Cenere e acqua
Cenere in testa e acqua sui piedi.
Tra questi due riti, si snoda la strada della quaresima.
Una strada, apparentemente, poco meno di due metri.
Ma, in verità, molto più lunga e faticosa.
Perché si tratta di partire dalla propria testa per arrivare ai piedi degli altri.
A percorrerla non bastano i quaranta giorni
che vanno dal mercoledì delle ceneri al giovedì santo.
Occorre tutta una vita,
di cui il tempo quaresimale vuole essere la riduzione in scala.
Pentimento e servizio.
Sono le due grandi prediche che la Chiesa affida
alla cenere e all’acqua, più che alle parole.
È difficile sottrarsi all’urto di quella cenere.
Benché leggerissima, scende sul capo con la violenza della grandine.
E trasforma in un’autentica martellata quel richiamo all’unica cosa che conta:
“Convertiti e credi al Vangelo”.
Così pure rimane indelebile per sempre quel tintinnare dell’acqua nel catino.
È la predica più antica che ognuno di noi ricordi:
l’offertorio di un piede, il lavarsi di una brocca,
il frullare di un asciugatoio, il sigillo di un bacio.
Una predica strana.
Perché a pronunciarla senza parole,
genuflesso davanti a dodici simboli della povertà umana,
è un uomo in ginocchio.
La cenere ci bruci sul capo,
come fosse appena uscita dal cratere di un vulcano.
Per spegnere l’ardore,
mettiamoci alla ricerca dell’acqua da versare sui piedi degli altri.
Pentimento e servizio.
Binari obbligati su cui deve scivolare il cammino del nostro ritorno a casa.
Cenere e acqua. Ingredienti primordiali del bucato di un tempo.
Ma, soprattutto, simboli di una conversione completa,
che vuole afferrarci finalmente dalla testa ai piedi.
Antonio Bello