Domingo de Ramos e da Paixão do Senhor
La messianicità di Gesù si manifesterà negli eventi tragici e gloriosi della morte e della resurrezione. L’ingresso in Gerusalemme è un atto che mette in luce la difficile interpretazione della figura di Gesù. L’acclamazione: “Benedetto il regno del nostro padre David” proietta su Gesù la messianicità dinastica dei discendenti di David e connette a lui le attese politico-nazionalistiche connesse a tale immagine messianica tradizionale. Viene tolta a Gesù la sua novità disarmante e dirompente e gli viene attribuita la dimensione già nota del “regno del nostro padre David”. I presenti fanno rientrare Gesù nella loro attesa, nei loro desiderata, e così ne ammortizzano lo scandalo; quasi che bastasse dire: “Abbiamo David per padre” per essere beneficiari della salvezza! Gesù annuncia e vive “il Regno di Dio”, non “di David”, e tale regalità apparirà nell’evento pasquale.
Anche l’invocazione “Osanna”, che letteralmente significa “Signore, salva!”, diviene formula stereotipa che non invoca ma celebra, non supplica ma manifesta una certezza, non chiede ma presume. Mentre invochiamo salvezza già presumiamo salvezza. Mentre dichiariamo di attendere il Signore, ne addomestichiamo la figura perché ci confermi nelle nostre attese. E così il testo vaglia il possibile traviamento delle nostre ermeneutiche esistenziali, ecclesiali e storiche di Gesù e del suo cammino. Il cammino di Gesù non è solo sottoposto al rischio dell’incomprensione, ma anche della cattiva comprensione, dell’interpretazione interessata, che non scomoda, non mette in crisi, ma conferma.
“Un uomo impara in base alle vie che percorre”, dice un testo della tradizione ebraica. La chiesa, all’inizio della settimana santa è più che mai chiamata a interrogarsi sui sentieri che percorre e a imparare dal cammino di Gesù per giungere a camminare tra gli uomini come lui ha camminato.