Parabole: la Parola che risana il cuore


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13 febbraio 2024
Mt 13,10-17 (Lezionario di Bose)

In quel tempo10si avvicinarono i discepoli e dissero a Gesù: «Perché a loro parli con parabole?». 11Egli rispose loro: «Perché a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. 12Infatti a colui che ha, verrà dato e sarà nell'abbondanza; ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha. 13Per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono. 14Così si compie per loro la profezia di Isaia che dice:

Udrete, sì, ma non comprenderete,
guarderete, sì, ma non vedrete.
15Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile,
sono diventati duri di orecchi
e hanno chiuso gli occhi,
perché non vedano con gli occhi,
non ascoltino con gli orecchi
e non comprendano con il cuore
e non si convertano e io li guarisca!

16Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. 17In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono!


«Il nostro cuore è una zolla di terra, di terra pronta a dare la vita ai tuoi semi, Signore»(G. Vannucci). Noi siamo quel terreno variegato che riceve il seme. Non cessiamo di invocare «il seminatore infaticabile delle nostre lande e sterpaglie»: abbiamo «bisogno del Dio seminatore» che non si stanca né si scoraggia di fronte alle nostre aridità. A lui chiediamo il dono di «un cuore non derubato» (E. Ronchi).

Ma di fronte a questa ennesimo discorso di Gesù che intreccia parole e immagini, come quella del seme, del campo e del seminatore, i discepoli si accostano a Gesù per chiedergli come mai il Maestro parli alle folle con parabole, mentre ai suoi parli apertamente. 

Si delineano due gruppi: un buon numero di persone che non comprendono molto quel che dice Gesù e questo induce il Maestro a parlare loro in parabole, e poi i discepoli con i quali il Signore si esprime in modo esplicito, senza giri di parole. Non si tratta di circoli di privilegio, ma vi è da un lato uno sguardo di realismo da parte di Gesù sulle dinamiche di ascolto e non ascolto, di accoglienza e di chiusura, di riconoscimento e di indifferenza che la Parola del Regno innesca quando raggiunge o non raggiunge i suoi destinatari, e dall’altro lato la risposta della responsabilità di chi si sente toccato da quella Parola.

Come ha imparato il Piccolo Principe che si è preso cura della sua rosa nella sua unicità, l’ha innaffiata, l’ha riparata col paravento, l’ha liberata dagli afidi, ne ha ascoltato i lamenti e silenzi, la responsabilità – come gli insegna la Volpe – consiste nel riconoscere che «l’essenziale è invisibile agli occhi: è il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante. Gli uomini hanno dimenticato questa verità. Ma tu non la devi dimenticare. Tu diventi responsabile per sempre di quello che hai addomesticato. Tu sei responsabile della tua rosa...». Così è dell’uomo-terreno buono che accoglie la Parola e lascia che si radichi in lui e porti frutto.

Per quanti invece restano irraggiungibili e impermeabili all’annuncio del Regno, avvertito forse come scandalo e follia, in una libertà che Dio rispetta e accoglie, senza forzare, resta comunque il messaggio delle parabole, simile a un dono avvolto in un involucro di parole e immagini: non si riesce a coglierne immediatamente il contenuto, se non si decide di scartarlo, di aprirne l’involucro per guardarci dentro, per leggervi tra le righe e per lasciarsi leggere da quelle parole: ma il dono resta, consegnato, in attesa di uno sviluppo, fino al giorno in cui forse il destinatario si deciderà ad aprirlo, per passione o almeno per mera curiosità…

Parole un po’ abrasive, quelle di Gesù, che rischiano di essere lette come se parte degli uomini fossero destinati all’indurimento del cuore, alla chiusura degli occhi e degli orecchi, all’incomprensione. In realtà «Dio è amore e libertà. E dice: come faccio a farmi capire da chi non vuole? Le parabole sono il suo frutto e la parabola terminerà poi nel segno di Giona. La sua morte stessa è la vera parabola, che è la Parola nascosta. È interessante che Gesù già facendo questa diagnosi applica già un principio di terapia, denuncia questo male. Però lo denuncia con misericordia, “perché io voglio risanarti”. Riconoscete che siete ciechi, così che vi guarisca. Riconoscete di non sentire, in modo che vi guarisca l’udito. Cioè tutti i miracoli di Gesù sono proprio: aprire gli occhi, far venire alla luce; aprire gli orecchi, far ascoltare, entrare nel cuore la parola; aprire la bocca, far comunicare, far dialogare; muovere i piedi, che camminino: restituire l’uomo a se stesso» (F. Clerici, S. Fausti).

Anche le parabole sono dunque vie di guarigione che la misericordia abbozza e apre davanti ai passi dell’uomo.

Un fratello di Bose


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