Comprendere la misericordia di Dio
18 luglio 2025
Dal Vangelo secondo Matteo - Mt 12,1-8 (Lezionario di Bose)
1 In quel tempo Gesù passò, in giorno di sabato, fra campi di grano e i suoi discepoli ebbero fame e cominciarono a cogliere delle spighe e a mangiarle. 2Vedendo ciò, i farisei gli dissero: «Ecco, i tuoi discepoli stanno facendo quello che non è lecito fare di sabato». 3Ma egli rispose loro: «Non avete letto quello che fece Davide, quando lui e i suoi compagni ebbero fame? 4Egli entrò nella casa di Dio e mangiarono i pani dell'offerta, che né a lui né ai suoi compagni era lecito mangiare, ma ai soli sacerdoti. 5O non avete letto nella Legge che nei giorni di sabato i sacerdoti nel tempio vìolano il sabato e tuttavia sono senza colpa? 6Ora io vi dico che qui vi è uno più grande del tempio. 7Se aveste compreso che cosa significhi: Misericordia io voglio e non sacrifici, non avreste condannato persone senza colpa. 8Perché il Figlio dell'uomo è signore del sabato».
Nel racconto evangelico di Matteo troviamo spesso delle citazioni dell’Antico testamento per far vedere come si compiano nel Nuovo testamento con la venuta di Gesù di Nazareth.
La citazione del profeta Osea: “Misericordia io voglio e non sacrificio” (Os 6,6) è particolarmente cara al primo evangelista, infatti, la troviamo anche al capitolo nove: “Non sono i malati che hanno bisogno del medico. Andate e imparate cosa significa misericordia io voglio e non sacrifici…” (Mt 9,13).
Nel nostro testo Gesù è dispiaciuto perché le persone più religiose del suo tempo, i farisei, non sono riusciti a comprendere il significato di Osea 6,6 e dopo aver ricordato loro un paio di casi in cui l’osservanza della legge non è stata rispettata per giusta causa dice: “Se aveste compreso che cosa significa ‘Misericordia io voglio e non sacrificio’ non avreste condannato persone innocenti”.
Veniamo così a comprendere che l’esercizio della misericordia è più importante della pratica dei sacrifici rituali previsti dalla legge per l’espiazione dei peccati. Ma questo per i farisei, non è per nulla spontaneo. Per arrivare alla pratica della misericordia occorrono due condizioni: “andare e imparare” e comprendere bene: “se aveste compreso…” (Mt 12,7).
I farisei, come spesso anche noi, pensano che occorra meritarsi la benevolenza del nostro Dio tramite dei sacrifici. E se casomai si cade in peccato, bisogna fare dei sacrifici espiatori proporzionali alla gravità della colpa commessa per guadagnarsi il suo perdono. Ma questi ragionamenti rivelano un livello di comprensione del nostro Dio veramente inadeguato e fuorviante. Infatti, in Gesù la rivelazione già presente nell’Antico testamento, ci mostra come il perdono dei peccati che inevitabilmente ciascuno compie, ci è già stato concesso. Nessun genere di sacrificio può farci ottenere il perdono perché il perdono ci è già stato donato. Il problema è che a noi questo non sta bene. La gratuità del perdono sembra metterci fuori gioco, togliendoci ogni genere di ruolo all’interno delle nostre piccole e grandi storie di salvezza. Questa gratuità di perdono concessa a tutti da parte del nostro Dio non ci piace, perché meritarla ci dà la sensazione di poterci “guadagnare” almeno un po’ la nostra salvezza. Salvezza che necessita, secondo i nostri ragionamenti sbagliati, di una nostra partecipazione. Questa è una comprensione totalmente sbagliata dell’agire del nostro Dio. Giustamente siamo richiamati a un: “Se aveste compreso…” cioè, a una comprensione corretta che va imparata piano piano.
Così arriveremo davvero a poter rispondere alla misericordia del Signore con sacrifici di lode, cioè lodandolo per la sua grande misericordia perché “il suo amore è per sempre” (Sal 136), perché il suo amore non solo non va meritato, ma non può essere annullato da nessuna mancanza o inadempienza piccola o grande che sia. A essere onesti con se stessi dobbiamo arrivare a riconoscere di essere colpevoli e perdonati. Sì, veramente occorre lodare il Signore perché il suo amore e la sua misericordia sono per sempre. E in forza di questa misericordia arriveremo a non condannare persone innocenti e fra queste i primi siamo noi, ciascuno di noi!
fratel Dario a Cellole