Troverete ristoro per la vostra vita
4 ottobre 2025
Dal Vangelo secondo Matteo - Mt 11,25-30 (Lezionario di Bose)
25In quel tempo, Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. 26Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. 27Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo. 28Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. 29Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. 30Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».
Lode, rivelazione ai piccoli, reciproca conoscenza tra Gesù e il Padre, un duplice invito: venite a me e prendete il mio giogo. Questi gli snodi, o i detti di Gesù, raccolti nel brano odierno di Matteo: si tratta di un testo importante e difficile. Ha un parallelo in Luca 10,21-22 per quanto riguarda la preghiera di lode (esultanza nello Spirito) e l’affermazione sulla conoscenza tra il Padre e il Figlio. In Luca tuttavia il contesto è diverso e mancano gli inviti ad andare a Gesù e prendere il suo giogo, entrambi legati alla promessa del “ristoro”, della cessazione del lavoro e della fatica.
Nel contesto di Matteo il nostro brano è seguito da due controversie che riguardano il sabato (le spighe strappate e la guarigione di un uomo dalla mano paralizzata) ed è preceduto dal duplice rifiuto della generazione presente nei confronti di Giovanni Battista e di Gesù stesso, che con le sue opere è venuto a inaugurare un tempo sabbatico di annuncio della giustizia e della liberazione (Mt 11,5-6; 12,15-21). Da un punto di vista del linguaggio questo testo presenta delle espressioni tipicamente giudaiche (ad esempio: hai deciso nella tua benevolenza, il giogo-cioè l’adesione all’alleanza tramite il prendere su di sé gli obblighi della legge) e usa dei termini rari o unici nel vocabolario dei vangeli (ti rendo lode, i piccoli, la benevolenza, stanchi e oppressi -coloro che faticano e sono caricati di un peso-giogo, ristoro, mite e umile).
“Ti rendo lode, Padre”. Due sono le preghiere di Gesù nel vangelo di Matteo: questa, di confessione di lode nel tipico linguaggio dei salmi (ad esempio 9,2; 92,2; 97,12; 99,3-4; 136,1.2.3...145,10) e quella al Getsemani (Mt 26,36-46) nell’ora della prova, che egli presenta ai suoi ricorrendo ai salmi (La mia anima è triste.. cfr Sal 42,5; 43,6).
Interessante mi sembra l’accostamento del nostro testo al salmo 95, il salmo che apre tutte le preghiere liturgiche nella tradizione giudaica e cristiana: Venite, esultiamo per il Signore....Venite adoriamo, prostriamoci.. (95,1.6) In esso due temi maggiori sono presenti: il ricordo del Dio creatore che ha fatto i cieli e la terra e li sostiene con le sue mani, e quello dell’ascolto della sua voce, dell’obbedienza legata all’assolvimento di un compito, condizione per poter entrare nel riposo promesso. Il Dio creatore ha cessato dall’operare il settimo giorno, ma la creazione attende un compimento e ora spetta all’uomo riportare a Dio la lode del creato e l’agire umano giusto, indicato dalla legge del Signore.
“ Venite a me” (Mt 11,28) riecheggia un altro: “Venite”, detto da Gesù nel vangelo di Matteo: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo (Mt 25,34). In Mt 25 coloro che hanno agito con responsabilità e misericordia, che hanno visto il bisogno dei più poveri, sono chiamati giusti e benedetti. In Mt 5,3-12 Gesù proclama beati coloro che hanno fame e sete di giustizia ed è interessante che, nelle beatitudini, le condizioni che rispecchiano una realtà interiore -poveri nello spirito, miti, puri di cuore – siano alternate con altre che esprimono queste stesse realtà nel linguaggio dell’operare: piangere, essere misericordiosi, operare la pace, ricercare la giustizia.
“Venite adoriamo, cadiamo dinanzi al Signore e piangiamo davanti a lui” (Sal 95,6 versione greca) “Sì... noi siamo il gregge che egli conduce, se ascoltiamo oggi la sua voce (Sal 95,7 testo ebraico).
Leggiamo oggi questo vangelo ricordando Francesco di Assisi. Percorrendo i suoi scritti colpiscono la dimensione della lode e del ringraziamento a Dio sempre presenti. Francesco ha composto il testo più emblematico di questo suo sentire, il cantico delle creature, in un’ora dolorosa della sua vita, ora in cui l’infermità fisica era unità anche alle incomprensioni con la sua comunità e alla solitudine. In quest’ora buia egli sa che non si è sottratto al compito umano di portare un compimento all’opera di Dio con il suo agire guidato dalla misericordia e dalla giustizia. Ha posto un segno del senso della vocazione umana e di completamento dell’opera a lui affidata. Opera resa lieve e possibile dalla comunione con il suo Signore. Sì, “il mio giogo è dolce”, “Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli”.
sorella Raffaela