Un viaggio fraterno nei monasteri ortodossi romeni

Da molti anni la nostra comunità intrattiene rapporti di amicizia e fraternità con la Chiesa ortodossa romena. Sin dagli anni ’70, ancora sotto il regime comunista, fratel Enzo ebbe occasione di viaggiare per i monasteri in terra romena. I contatti proseguirono negli anni ’80 e ’90, e diversi fratelli e sorelle sostarono nei monasteri di Agapia, Varatec, Neamţ, Sihastria, Secul, Craşna ed ebbero occasione di incontrarsi con monaci, monache, vescovi della chiesa ortodossa romena e con il patriarca Teoctist.

L’attuale patriarca Daniel visitò la nostra comunità da metropolita di Moldavia nel 1996, e ogni anno invia al Convegno ecumenico internazionale di spiritualità ortodossa di Bose una delegazione in rappresentanza della Chiesa ortodossa romena con un suo messaggio ai partecipanti.

Dal 18 al 28 giugno 2018, fr. Adalberto, accompagnando il viaggio annuale dell’associazione Biblia, ha avuto occasione di riallacciare i contatti fraterni in numerosi monasteri ortodossi in tutta la Romania, a Bucarest, in Moldavia e Bucovina, nel Maramureș e in Transilvania. Crocevia di civiltà e confessioni diverse, le regioni che costituiscono l’attuale Romania sono state un laboratorio di incontri e influenze reciproche tra ortodossia, cattolicesimo, protestantesimo ed ebraismo (prima della seconda guerra mondiale gli ebrei erano 800.000), spesso in conflitto tra loro ma anche in feconda comunicazione.

In particolare, la straordinaria fioritura architettonica e pittorica nelle chiese monastiche moldave del XVI secolo, quando la caduta di Costantinopoli aveva privato l’ortodossia di un centro politico visibile, testimonia la presenza di un vero e proprio rinascimento ortodosso sotto la protezione dei principi ortodossi della Moldavia. “Ciò che è ospitato dalle pareti non è un edificio, uno spazio, un giardino, ma una serie di dipinti esposti all’aria e alla luce del giorno”, scrive Anca Vasiliu commentando gli affreschi dei monasteri moldavi nel suo intervento al convegno ortodosso L’uomo custode del creato (2012): “Quando li si scopre, da sotto il portico che ospita l’ingresso nella cinta del monastero, i dipinti catturano l’occhio per profusione, vicinanza e chiarezza … Tale esperienza, che ho definito come ‘dossologia del visibile’, interpella l’uomo interiore e finisce per rivelare in ogni uomo il modello di quest’uomo interiore; in altri termini, finisce per rivelarne l’immagine divina” (L’uomo custode del creato, Qiqajon 2013, pp. 330-331).

Al monastero di Neamţ, il nostro fratello ha incontrato l’abate Benedict (Sauciuc), che ha accolto con grande fraternità tutto il gruppo dei viaggiatori di Biblia, facendo assaggiare anche il vino Cotnari, prodotto dalle vigne del monastero. L’archimandrita Benedict ha fatto restaurare la chiesa e il museo dedicato a san Paisij Veličkovskij (1722-1794) e alla tipografia del monastero, e ha scritto diversi libri sull’eredità spirituale di Neamţ: fondato alla fine del XVI secolo, il monastero è stato infatti il centro del rinnovamento monastico e filocalico in tutto il mondo ortodosso grazie all’opera di san Paisij, e anche oggi la vita monastica vi fiorisce, nonostante le difficoltà. L’itinerario è proseguito nell’altro grande monastero sede dell’attività di Paisij, Dragomirna, dove le monache studiano i manoscritti della biblioteca del grande starec Paisij, e ha poi toccato alcuni dei più bei monasteri della Bucovina: Probota, Râșca (guidato dall’igumeno Mihai), Sucevița, Moldovița, Voroneţ e Humor.

Nel monastero di Agapia, dove è badessa madre Olimpiada (Chiriac), il nostro fratello ha incontrato sr. Filotea, che ricorda molto bene la visita delle sorelle di Bose quasi trent’anni fa, e la visita di madre Eustochia a Bose. Nel monastero e nelle case intorno vivono oltre trecento monache: si occupano di agricoltura, edizioni, hanno un laboratorio di icone e uno di arazzi.

Molti e significativi gli incontri che il nostro fratello ha potuto avere durante il viaggio. L’archimandrita Benedict Vesa, segretario del metropolita Andrei di Cluj e responsabile della facoltà teologica ortodossa, è convinto che il futuro dell’ortodossia stia nell’approfondimento e nello studio delle comuni radici patristiche, in dialogo con gli altri cristiani. In Transilvania, dove la chiesa greco-cattolica era stata soppressa durante il regime comunista e solo negli anni ’90 ha ritrovato piena libertà, il dialogo non sempre è facile. Nel centro di Cluj, di fronte alla cattedrale ortodossa della Dormizione della Madre di Dio, costruita dopo la prima guerra mondiale, si sta costruendo la nuova cattedrale greco cattolica dedicata ai martiri e confessori del XX secolo. Un altro segno di riconciliazione, è la decorazione musiva, terminata quest’anno, della chiesa ortodossa della Trasfigurazione, che il metropolita Andrei ha affidato a p. Marko Rupnik: il programma iconografico si ispira all’iconografia della chiesa indivisa.

