Morte e Vita si incrociano

Giovanni Frangi
Giovanni Frangi

16 settembre 2025

Dal Vangelo secondo Luca - Lc 7,11-17 (Lezionario di Bose)

11In quel tempo, Gesù si recò in una città chiamata Nain, e con lui camminavano i suoi discepoli e una grande folla. 12Quando fu vicino alla porta della città, ecco, veniva portato alla tomba un morto, unico figlio di una madre rimasta vedova; e molta gente della città era con lei. 13Vedendola, il Signore fu preso da grande compassione per lei e le disse: «Non piangere!». 14Si avvicinò e toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi disse: «Ragazzo, dico a te, àlzati!». 15Il morto si mise seduto e cominciò a parlare. Ed egli lo restituì a sua madre. 16Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio, dicendo: «Un grande profeta è sorto tra noi», e: «Dio ha visitato il suo popolo». 17Questa fama di lui si diffuse per tutta quanta la Giudea e in tutta la regione circostante.


Alla porta di un villaggio di nome Nain si incontrano due cortei che provengono da direzioni opposte, l’uno esce dall’abitato per condurre a sepoltura un morto, l’altro viene da lontano per entrarvi. Si incrociano un corteo di morte e un corteo di vita, tra di loro una bara. Gesù, i suoi discepoli e la folla al loro seguito si trovano di fronte a una scena straziante, una donna vedova che piange il figlio unico, un ragazzo o poco più, accompagnata in questo dolore da molta gente. La vita da lei data ha lasciato il posto alla morte da lei non voluta, una inesorabilità inerente alla condizione umana. Non resta che irrorare di lacrime i cimiteri del mondo, d’altronde lo stesso Gesù piange dinanzi a un amico che è morto, Lazzaro (Gv 11,35).

Uno spettacolo che sconvolge Gesù, il pianto di quella donna smuove e commuove le sue viscere: “Vedendola, il Signore fu preso da grande compassione” (Lc 11,13). Un partecipare e un condividere il suo patire che coinvolge tutto il suo essere che dice no a una situazione insostenibile, a un umano insostenibile. Il no del ‘Signore’, titolo pasquale usato qui dall’evangelista per la prima volta a indicare colui che ha le “le chiavi della morte e degli inferi” (Ap 1,18). Un no generato dal cuore, le viscere di misericordia che rendono veggenti su chi soffre, e accompagnato da una serie di gesti che impegnano tutta la concretezza del suo essere, il cuore detto nella e dalla corporeità. Detto da occhi che vedono, ‘vedendola’, da piedi che si avvicinano, ‘si avvicinò’, da mani che toccano, ‘toccò la bara’, da bocca che pronuncia parole di consolazione, ‘non piangere’, e di salvezza, ‘ragazzo, dico a te, alzati’, e ‘lo restituì a sua madre’: “Dov’è, o morte, la tua vittoria?” (1Cor 15,55). 

Siamo dinanzi ad un racconto che rievoca le resurrezioni operate da Elia (1 Re 17,17-24) e da Eliseo (2Re 4,32-37), che rimanda a quella della figlia di Giairo (Lc 8,49-56), che offrirà a Gesù l’opportunità di rispondere alla delegazione di Giovanni il Battista, il quale si chiedeva se fosse lui “colui che deve venire… Diede loro questa risposta: ‘Andate e riferite a Giovanni…i cechi riacquistano la vista…i morti risuscitano, ai poveri è annunciata la buona novella’” (Lc 7, 18-23). 

Con Gesù irrompe il nuovo del Regno di Dio, l’esodo dal grande male, la negazione dell’altro e la negazione della vita, la morte come scivolamento nel nulla. Nain diventa Naim, luogo di ‘delizie’, un giovane preda della morte all’ “alzati” detto da Gesù si mette a sedere sulla bara, sulla morte, vittorioso. La bocca si apre al sorriso, al rendere grazie a Dio, al divulgare l’inaudita notizia, la Vita ha incrociato la morte e l’ha vinta.

Siamo al cuore del cristianesimo come narrazione di Gesù venuto a generare l’uomo nuovo, il vivente. Colui che risuscita i morti è il risuscitato da morte, è colui che traccia il sentiero della vita senza fine: “Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo” (Gv 17,3); “Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli. Chi non ama rimane nella morte” (1Gv 3,14-15); “Se uno osserva la mia parola, non vedrà mai la morte” (Gv 8,51). 

Qui e ora siamo costituiti viventi se il nostro cuore diventa dimora della parola che fa nascere a vita eterna: fai spazio in te a Dio amore, a Gesù il Figlio sacramento dell’amore del Padre, al comandamento di amare l’altro come amati da Dio in Gesù il vivente. Ingresso in una vita che nessuna morte biologica può interrompere.

fratel Giancarlo