A rutura final entre a Igreja e os Lefevrianos

tecnica mista su polistirene 60 x 60 cm
FILIPPO ROSSI, Mosaicale 47

La Repubblica, 8 julho 2013
de ENZO BIANCHI
Nos últimos dias, quase em silêncio e sem que os media disso fizessem notícia, consumou-se a rutura definitiva entre a Igreja católica e os seguidores de Marcel Lefebvre (artigo integral em italiano)

La Repubblica, 8 luglio 2013
di ENZO BIANCHI

Nei giorni scorsi, quasi in silenzio e senza che i media ne dessero notizia, si è consumata la rottura definitiva tra chiesa cattolica e i seguaci di Marcel Lefebvre: un evento in verità molto importante e significativo per la chiesa. Monsignor Lefebvre, dopo anni di polemica e critica al Concilio Vaticano II, in particolare ad alcuni suoi testi nonché alla conseguente riforma liturgica, trovò comprensione in Paolo VI che nel 1970 approvò la Fraternità sacerdotale di san Pio X sulla quale il cardinale Gagnon diede un giudizio elogiativo, soprattutto in merito alla formazione di nuovi preti che apparivano fin d'allora numerosi. Purtroppo il 30 giugno 1988 accadde ciò che per la chiesa cattolica inaugurava una situazione scismatica: monsignor Lefebvre insieme a un altro vescovo, De Castro Mayer, consacrarono quattro nuovi vescovi, scelti da loro tra il clero della Fraternità san Pio X, senza il mandato del papa. Questo comportò la scomunica da parte di Giovanni Paolo II e l'inizio doloroso della presenza di una piccolissima porzione di chiesa che si dice cattolica, fedele alla tradizione ma non più in comunione con il papa che è "principio visibile dell'unità cattolica".

Non è la prima volta che una tale situazione scismatica si presenta nella chiesa, soprattutto a seguito di un concilio ecumenico, ma questa decisione fu sentita e sofferta molto da Roma perché proprio chi professava la sua obbedienza fedele e radicale al papa, di fatto non solo rompeva il vincolo di comunione, ma si poneva come un magistero di opposizione e di critica al magistero papale. Abbiamo tutti memoria viva degli attacchi sferrati in questi anni al Concilio ma anche a Paolo VI, soprattutto per la riforma liturgica, poi a Giovanni Paolo II per le sue dichiarazioni di dialogo in particolare con gli ebrei. Neanche a Benedetto XVI furono risparmiati puntuali e sibillini attacchi alle radici della sua teologia.

Ciò nonostante, Benedetto XVI ha scelto come interlocutore della chiesa cattolica il tradizionalismo, pecora perduta e uscita dall'ovile, e ha cercato in molti modi una riconciliazione che permettesse a questi "scismatici" di rientrare nella comunione cattolica. Nella sua generosità, non molto condivisa dalla maggioranza dei vescovi cattolici, Benedetto XVI giunse a fare concessioni straordinarie: tolse la scomunica ai quattro vescovi "illegittimi", liberalizzò totalmente per tutta la chiesa il rito della messa del 1962, vigente prima della riforma conciliare e sovente nel suo magistero puntualizzò alcune posizioni del Vaticano II in senso restrittivo, in modo da andare incontro ai seguaci di Lefebvre e ad altri tradizionalisti presenti nella chiesa cattolica.

Non dimentichiamo che su questo atteggiamento di Benedetto XVI ci furono critiche anche aspre da parte di cardinali e vescovi, che si visse il sentimento di timore di una sconfessione del Concilio e della riforma liturgica e si arrivò a esercitare un'opposizione alla formula "riforma della riforma", che sembrava indicare la necessità di riformare ciò che il Concilio aveva riformato solennemente, con l'autorità di tutti i vescovi del mondo cum Petro et sub Petro: una riforma, quella conciliare, ormai accolta e praticata in tutta la chiesa, contestata da meno del 5 per mille dei fedeli cattolici.