Il giovane teologo Ionut Biliuta collabora con il Centro di ricerca ecumenica di Sibiu, che pubblica la Review of Ecumenical Studies: conosce molto bene le iniziative ecumeniche della nostra comunità, pur non essendo mai stato a Bose. Ha presentato un progetto di ricerca sull’ecumenismo in Romania per concorrere a un finanziamento dell’UE. “La vita del nostro paese”, dice, “è fondata sull’incontro (o scontro) tra le confessioni cristiane e le religioni: l’ecumenismo è vitale anche dal punto di vista sociale e politico. I giovani sono una potenzialità, anche se la maggior parte emigra”. La Romania oggi è un paese in calo demografico per l’emigrazione della parte più capace della popolazione: nonostante le risorse naturali (petrolio, oro, foreste), mancano le infrastrutture (i progetti europei ci sono, ma non sono ancora realizzati), il paese è in gran parte rurale e risente ancora dell’instabilità dopo la lunga parentesi comunista. Le recenti proteste di piazza contro la corruzione del governo e del partito di maggioranza sono il segno tangibile della crisi politica e culturale.

L’archimandrita Macarie (Bogos), abate del monastero di Sinaia, dove ha ridato inizio alla vita monastica dopo il comunismo, pensa che l’entusiasmo che aveva spinto molti giovani ad abbracciare il monachesimo negli anni ’90 si vada affievolendo, e nelle nuove generazioni prevalgano il disorientamento o l’indifferenza. Tuttavia continua ad avere speranza. La comunità di Sinaia conta una dozzina di fratelli e numerosissimi sono i pellegrini che visitano il monastero. Padre Macarie tra le altre cose cura i gerani, bellissimi, del monastero: “È importante che chi viene sia accolto da un segno di bellezza e attenzione”.

A Bucarest, nel monastero di Stavropoleos, la badessa maica Atanasia guida una comunità di una dozzina di giovani monache: conoscono i libri scritti da fr. Enzo e altri fratelli della comunità, che le edizioni Deisis hanno tradotto in romeno. Nel monastero tengono aggiornata con i studi patristici e teologici una biblioteca che conserva anche testi antichi, e curano il museo del monastero, che è anche un centro di ricerca sulla musica liturgica. L’archimandrita Iustin Marchiș, che ha rifondato il monastero di Stavropoleos negli anni ’90, è stato ospite a Bose al convegno del 2007 dedicato al Cristo trasfigurato.

Al monastero di Cernica, sito in un’incantevole paesaggio naturale, su un’isola nei pressi di Bucarest, il nostro fratello ha incontrato padre Vasile e il monaco Evtimie, che l’hanno guidato nella visita al monastero e al cimitero, dove sono sepolti alcuni tra i più importanti teologi ed ecclesiastici della Romania moderna, come padre Dumitru Staniloae e padre André Scrima. Rifugio di eremiti sin dal xv secolo, edificato in monastero nel 1608 e rifondato nel 1771 da san Gheorghe di Cernica, discepolo di Paisij, il monastero di Cernica ha conosciuto nell’Ottocento uno straordinario irradiamento spirituale sotto la guida di san Calinic, e nel secolo scorso è stato uno dei centri di quello che padre André Scrima definiva l’“avvenimento filocalico della chiesa ortodossa romena”.

Durante il comunismo, la vita spirituale cristiana in Romania fu custodita spesso a caro prezzo, da cristiani emarginati o perseguitati, da monaci e monache clandestine. Le parole di questi “padri del deserto” contemporanei (qualche nome: Sofian Boghiu, Constantin Galeriu, Ion Negruţiu, Arsenie Papacioc, Benedict Ghiuş, Roman Blaga, Petroniu Tanase) sono diventate un punto di riferimento per la ricostruzione – morale e materiale – di una chiesa che è tra le più numerose e vivaci nel panorama dell’ortodossia contemporanea.

Il viaggio si è concluso con la visita dell’antica cattedrale della Trasfigurazione a Bucarest (il 25 novembre 2018 sarà consacrata la nuova “Cattedrale del Salvatore del popolo romeno”, di cui il patriarca Daniel ha posto la prima pietra nel 2007). Dopo la Divina Liturgia il vescovo Varlam di Ploiești, vicario del patriarca Daniel, ha incontrato nel palazzo del patriarcato il nostro fratello e il gruppo di Biblia, rispondendo alle domande sui temi più diversi: la situazione della chiesa ortodossa in Romania oggi, il rapporto con lo stato, l’educazione, le vocazioni e il dialogo con le altre chiese. “I rapporti con la comunità monastica di Bose”, ha detto tra l’altro il vescovo Varlam, “sono sempre vivi e fraterni. Ogni anno numerosi teologi romeni visitano il monastero di Bose in occasione dell’annuale convegno di spiritualità ortodossa: lo scambio di conoscenza e l’approfondimento della tradizione spirituale d’Oriente e di Occidente sono molto importanti per noi, e siamo grati alla comunità di Bose per questa occasione di incontro fraterno”.

Non è forse un caso che uno degli eventi più importanti del cammino ecumenico degli ultimi vent’anni sia stato l’incontro tra Giovanni Paolo II e il patriarca Teoctist a Bucarest nel maggio 1999. “Il vangelo è stato portato in questa terra da Andrea, il fratello di Pietro”, disse in quell’occasione il papa. “Sono le parole che gli ortodossi aspettano di ascoltare da secoli…”, commentò il patriarca romeno, che aveva desiderato e preparato quell’incontro.