"Vedrai"
29 settembre 2025
Dal Vangelo secondo Giovanni - Gv 1,47-51 (Lezionario di Bose)
In quel tempo 47Gesù, visto Natanaele che gli veniva incontro, disse di lui: «Ecco davvero un Israelita in cui non c'è falsità». 48Natanaele gli domandò: «Come mi conosci?». Gli rispose Gesù: «Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto l'albero di fichi». 49Gli replicò Natanaele: «Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d'Israele!». 50Gli rispose Gesù: «Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto l'albero di fichi, tu credi? Vedrai cose più grandi di queste!». 51Poi gli disse: «In verità, in verità io vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell'uomo».
Natanaele sembra un uomo del nostro tempo, assomiglia a ciascuno di noi nella nostra pretesa di poter vedere tutto in maniera trasparente. Pensa di riconoscere chi sia davvero la persona che stava davanti a lui: “Maestro, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele” (v. 49). Si poteva dire qualcosa di più su Gesù? È come se per lui la verità di colui che incontra sia divenuta trasparente, nonostante non fosse ancora arrivata l’ora della rivelazione del Cristo (cf. Gv 2,4). Con tutta la sua dimestichezza della Scrittura, la sua conoscenza del bene e del male (secondo la letteratura rabbinica, questo indica il riferimento all’albero di fichi: cf. v. 48), Natanaele sembra poter dischiudere e scrutare il mistero stesso dell’Innominabile.
Ma Gesù relativizza le pretese di conoscenza “trasparente” di Natanaele e situa il vero riconoscimento di Dio nel futuro: “Vedrai cose più grandi … il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio di Dio” (vv. 50-51). In questo senso, è interessante il rimando di Gesù al sogno di Giacobbe (cf. Gen 28,10-19), segno di una promessa futura di comunicazione immediata tra cielo e terra.
Da questi riferimenti al futuro e al mondo onirico, possiamo capire che vi è qualcosa di sfuggente nell’esistenza nostra e di Dio: il domani e i sogni rimangono in certo modo opachi ed essi resistono ai nostri desideri di trasparenza, di controllo. Ci parlano della indisponibilità di Dio e del carattere velato del mistero ultimo della realtà. Quando vogliamo afferrare e far diventare trasparente quel “mare senza rive” che chiamiamo “Dio”, il suo mistero ci sfugge. La tradizione cristiana è riuscita a capire che il mistero di Dio e della sua creazione non saranno mai riducibili ai nostri concetti e sistemi, né alle più nobili cause e ideologie. Il riferimento agli angeli, che troviamo nel nostro brano (cf. v. 51), rimanda anch’esso a una dimensione della creazione che non è accessibile né trasparente. La nostra capacità di capire la rivelazione di Dio è limitata, e resta sempre una zona di penombra, anche quando – per grazia – come Natanaele siamo in grado di riconoscere lo stesso Figlio di Dio.
Alcuni hanno detto che noi esseri umani abbiamo una vocazione angelica: chiamati ad avere davanti agli occhi soltanto Dio e, attraverso di lui, scrutare il mondo e le creature. Saremo come degli angeli, perché ci sarà data la conoscenza intima del mistero di Dio e ci sarà concesso uno sguardo come quello di Gesù, capace di riconoscere in Natanaele “un vero figlio di Israele, in cui non c’era falsità” (v. 47). E, proprio come gli angeli e i veri messaggeri di Dio – di cui oggi festeggiamo la memoria liturgica – non vedremo più in modo confuso e distratto, ma faccia a faccia (cf. 1Cor 13,12).
fratel Matteo