Message du Patriarche œcuménique, Bartholomée Ier
Il secondo pericolo che spesso insorge è che ci lasciamo prendere dalla paura ancor prima di cominciare a percorrere questa via che conduce al Monte Tabor. La grandezza del dono del Signore non deve scoraggiarci. La falsa umiltà che ci fa dire che “queste cose non sono per noi” è in contrasto con la promessa del Signore che dice: “Colui che viene a me, non lo respingerò!” (Gv 6,37). Quindi, non dobbiamo considerare la manifestazione del “fulgore” della Divinità sul Monte Tabor come una sorte riservata esclusivamente agli eletti, ma dobbiamo ritenere che tutti, senza eccezione, indipendentemente da età, sesso, grado sociale, patrimonio ereditario e provenienza, siamo stati chiamati alla stessa perfezione alla quale il Signore ha chiamato i tre apostoli. Tutti siamo stati chiamati a osservare gli stessi comandamenti cha hanno osservato gli apostoli e dobbiamo riconoscere che il Signore “fino ai nostri giorni non ha cessato né mai cesserà di riversare quel medesimo dono su quanti lo seguono con tutto il cuore” (p. Sofronio).
La Trasfigurazione del Signore, dunque, può costituire per tutti uno stimolo, affinché trasfiguriamo tutta la nostra vita in una vita incorruttibile e divina. Finché non siamo resi degni della visione della magnifica gloria della Divinità, non cesserà l’accusa interiore della nostra coscienza, come assicurano i santi Padri della Chiesa. Ma se piangiamo su noi stessi attraverso il pentimento, se riconosciamo la nostra nullità e gridiamo come san Gregorio Palamas: “Signore, illumina le mie tenebre!”, siamo certi che saremo esauditi e che la luce inaccessibile “brillerà anche su di noi peccatori”.