non si tratta solo di un gesto di protesta violenta e ideologica. Gesù non distrugge per il gusto di farlo o per affermare la sua idea, ma perché vuole rendere al tempio la sua autentica funzione di luogo di preghiera e non di commercio e potere. Gesù rivendica al tempio la sua vocazione di luogo di incontro tra Dio e il suo popolo nella preghiera, ma c’è di più la citazione estesa di Isaia ci rivela che il desiderio di Dio non si limita al popolo eletto, ma è esteso a tutti i popoli senza distinzioni. 

La preghiera che Gesù ci chiede non si limita alle liturgie e alle devozioni che sono strumenti e non il fine della preghiera, tutto deve aiutarci a stare davanti a Dio nella fiducia, sapendo di essere amati e perdonati sempre in ogni oggi della nostra esistenza, e così anche noi sapremo capaci di perdono e misericordia per i nostri fratelli e sorelle. 

Distruggendo i tavoli dei venditori e dei cambiamonete Gesù dichiara finito il tempo dei sacrifici: in lui si compie l’ultimo e definitivo sacrificio. Dio non vuole incontrare l’uomo nel sacrificio e nella paura, ma nella misericordia e nella fiducia, in quell’amore per ogni creatura che il Figlio rivela nella sua pienezza fino alla fine, fino al dono di sé sulla croce.

È finita l’economia dei sacrifici nel tempio, Gesù è il nuovo tempio in cui “i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità” (Gv 4,23). Nell’umanità di Gesù che, “riconosciuto come uomo, umiliò sé stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce” (Fil 2,8) c’è l’umanità di ciascuno di noi, di ogni vivente, quell’umanità ferita dal male, dalla sofferenza, dal peccato, stanca e oppressa dall’ingiustizia e dalla violenza. 

Questo è il vero tempio del Signore, perché “la sua casa siamo noi se conserviamo la libertà e la speranza di cui ci vantiamo” (Eb 3,6). Non la paura dei capi dei sacerdoti, ma la fede-fiducia e la misericordia devono caratterizzare il culto del discepolo del Signore. Solo l’amore fino alla fine, solo la misericordia e il perdono possono spezzare le catene del male, dell’odio, della sofferenza.

 In questo cammino verso la Pasqua il nostro sguardo rivolto al crocefisso risorto ci aiuti a discernere nell’amore del Figlio e del Padre che si manifesta sulla croce nell’effusione dello Spirito, il senso ultimo della vita, la promessa di amore per ogni essere vivente qui e ora, per ciascuno di noi affaticati e oppressi.

fratel Nimal