Da cosa dipende la vita?

Giovanni Frangi
Giovanni Frangi

20 ottobre 2025

Dal Vangelo secondo Luca - Lc 12,13-21 (Lezionario di Bose)

In quel tempo, 13uno della folla disse a Gesù: «Maestro, di' a mio fratello che divida con me l'eredità». 14Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?». 15E disse loro: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell'abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede».
16Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. 17Egli ragionava tra sé: «Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? 18Farò così - disse -: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. 19Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!». 20Ma Dio gli disse: «Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?». 21Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio».


La prima considerazione che mi sembra proporre il testo è che non si può piegare l’Evangelo e farlo diventare la giustificazione dei propri diritti, di un “dammi!” che abbia l’avvallo autorevole del Signore.
Inoltre Gesù non risponde alla richiesta dello sconosciuto entrando nel “chi ha ragione”; non si propone come istanza giuridica migliore, superiore ai tribunali umani e al diritto; è consapevole dei limiti della sua persona, pur sapendo di essere il Figlio di Dio cui è dato ogni potere. Un grande insegnamento per ogni persona e per ognuno che sia investito di autorità il chiedersi: quali sono i miei compiti e i miei limiti?
Gesù interviene ad un altro livello: la vigilanza contro l’avidità, contro “il per sé” e il rischio di ridurre la vita a questo, rimpicciolendola (cf.12,23), demolendo ciò che già si possiede, con l’illusione di farla più grande e sicura.
Propone alla nostra riflessione la parabola di un ricco già ricco, che risponde ad una ulteriore benedizione progettando di demolire per costruire più in grande e crearsi uno spazio ulteriore, per tenere per sé ancora di più, pensando che in questo stia la sua felicità. 

Ma di chi sarà?Tutto il lavoro di ciascuno di noi andrà, alla fine, agli altri: è la situazione umana! Riflettere su questo permette di acquisire una serie di consapevolezze per orientare la vita non all’autoreferenzialità o all’eccesso di preoccupazione, alle elaborazioni continue che non ci danno le risposte essenziali. Godere sì il frutto del proprio lavoro, ma vivendolo come benedizione di Dio e della sua creazione, non come un “proprio” esclusivo ed escludente, ma da condividere nel ringraziamento, anticipando così nell’oggi il vero punto di arrivo della storia: il banchetto condiviso del Regno, con la festa condivisa che compie il lavoro, col sabato del non lavoro che compie il tempo.
Accumulare si coniuga con defraudare, non solo in termini di ricchezza, ma di vita e dei suoi momenti belli, sottraendoli agli altri per vivere il “proprio”: è la radice dell’ingiustizia e l’inganno di una ricchezza vissuta non pro, ma contro qualcuno, scoprendo alla fine che è contro sé stessi!
Nessun scivolamento verso un “non ne vale la pena”, una relazione con gli altri vissuta come espropriazione, insulto alla fatica e all’impegno, un relativismo appiattente, ma consapevolezza della propria relatività, uscita dal narcisismo, da un lavorare che rischia di essere fine a sé stesso ed autoreferenziale, se non si impara a concretizzarlo in condivisione, in far partecipare. 

Una vecchia canzone di Giorgio Gaber dice: “libertà è partecipazione”: partecipare e far partecipare, consapevoli di un “davanti a Dio” che è la sconfessione del “per sé” e ci apre al “per gli altri” voluto da Dio. Condividere è accondiscendere personalmente e dignitosamente, da soggetti, a questa vita limitata e preziosa, scoprendo il senso e la bellezza delle relazioni, vivendo in libertà.
Da cosa dipende la vita? Dalla condivisione! Vita esistenzialmente fragile, un bene che ci sfugge, cui i beni non danno stabilità e continuità, tuttavia vita di cui il Signore si prende cura (cfr.12,22-32) per insegnarci a prenderci cura di quella degli altri.

fratel Daniele