Una guarigione impegnativa


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9 febbraio 2024
Mc 7,31- 8,10 (Lezionario di Bose)

In quel tempo 31Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidone, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. 32Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. 33Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; 34guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». 35E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. 36E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano 37e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!». 1 In quei giorni, poiché vi era di nuovo molta folla e non avevano da mangiare, chiamò a sé i discepoli e disse loro: 2«Sento compassione per la folla; ormai da tre giorni stanno con me e non hanno da mangiare. 3Se li rimando digiuni alle loro case, verranno meno lungo il cammino; e alcuni di loro sono venuti da lontano». 4Gli risposero i suoi discepoli: «Come riuscire a sfamarli di pane qui, in un deserto?». 5Domandò loro: «Quanti pani avete?». Dissero: «Sette». 6Ordinò alla folla di sedersi per terra. Prese i sette pani, rese grazie, li spezzò e li dava ai suoi discepoli perché li distribuissero; ed essi li distribuirono alla folla. 7Avevano anche pochi pesciolini; recitò la benedizione su di essi e fece distribuire anche quelli. 8Mangiarono a sazietà e portarono via i pezzi avanzati: sette sporte. 9Erano circa quattromila. E li congedò. 10Poi salì sulla barca con i suoi discepoli e subito andò dalle parti di Dalmanutà.


Gesù si trova in territorio pagano, fuori dei confini di Israele. “Gli conducono un sordomuto”: questa è la condizione dei pagani, ancora impediti di ascoltare la parola di Dio e perciò anche incapaci di parlare a Lui, se non balbettando confusamente. Vediamo in opera una guarigione impegnativa per Gesù; è impegnato con tutta la sua persona: “Gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua". Emise anche un sospiro verso il cielo come il gemito della creazione che attende liberazione e salvezza. Poi la sua parola che risuona potente e agisce: “Effatà! Apriti!”. Così quell’uomo che ha incontrato Gesù ora può ascoltare, ora può parlare. È finalmente capace di relazione piena con il Signore e con gli altri esseri umani.

Gesù vuole mantenere il segreto su tutto questo, si sente mandato solo alle “pecore perdute della casa di Israele”, ma questa incursione in terra pagana è come una primizia dei tempi a venire e non resta senza eco: “Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti”.

Sordità e mutismo sono anche, talvolta o spesso, la nostra condizione di fronte al Signore e alla sua parola. Non sappiamo ascoltare e quindi neppure avere una relazione feconda. Questo si rispecchia anche nel fatto che non sappiamo neppure ascoltare gli altri. Siamo disattenti e rinchiusi in un soggettivismo malsano, incapaci di relazioni autentiche. Abbiamo bisogno anche noi di essere guariti, di metterci davanti al Signore con le nostre incapacità e miserie. 

Questa guarigione che il Signore opera apre all’evento successivo, quello dei pani spezzati per quanti erano in qualche modo attratti da Gesù. Forse si può dire che la possibilità di ascoltare e parlare, cioè relazionarsi con il Signore, apre alla possibilità di accedere all’eucaristia anche per quei pagani, come una primizia di quanto avverrà con la Pentecoste.

Questa distribuzione dei pani-eucaristia è la seconda narrata in Marco dopo quella celebrata in terra d’Israele, narrata in Mc. 6,30-44. Vediamo che quello che muove il Signore anche in questo evento, come nell’altro parallelo, è la compassione per quelle folle che lo seguivano e di cui il Signore comprende la fame, la stanchezza, lo smarrimento. 

La compassione, che non è quel sentimento svilito fatto di una superiorità che si degna a fare del bene agli infelici, la com-passione di Gesù è saper “patire-con”. Vicinanza fraterna che accoglie in sé il disagio, il dolore che incontriamo nell’altro: questo vive Gesù nella sua carne, nel suo rapportarsi con noi. È il Signore che patisce con noi, e la sua vicinanza concreta lo spinge fino a caricarsi delle nostre pesantezze che lo portano alla croce, che lo portano alla morte. La resurrezione è il “Sì” di Dio a quell’amore che è più forte della morte: lo celebriamo in ogni eucaristia, di cui la moltiplicazione dei pani è segno.

In tutto questo i discepoli sono coinvolti ma capiscono poco, tuttavia fanno quello che dice Gesù, restano con lui e anche verso di loro si volge la compassione e la pazienza del Signore. Anche loro hanno bisogno che lo Spirito santo apra i loro occhi, guarisca le loro durezze di cuore, li accompagni sulle tracce di Gesù.

fratel Domenico


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