La grande luce che sorge
26 giugno 2025
Matteo 4,12-16
In quel tempo 12quando Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea, 13lasciò Nàzaret e andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, 14perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia:
15Terra di Zàbulon e terra di Nèftali,
sulla via del mare, oltre il Giordano,
Galilea delle genti!
16Il popolo che abitava nelle tenebre
vide una grande luce,
per quelli che abitavano in regione e ombra di morte
una luce è sorta.
Che cosa sappiamo dalla biblioteca-Bibbia della “terra di Neftali e della terra di Zabulon” (4,16)?
“Il Signore mostrò dal monte Nebo a Mosè tutta la terra, tutto Neftali….” (Dt 34,1-2). La popolazione della terra di Neftali è stata deportata in Assiria (cf. 2Re 15,29): “In passato [il Signore] umiliò la terra di Neftali e la terra di Zabulon ma in futuro renderà gloriosa la via del mare, oltre il Giordano, Galilea delle genti” (Is 8,23). Ascoltando la Bibbia troviamo la memoria di un passato di deportazione-umiliazione e l’annuncio di un futuro di gloria.
Gesù inizia a vivere in se stesso queste due dimensioni umiliazione-gloria vissute ora “fino alla fine” (10,22 e 24,13) da Giovanni suo maestro. “Giovanni è arrestato” (4,12) e alla notizia di questa prigionia del maestro Gesù si sposta, “da Nazareth va a Cafarnao” (4,13).
Gesù non si ferma angosciato, dispiaciuto, offeso, non aggira il lutto della incarcerazione e poi della decapitazione (cf. 14,11) del proprio maestro ma fa memoria di quanto promesso dal Signore a Mosè. Questa memoria la applica alla parabola di vita del suo maestro e a se stesso facendo “anacoresi”, ritirandosi in Galilea (cf. 4,12), e la fa divenire patrimonio comune per chi desidera seguirlo anche dopo la sua Resurrezione: “che vadano in Galilea” (28,10)
Con il movimento di separazione da Nazareth e andata a Cafarnao rende attiva, reale, la sua iniziazione appena vissuta nel deserto. (4,1-11)
Gesù si separa da Maria e Giuseppe e inizia a chiamare dalla riva del mare di Galilea “pescatori” (4,18) perché anch’essi imparino l’arte della separazione e così “lasciate le reti, la barca e il padre” (4,20.22) possano divenire “pescatori di uomini”.
Gesù sa di essere “inviato alle pecore perdute di Israele” (cf. 10,6 e 15,24), ma sa anche che “ci sono altre pecore che non sono di questo recinto”, sa che anche quelle deve guidare (cf. Gv 10,16)
Qui tra “le genti”, nella “Galilea delle genti” (4,15) Gesù è chiamato a insegnare quello che per primo ha sperimentato in sé, nella sua iniziazione nel deserto: la lotta tra la luce e la tenebra.
La presenza di “luce che sorge” (4,16), lo “sta scritto” (4,4.6-7), si contrappone alla “tenebra” (4,16), “il diavolo che si avvicina e tende a portare sul punto più alto, … altissimo” (cf. 4,3.5.8).
“La luce che sorge”, “la grande luce” vince la notte, l’ombra, la tenebra se si ascolta lo sta scritto, se non si aggira il lutto, se si fa memoria, se si impara l’arte della separazione, se si impara l’arte della lotta, se si allarga l’orizzonte, se i confini sono porosi, se si scende e avanza in acque profonde (cf. Lc 5,4).
fratel Giuseppe