Discurso por ocasião do prémio atribuido a Emilianos Timiadi

Il metropolita Emilianos di Silyvria - Bose, settembre 2006
Il metropolita Emilianos di Silyvria - Bose, settembre 2006

Bari, 17 Janeiro 2004
PRÉMIO ECUMÉNICO “SAN NICOLA” 2004
O Ecumenismo, o movimento a favor da Unidade dos Cristãos, não é um appendice que se junta à actividade tradicional da Igreja (texto integral em italiano)

PREMIO ECUMENICO
“SAN NICOLA” 2004

Bari, 17 gennaio 2004

“L’ecumenismo, il movimento a favore dell’unità dei cristiani, non è soltanto una qualche appendice che si aggiunge all’attività tradizionale della Chiesa. Al contrario, esso appartiene organicamente alla sua vita e alla sua azione e deve, di conseguenza, pervadere questo insieme ed essere come il frutto di un albero che, sano e rigoglioso, cresce fino a raggiungere il suo pieno sviluppo”. Sono parole di papa Giovanni Paolo II nella sua enciclica Ut unum sint, che prosegue in questi termini: “Così credeva nell’unità della Chiesa papa Giovanni XXIII e così egli guardava all’unità di tutti i cristiani. Riferendosi agli altri cristiani … egli constatava: ‘E’ molto più forte quanto ci unisce di quanto ci divide’”.

Sono queste le parole che mi vengono allo spirito nel presentarvi il Metropolita Emilianos: in tutta la sua vita, infatti, l’ecumenismo non è stata un’appendice e nemmeno una pur preziosa specializzazione, ma un elemento “organico” al suo stesso essere cristiano, presbitero, vescovo, metropolita. Mons. Emilianos ha sempre cercato di “pensare secondo il Vangelo” e, in particolare, secondo la preghiera di Gesù al Padre al termine dell’ultima Cena con i suoi discepoli: “Siano una cosa sola perché il mondo creda” (Gv 21,17). Unità della Chiesa e annuncio del Vangelo al mondo per lui sono sempre stati indissolubilmente legati, fin dagli inizi del suo ministero pastorale.

Nato a Costantinopoli nel 1916, ha compiuto gli studi secondari ad Atene e si è licenziato presso la Scuola Teologica di Chalki (Costantinopoli) nel 1941. Erano quelli gli anni, sia detto per inciso, in cui nunzio della Santa Sede a Istanbul era il vescovo Angelo Roncalli, e mi piace pensare che qualcosa del clima di autentica fraternità cristiana che il futuro papa Giovanni sapeva suscitare ovunque andasse si sia trasmesso, come per simbiosi, al giovane Timiadis. Ordinato diacono e presbitero nel 1942, poco dopo la fine della seconda guerra mondiale deve ben presto confrontarsi con le problematiche legate alla “diaspora” ortodossa in Europa occidentale e alla presenza di fedeli ortodossi in paesi di diversa confessione cristiana. Vicario dell’Arcivescovo greco-ortodosso a Londra, dal 1947 al 1952, padre Emilianos unisce al ministero pastorale il perfezionamento degli studi teologici e patristici, laureandosi dottore in teologia all’Università di Tessalonica e, successivamente, a Oxford.

Nel frattempo il patriarca Athenagoras, suo padre spirituale, ne coglie la profonda sensibilità ecumenica e lo nomina membro della Delegazione ufficiale del Patriarcato di Costantinopoli alla prima Assemblea del CEC ad Amsterdam nel 1948: possiamo così dire che, fin dal suo nascere, la vicenda dell’impegno ecumenico del Metropolita Emilianos segue passo dopo passo quella dello stesso Consiglio Ecumenico delle Chiese.

Ma è durante il ministero presbiterale in Belgio e Olanda (dal 1952 al 1959) che emerge quella caratteristica di cui parlavo prima, quella rara naturalezza nel “pensare ecumenicamente”. Tra i compiti assegnati a p. Emilianos vi era, infatti, anche quello di prestare assistenza spirituale ai marinai ortodossi imbarcati sulle navi alla rada nei porti olandesi: egli si rese ben presto conto che le sue preoccupazioni pastorali erano le stesse dei suoi omologhi preti cattolici e pastori protestanti, ciascuno dei quali cercava di seguire i marinai della propria chiesa, marinai che poi avrebbero ripreso la navigazione e la convivenza per lunghe settimane con cristiani di altre confessioni e con compagni che non professavano alcuna fede. Toccare con mano questa comunanza di problemi e questa artificiosa separazione e decidere di promuovere regolari incontri tra “cappellani delle navi” fu per p. Emilianos un tutt’uno: ben presto, grazie anche alla grande disponibilità e alle capacità culinarie di sua madre, il suo alloggio divenne de facto la sede della prima commissione mista di “pastorale ecumenica del mare”. Così, lo studioso preparato a dialoghi teologici interconfessionali offre il tesoro delle sue conoscenze a semplici uomini di mare, si spoglia di astratte certezze dottrinali e si china pazientemente a tradurre in “buona novella” quotidiana l’immutabile messaggio del Vangelo. Questa sua sapienza semplicemente cristiana lo rende uomo di dialogo e di fiducia: numerosi sono non solo i semplici fedeli ortodossi ma anche i preti e i pastori che ricorrono alla sua capacità di ascolto e ai suoi consigli per aprire il proprio cuore, cercare conforto e consolazione e ascoltare una parola che è schietta eco della Parola di Dio.

