Spiritual Paternity and Christian Maturity
Il pentimento
Dal pentimento comincia la vita cristiana e la vocazione monastica.
Teofane consiglia di esaminare tutte le proprie azioni, e, se necessario, purificarsi con la confessione e con una adeguata penitenza. Nella vita cristiana e ancor più monastica vi sono cadute, talvolta invisibili a uno sguardo esterno. Così dopo uno speciale dono di Grazia, che Dio ci concede di gustare, gli errori appaiono molto distruttivi. Ma in ogni situazione “è sempre possibile sollevarsi” se ci si rivolge a Dio “con pentimento e promessa di fare il bene”.
Ignatij ricorda che Gesù, la Verità Celeste scesa sulla terra per gli uomini peccatori e deboli, iniziò il suo insegnamento dicendo: pentitevi! Da qui comincia la vita cristiana, che è sequela di Cristo, e così continua “fino all’ultimo respiro, poiché la Verità, esortandosi al pentimento, non vi ha posto altro limite sulla terra che la fine naturale che è la fine della vita terrena dell’uomo. Ignatij insegna a pentirsi sempre e con tale forza, da sentire nel cuore “come se la vita fosse precipitata nelle tenebre, come si sente un appestato cacciato via dal villaggio”. La ricompensa prima per il pentimento nella nostra vita, la maggiore consolazione sarà “il pianto e la compassione”. Il pianto è “azione di grazia, data nel battesimo, è un intervento dello Spirito, ricevuto col battesimo, in favore del peccatore”. Il regno dei cieli, dice il vangelo, si apre alla “preghiera della reietta” e alla “confessione del ladrone”.
Le umane debolezze
Le debolezze – fisiche, mentali, spirituali – sono considerate un aiuto di salvezza e persino una consolazione.
Macario ricorda l’episodio di Pimen il Grande, quando egli taceva alle domande dell’allievo sulle grandi prove e cominciò a parlare solo quando gli domandò delle debolezze e delle lotte.
Tutte le debolezze, insegna Teofane, vanno sopportate, perché le permette il Signore. Così Egli prova la sincerità della devozione a lui. Talora vengono meno anche le consolazioni spirituali che accompagnano le pratiche di virtù. Ma quando l’anima, privata delle consolazioni e cosciente della sua debolezza, comunque serve Dio con tenacia, allora Dio le restituisce le consolazioni.
Ignatij a questo proposito ricorda che la salvezza dalle debolezze, come dagli ostacoli e dalla prigionia, è solo in Cristo, poiché solo Lui crea la forza. Egli non consiglia di essere troppo severi verso le proprie debolezze, ma invece di essere accondiscendenti, poiché “l’eccessiva severità distoglie dal pentimento, portando tristezza e sconforto”
Sopportazione dei dolori
Anche i dolori hanno un senso salvifico. Ma se si sopportano a fatica e conducono alla tristezza, gli starec danno qualche consiglio su come comportarsi con i dolori.
In caso di dolori e malattie Macario raccomanda la pazienza. “Non abbattetevi, o figli, non siate rigidi nel sacrificio della vostra pazienza, sappiate che il Signore permette questo per il vostro meglio”. “vedo dalla tua lettera che tu hai consolazione e dolore alternatamente, questo significa che sei sul cammino giusto. Da ambedue le situazioni trai il bene”
Ma nelle lettere si incontrano anche parole severe: “Mi ha fatto male vedere che sei triste; ho cercato di pacificarti, ma non sono riuscito, e le mie parole non ti sono gradite”.
Teofane dice che la sopportazione dei dolori “è una trebbiatura… quanto più si batte, tanto più grano si ottiene”. E da questa trebbiatura viene il pane “per la mensa di Dio”. Alla domanda di una monaca, per quali peccati vengono i dolori, risponde: “Non sempre per i peccati. Forse alla corona viene aggiunta una pietruzza, che viene levigata … meglio non porsi tali domande, limitarsi a questa conclusione: sia fatta la tua volontà … sapiente e consolatrice”
Ignatij scrive spesso alle sue monache sulle sofferenze, sul posto della Croce nella vita del cristiano. “Preparatevi ai dolori, e saranno più leggeri, rinunciate alla consolazione, ed essa verrà a chi si ritiene indegno”. Il modello della sopportazione senza lamentarsi è Cristo, gli apostoli e i santi, che nella vita ebbero molte sofferenze. Qualunque sia la nostra situazione, non si può essere di Cristo senza croce.”