Dialoghi intensi si sono perseguiti tra la Fraternità San Pio X e la commissione Ecclesia Dei appositamente costituita, così che a qualcuno, soprattutto nel 2012, la riconciliazione è sembrata possibile. Nel novembre 2012 monsignor Augustine di Noia, segretario di Ecclesia Dei, ha ancora scritto una lettera a monsignor Fellay, successore di Marcel Lefebvre alla guida della Fraternità San Pio X e a tutti i suoi sacerdoti. Una lettera di otto pagine che pochi hanno commentato, un testo che definirei straordinario perché frutto di intelligenza e di carità evangelica: è un appello rivolto con grande magnanimità e pazienza affinché la Fraternità compia il passo "carico di fede" di riconciliazione con il Papa, servo della comunione cattolica.

Raramente nella storia della chiesa si è visto emergere un testo così equilibrato, così cristiano nell'arbitrato tra le parti in polemica o rottura dottrinale. Di Noia, a nome del Papa, in esso assicura il riconoscimento del carisma della Fraternità san Pio X, ma chiede di abbandonare il "magistero parallelo" e di non ergersi a giudici dell'ortodossia, arrogandosi il servizio che appartiene al Papa e al corpo episcopale unito a lui.

Entro il 22 febbraio scorso la Fraternità san Pio X doveva dare una risposta a Roma ed esprimersi sull'accettazione o meno della bozza di accordo presentata loro l'8 gennaio. Ma tutto è parso inutile. La rinuncia di Benedetto XVI al ministero petrino l'11 febbraio di fatto faceva cadere la scadenza per la risposta, mentre dichiarazioni, omelie e discorsi da parte del superiore generale, monsignor Fellay, e di altri vescovi della Fraternità San Pio X smentivano la possibilità di un accordo e della conseguente ricomposizione dello scisma.

In una lettera ufficiale del 15 aprile 2013 monsignor Fellay dichiarava a tutti i fedeli della Fraternità: "Sull'accettazione totale del Concilio Vaticano II e sulla messa di Paolo VI, dunque sul piano dottrinale, noi siamo sempre al punto di partenza, tale e quale era posto negli anni Settanta da monsignor Lefebvre".

Ma ecco, il 27 giugno scorso, la dichiarazione definitiva nel venticinquesimo anniversario delle consacrazioni episcopali da parte di Lefebvre. In essa si ricorda il "gesto eroico" dell'ordinazione dei quattro vescovi, per poi ribadire che "la causa dei gravi errori che stanno demolendo la chiesa non risiede in una cattiva interpretazione conciliare... ma piuttosto nei testi stessi!... Questo Concilio ha un magistero determinato a cambiare la dottrina cattolica con le idee liberali, un magistero imbevuto dei principi modernisti del soggettivismo... la chiesa è prigioniera di questo spirito liberale che si manifesta evidente nella affermazione della libertà religiosa, nell'ecumenismo, nella collegialità episcopale e nel nuovo rito della messa".

Quanto prima - lo sappiamo da buone fonti - si procederà da parte della Fraternità san Pio X a nuove ordinazioni episcopali. A quel punto, cosa farà la chiesa cattolica? Rinnoverà le scomuniche tolte da Benedetto XVI? Da parte mia, come mi ero augurato che non fossero comminate scomuniche nel 1988 così spero che non ci sia un rinnovo delle scomuniche in futuro. Papa Francesco nella sua grande misericordia e pazienza dia tempo al tempo, attenda come il buon pastore chi deve tornare all'ovile e si è perso, e tutti i cattolici abbiano comprensione e si vietino ogni polemica, delegittimazione o addirittura disprezzo. L'ecumenismo richiede opera di unità sempre e con tutti, non solo con le comunità o chiese che nella storia si sono trovate diverse da Roma e Roma diversa da loro.

Quello che invece è urgente è che nella chiesa cattolica non ci siano incertezze sul concilio e sulla riforma liturgica. Perché a causa dell'incertezza sovente la celebrazione eucaristica, che dev'essere luogo di comunione, è diventata in questi ultimi anni luogo di divisione e di contrapposizione nelle stesse comunità cattoliche, parrocchie e diocesi. Questo è il grande peccato, questo è lo sfregio al sacramento della comunione della chiesa in Cristo. Noi speriamo che papa Francesco riesca in quest'opera di compaginare nell'unità i cattolici, anche attraverso il rito eucaristico voluto dal Vaticano II e recepito da tutta la chiesa. Ci sia pluralismo, si permetta la celebrazione del rito precedente al concilio, ma cessi l'incertezza sul concilio e sulla riforma liturgica. 

ENZO BIANCHI 

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