Un silenzio maestro

© Gianni Berengo Gardin, dal suo libro Reportrait, Umberto Allemandi & C., 2009 (particolare)
Roberto Cerati

 

24 novembre 2013

Se ne è andato come aveva sempre vissuto: in silenzio, attorniato da libri e amici di una vita, nella sobrietà dell’essenziale. Il suo “esserci sempre, apparire mai” si è così intrecciato fino all’ultimo con “la felicità di fare il mestiere della propria passione”, una felicità che Cerati sapeva condividere con uno sguardo lucido e penetrante addolcito dal sorriso. Negli ultimi mesi, mentre la malattia riduceva progressivamente il tono e la comprensibilità delle parole che pronunciava, l’ho visitato più volte, ritrovando nei suoi occhi sempre vivi e nei sussurri via via più flebili tutto l’essenziale delle sue sempre rare, calde e misurate parole. E grazie al comune amico Gianandrea Piccioli ho potuto seguire da vicino il suo andarsene.

Lo avevo conosciuto di persona tardi, una decina d’anni fa, quando mi aveva cercato e voluto incontrare per poter pubblicare da Einaudi “alcune parole del mio pensare”, come mi disse. Subito si era stabilita quella sintonia che lui amava riassumere in uno dei suoi aforismi fulminanti: “tu capisci, io capisco, basta così”. Ricordo con gratitudine quando, anni dopo, mi suggerì di raccogliere in un libro le riflessioni sul senso della vita come lo avevo colto grazie alle mie radici nelle terre del Monferrato. A tavola, durante un pasto fraterno ricco di gusto e di amicizia, discutemmo anche del titolo: Il pane di ieri nacque così, e fu per me naturale dedicarglielo con queste parole “A Roberto Cerati, perché in-segna con brevi parole e con il silenzio”. E la sua reazione alla dedica – un sorriso silente – me ne confermò la giustezza.

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