Lotta alle passioni
La lotta alle passioni è uno dei temi principali. Delle passioni sono vittime tanto novizi e novizie, quanto monaci e monache esperti. Sono litigi, durezza di cuore, sospetto, ansia, aridità, pigrizia, sonnolenza, disobbedienza, negligenza.
Teofane dava consigli sulla lotta alle passioni in base alla singola persona. La cosa principale è “l’interiore dedizione a Dio in fede speranza e carità”. Tutte queste sorgenti, sotto il segno della grazia, sono nella nostra libertà. E la libertà, con l’aiuto di Dio, può essere diretta dall’uomo. Il comportamento esteriore dipende dalla situazione. Il silenzio, ad esempio, è una pratica sempre opportuna. Perciò per facilitare il compito e per evitare che la monaca cada nell’orgoglio, egli la benedice con divieto di “dire solo ciò che è necessario, e del necessario solo ciò che è edificante”
Talora Teofane, in base ai consigli degli starec, mette in guardia anche dalle consolazioni spirituali. Anche in questo vi è un pericolo,quello di un “compiacimento, che a Dio non è gradito”.
Ignatij esorta a combattere le passioni “come un servo fedele e un soldato di Cristo”. Riporta molti consigli dei santi padri, esempi di asceti che superarono gli attacchi delle passioni. Ma dice che l’unica speranza nella lotta alle passioni è nel Signore, e la via è la coscienza dei propri peccati e debolezze. Allora il Signore sarà “la vostra fortezza, il vostro canto e la vostra salvezza”
Superamento delle tentazioni
Tutti gli starec riconoscono che le tentazioni accompagnano inevitabilmente la vita cristiana come quella monastica.
Macario evidenzia due tentazioni frequenti nei novizi: il turbamento e la paura, e i cattivi pensieri sulla scarica o le sorelle. “Mi scrivi del tuo turbamento e paura: vengono dalla piccolezza di animo.. rivolgiti a Dio, Lui ti ha chiamato al Suo servizio”
Nei momenti difficili, quando alla monaca vengono pensieri sullo stesso starec Macario, egli non si turba, sostiene l’animo debole, sebbene la rimproveri di piccolezza: “Ti sai afflitta, perché ti sono venuti cattivi pensieri su di me… Tu non sei molto colpevole, sii tranquilla; e se anche in qualcosa hai consentito, non preoccuparti. Ti perdono.”
Secondo Ignatij, talora alle tentazioni portano la mancanza di umiltà e la fiducia nelle proprie forze, il prendere impegni superiori alle forze, che è segno di orgoglio. Bisogna credere che Iddio non ci dà tentazioni superiori alle forze, perciò davanti alle tentazioni bisogna “abbassare la testa”. Riporta le parole di Isacco il Siro che “l’uomo, prima di avere le tentazioni, prega Dio come estraneo a Lui, ma quando per Lui è assalito dalle tentazioni, allora Lo prega come se fosse di Lui”
Talora Ignatij ritiene l’apparire delle tentazioni un buon segnale, cioè l’inizio di una preghiera giusta e benefica. Quando le monache si lamentano con il vescovo che all’inizio della pratica della preghiera di Gesù nascono “tristezza e le sue conseguenze: fastidio, incomprensione, sonno eccetera” egli riporta le parola di Giovanni Climaco: “Il beneficio della preghiera… lo si nota dagli ostacoli che il demonio fa nascere durante la stessa preghiera”.
Un mezzo efficace per combattere le tentazioni Ignatij lo vede, secondo Giovanni Climaco, nel “ricordarsi della morte”. Consiglia di pensare alle pene dell’inferno, e allora “le tentazioni diventano leggere”
Umiltà e auto rimprovero
La saggia umiltà è la condizione dell’anima che è necessaria sempre e a tutti. Essa è strettamente legata al pentimento e alla confessione dei peccati.
Macario riporta alle sorelle le parole di Isacco il Siro che “come il sale in ogni cibo, così è necessaria l’umiltà in ogni buona opera”
Teofane non solo consiglia come sviluppare l’umiltà, ma lui stesso coltiva questa umiltà nelle sue lettere. Così a una monaca che desidera i voti solenni egli la rimprovera per la sua eccessiva autonomia e per la sua domanda su quale impressione avesse dato.