Nominato vescovo titolare di Meloa, nel 1959 mons. Emilianos viene inviato a Ginevra come rappresentante del Patriarca di Costantinopoli presso il Consiglio Ecumenico delle Chiese: iniziato con Athenagoras I, questo ministero proseguirà anche con il successore Dimitrios, fino al 1984, per ben 25 anni. Anni di dialogo paziente, di fervide speranze, di difficili impasses, di grandi attese e di dolorosi raffreddamenti nel cammino ecumenico, ma anni vissuti sempre con il Vangelo come guida e misura del proprio essere e del proprio agire, anni in cui mons. Emilianos ha potuto toccare con mano e farsi carico dei problemi delle Chiese di tutto l’oikumene, delle fatiche delle chiese povere e delle tentazioni delle chiese ricche, del venir meno della cristianità e, nel contempo, dell’incessante riproporsi del Vangelo di Gesù Cristo come “via, verità e vita” per tutti gli uomini.
Speranze, sofferenze, attese che furono anche quelle dei padri conciliari al Vaticano II, cui mons. Emilianos, divenuto nel frattempo Metropolita di Kalabria, ha partecipato come osservatore del Patriarcato Ecumenico. Qui la sua esperienza è stata quella di centinaia di vescovi, teologi, religiosi, semplici battezzati di ogni confessione che, al di là di storiche divisioni, hanno assaporato per una stagione il gusto indimenticabile, la bontà e la bellezza di “essere insieme come fratelli”. Amicizie antiche – come quella con mons. Willebrands – e nuove (un nome fra tanti, padre Michele Pellegrino, arcivescovo di Torino e, come mons. Emilianos, studioso innamorato della radicalità evangelica dei padri della Chiesa) hanno arricchito quel sentire cum ecclesia, quella sensibilità naturalmente ecclesiale ed ecumenica che da sempre abitava il cuore del metropolita Emilianos.

Gli anni settanta e ottanta hanno poi visto il Metropolita (che nel 1977 aveva assunto il titolo di Silyvria) sempre più impegnato da un lato nel dialogo ecumenico ufficiale e, d’altro lato, in un diuturno ministero di insegnamento, di predicazione e di paternità spirituale. Docente alla Facoltà teologica di Boston per tre anni e a quella di Joensuu in Finlandia, visiting professor in diverse Facoltà teologiche, ortodosse, cattoliche e protestanti d’Europa e d’America, dottore honoris causa all’Università di Holy Cross a Boston, per anni co-presidente della Commissione teologica ufficiale di dialogo ortodosso-luterana, il metropolita Emilianos non ha mai trascurato il contatto con gli ambienti ecclesiali più semplici, là dove uomini e donne di ogni età, confessione e condizione sociale ricercano giorno dopo giorno come essere e restare fedeli al Vangelo.

Alla già ricordata stagione conciliare, stagione di rinnovata primavera per la Chiesa, di “novella pentecoste” – secondo la pregnante espressione di papa Giovanni – risale il rapporto di profonda comunione del Metropolita Emilianos con fr. Enzo Bianchi e la Comunità di Bose. Iniziata con una visita a Bose già nel 1968, quando la Comunità come tale muoveva appena i primi non facili passi, questa amicizia si è andata approfondendo e affinando anno dopo anno, incontro dopo incontro, fino alla decisione di mons. Emilianos – decisione che ci ha colmato di stupore e di gioia per il dono immeritato che costituiva per noi – di venire a vivere nel nostro monastero, monaco tra i monaci, dall’ottobre 1995. Nel condividere per buona parte dell’anno la vita comune dei fratelli e delle sorelle a Bose, il metropolita Emilianos non ha cessato di “pensare” in modo ecclesialmente catholico, cioè “secondo il tutto”, in armonia con quell’unità che è nel cuore e nella mente di Dio e che Dio attende dai suoi discepoli.

I fratelli e le sorelle della Comunità, così come i numerosi ospiti che vengono a Bose e che hanno la possibilità di ascoltarlo, sono sempre più stupiti di vedere la semplicità e la dinamica evangelica di questo “padre” che, oltrepassati gli ottant’anni, continua a immaginare, progettare, stimolare la Chiesa di oggi e di domani. Come trasmettere la fede alle generazioni future, come “ridire” Cristo in un linguaggio comprensibile oggi, come andare all’essenziale della nostra fede nella libertà evangelica anche di fronte a venerande tradizioni umane, come ridare senso cristiano a una società che sembra dimenticare le proprie radici: di queste preoccupazioni è fatta la “sollecitudine per tutte le Chiese” che palpita nel cuore del Metropolita Emilianos. Ascoltare questo cuore, sentirne i battiti, ci fa percepire qualcosa di quello che dovevano essere i padri della Chiesa dei primi secoli e, nello stesso tempo, ce li fa sentire vicini, familiari, vivi in mezzo a noi, ancora capaci di sprigionare tesori insospettabili di sapienza evangelica, così necessaria per i nostri giorni.

Permettetemi di concludere rivelandovi un grande desiderio che il Metropolita Emilianos non cessa di coltivare: la nascita di una grande Facoltà teologica ecumenica per l’Europa, in grado non solo di riunire i migliori teologi del continente, a qualunque confessione appartengano, ma soprattutto di ridestare la fede nelle nuove generazioni cristiane, di preparare uomini e donne rinnovati secondo il Vangelo, capaci di essere in mezzo ai loro contemporanei quella “cosa sola” in virtù della quale il mondo potrà credere che Gesù Cristo è l’unico Signore delle nostre vite.

Enzo Bianchi