Il vescovo dà un insegnamento sulle croci che l’uomo porta nella sua vita cristiana e che “nascono una dall’altra” e sono inseparabili fino alla tomba. C’è la croce esteriore che “sta sulle spalle” – dolori, privazioni, malattie, calunnie” C’è la croce interiore – “abnegazione e automortificazione”. C’è la croce “spirituale, Divina – la crocifissione per volontà Divina”
Ignatij, con degli esempi tratti dal vangelo, augura alle sorelle di avere “l’umiltà travagliata”, poiché il cuore afflitto e umile sarà apprezzato da Dio. Il costante auto-rimprovero, la confessione a se stessi della nostra debole volontà, questa è la strada di chi si fa umile giudicando severamente se stesso, allora Dio “lo giustifica e ha pietà di lui”.
“Mi sono confortato, vedendo dalla tua lettera che non sei così arguta come eri prima”, scrive Ignatij a una monaca. “Ti scrivo così apertamente, che tu puoi vedere come ti sono vicino col cuore e come desidero che tu faccia progressi nel Signore”
La pace nell’anima
Tutti gli starec parlano di raggiungere la pace dell’anima, ma in modo diverso.
Macario vede la pace interiore e la serenità nell’umiltà. L’insufficienza di ciò è evidenziata dal contatto con pensieri passionali verso cui il cuore si dirige, evidenziando così che l’uomo interiore è in accordo con le proposte del nostro nemico. Egli esorta le sue figlie a essere tranquille e serene, e anche qui la strada è il riconoscimento delle proprie mancanze, il ritenersi “l’ultimo degli ultimi”. Allora qualunque rimprovero sarà accettato serenamente.
Teofane consiglia di “mettersi col cuore davanti a Dio, e rimanerci saldamente” La migliore situazione del cuore è la tensione interiore a voler rimanere con il Signore”. Quando questo avviane, tutto il resti si ordina da solo, tutto ciò che è esteriore si allontana e rimane “Iddio nell’anima e l’anima in Dio”. Consiglia perfino a una figlia, per raggiungere questa condizione, di isolarsi nella cella come in una tomba. E dalla cella “costruire una scala verso il cielo”, sulla quale il cuore può salire, tenendosi lontano dalla vanità mondana e dagli spiriti del male.
Ignatij vede solo nella fede la pacificazione de turbolento animo umano: “La fede … porta alla serenità spirituale” scrive Ignatij parlando degli uomini che hanno raggiunto la pura contemplazione. “Raggiunta questa serenità, riposano piacevolmente sui lussuosi giacigli della visione di Dio”
La fede in Cristo, come dicono gli starec, ci permette di sopportare debolezze e dolori, di lottare con tentazioni e passioni. Solo la fiducia che il Signore prende su di sé ogni peso è l’unica vera saldezza e forza del cristiano.
9.9 L’amore
Corona del progresso spirituale è il raggiungimento dell’amore, quel sentimento perfetto senza del quale, come dice San Paolo, non contano nulla le virtù e le offerte, l’unico che “non cessa mai” (1Cor 13,1-12).
“L’amore senza umiltà non può essere saldo – scrive Macario a due sorelle monache – L’ho visto nelle vostre lettere: avete abbandonato il mondo, ma l’avete fatto per amor proprio; in voi non c’era posto per l’umiltà, anzi l’avete esclusa”
Ignatij, seguendo i santi padri, distingue due tipi di amore: naturale ed evangelico, cioè “in Cristo”. L’amore naturale è dato all’uomo dalla creazione ed è in ognuno, ma è stato deteriorato dal peccato originale. Ora Cristo, “che guarisce in modo divino le nostre infermità, guarisce anche l’amore deteriorato”. Cristo non solo ristabilisce quello che era prima del peccato originale: egli “innalza l’amore a un altissimo grado di ardore, gli dà purezza, santità “e ci dice di amare negli uomini Lui, il Signore”. Con la fiamma dell’amore in Cristo si spegne “la fiamma brutta e fumosa dell’amore carnale, un amore ibrido, fatto di un piacere immaginario e di duro tormento”